Ambiente

Ucraina: crolla la diga di Nova Kakhovka e scatta l’allarme ecocidio

Secondo il governo ucraino, 40.000 persone rischiano lo sfollamento. Per l’ingegnere Fabrizio Trenta, intervistato da La Svolta, non ci sono rischi per la centrale nucleare di Zaporizhzhia
Credit: Libkos/Associated Press
Tempo di lettura 6 min lettura
7 giugno 2023 Aggiornato alle 18:00

Nella giornata di martedì la sezione centrale della diga della centrale idroelettrica di Nova Kakhovka, situata sul fiume Dnepr a sud dell’Ucraina, è crollata causando uno dei più gravi disastri in Europa degli ultimi anni.

Grande circa 30 metri e con un bacino d’acqua di 18 milioni di metri cubi, il collasso delle sue strutture hanno determinato l’allagamento di dozzine di villaggi e comuni, con il rischio di avere fino a 40.000 persone sfollate secondo le stime del governo ucraino.

Le cause del cedimento della struttura sono al centro di violente polemiche fra i vertici russi e ucraini, che si accusano a vicenda di aver fatto esplodere la centrale idroelettrica per esigenze belliche. Nei precedenti mesi di guerra la diga, finita sotto il controllo delle forze militari russe, era stata sottoposta a numerosi attacchi con danneggiamenti parziali dell’infrastruttura. Una serie di danni mai riparati che negli ultimi giorni potrebbero aver aggravato le condizioni della sezione centrale.

Il disastro avrà ripercussioni enormi sull’economia ucraina e sull’ecosistema circostante. Numerose zone a sud del fiume Dnepr dovranno essere definitivamente abbandonate e il settore agroalimentare risentirà della perdita di 20.000 ettari di terreni agricoli e della mancanza del bacino idrico.

L’improvviso cedimento e allagamento ha riversato in acqua numerosi componenti chimici e oltre 150 tonnellate di petrolio, con il concreto rischio che altre 300 tonnellate presenti nei serbatoi della diga finiscano nel territorio circostante, dove sono già morti centinaia di animali.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accusato la Russia di “ecocidio” e ha invitato il procuratore generale a indagare su tale crimine, mentre l’ex ministro dell’Ecologia Ostap Semerak ha denunciato che altri pericoli ambientali potrebbero emergere nelle prossime settimane: «Questo avrà un impatto su Romania, Georgia, Turchia e Bulgaria. Sarà dannoso per tutta la regione. Il nostro Governo ha annunciato che questa è la più grande catastrofe ambientale in Europa degli ultimi 10 anni, e penso che potrebbe essere la peggiore in Ucraina dal disastro di Chernobyl nel 1986».

Ulteriori preoccupazioni derivano dalla fine dell’approvvigionamento idrico per le aree coinvolte, con possibili ripercussioni anche per la centrale nucleare di Zaporizhzhia, situata a oltre 100 km di distanza, i cui sistemi di raffreddamento dipendevano dai flussi d’acqua forniti dal fiume Dnepr.

La Svolta ha contattato l’ingegnere Fabrizio Trenta, responsabile della Sezione Centrali nucleari e protezione fisica dell’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (Isin), per comprendere la situazione sul terreno.

Vi sono dei rischi concreti per la centrale nucleare di Zaporizhzhia?

Allo stato attuale, come dichiarato anche dalla Iaea, il danneggiamento della diga non presenta una particolare criticità per la sicurezza della centrale trovandosi la diga a circa 140 km a sud della centrale di Zaporizhzhia ed essendo al momento la riserva idrica sufficiente a garantire la funzione di refrigerazione della centrale.

In che condizioni è la centrale nucleare ucraina?

Attualmente i 6 reattori della centrale sono tutti spenti, ma va comunque garantita la disponibilità di acqua per refrigerare il combustibile presente nei reattori e nelle piscine per asportare il calore residuo.

Nel caso di un ritorno dei combattimenti intorno alla centrale nucleare, quali potrebbero essere i rischi maggiori?

I rischi maggiori sono sempre rappresentati dai bombardamenti che potrebbero avere un possibile interessamento delle parti vitali della centrale. Inoltre da non sottovalutare anche il possibile coinvolgimento nei combattimenti del personale di centrale che potrebbe portare a una carenza di operatori qualificati necessari per la gestione in sicurezza dei reattori.

È possibile “spegnere” e mettere in sicurezza la centrale nucleare nel breve termine, almeno fino a quando il conflitto non sarà terminato?

Una centrale nucleare non ha lo stesso comportamento di un’automobile che basta spegnere per fermare la combustione interna. In un reattore nucleare, anche quando è portato allo stato di arresto a freddo, continua a prodursi una significativa quantità di calore, decrescente nel tempo, dovuta al decadimento dei prodotti di fissione che si sono generati durante il funzionamento del reattore. È fondamentale che questo calore sia continuamente asportato per evitare il danneggiamento degli elementi di combustibile e il possibile rilascio di radioattività nell’ambiente esterno.

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