Ambiente

Italia: 31esima per salubrità ambientale

La classifica stilata da MedicalAid e basata sull’Environmental Health Index piazza sul podio Islanda, Svezia e Finlandia. Agli ultimi posti, tra i 103 Paesi analizzati, Iran, Guinea Equatoriale e Marocco
Credit: Ansa/Matteo Corner
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5 giugno 2023 Aggiornato alle 21:00

Quali sono i Paesi nel mondo che offrono ambienti più salubri e ospitali?

Prova a rispondere uno studio di MedicalAid. Il suo Environmental Health Index classifica 103 Paesi, secondo diversi fattori: tra questi, i livelli di esposizione al piombo, all’ozono, le polveri sottili, i composti organici volatili e l’accesso all’acqua potabile.

Il più significativo è però l’andamento delle temperature rispetto alla media 1950-1981 e ai livelli di emissioni pro capite di CO2. I risultati migliori sono quelli dei Paesi nordeuropei Islanda (7,82 punti su 10), Svezia e Finlandia. In fondo alla graduatoria si piazzano invece Iran, Guinea Equatoriale e Marocco. L’Italia arriva solo 31esima, totalizzando 5,88 punti su 10, lontana dai 6,5 di altri Stati del Mediterraneo, come la Grecia.

Collocata tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Artico, nell’estremo nord dell’emisfero settentrionale, l’Islanda beneficia di un’aria estremamente pulita e di bassi aumenti di temperatura. Rispetto al periodo tra il 1951 e il 1980 si è riscaldata solo di 1,2°C. La sua acqua potabile è pulita e i livelli di esposizione sono bassi. Tuttavia, gli abitanti sono ancora esposti a livelli considerevoli di ozono, oltre a produrre 8,4 tonnellate di CO2 pro capite.

La Svezia si piazza seconda con 7,75 punti sulla salubrità ambientale, grazie all’aria pulita e alle emissioni contenute. La sua temperatura è aumentata però di 2,11°C. Poco più indietro, con 7,57, c’è la Finlandia. Al buon risultato contribuisce il poco inquinamento, a evitarle una posizione più alta sono state però l’aumento di 2,06°C e le 7 tonnellate metriche di emissioni di CO2 pro capite. Anche Norvegia e Danimarca sono in alto, rispettivamente al settimo e all’undicesimo posto.

Chiudono la top ten Regno Unito e Irlanda a 7,46. Entrambi hanno ricevuto voti alti per la qualità dell’acqua potabile, ma Londra ha primeggiato per i servizi igienico-sanitari sicuri e le minori emissioni di CO2 pro capite. Dublino però ha messo a segno un minore aumento della temperatura di 1,76°C e livelli più bassi di esposizione all’ozono e alle PM2,5 presenti nell’aria.

Nettamente diversa la situazione in Iran, il Paese con la qualità ambientale inferiore. Lo Stato mediorientale ha messo a segno solo 2,16 punti, a causa delle criticità su servizi igienici e acqua potabile. Teheran ha inoltre registrato un elevato aumento della temperatura media di 2,37°C ed emissioni pro capite di 8,43 tonnellate di CO2. Situata sulla costa dell’Africa occidentale, tra il Camerun e il Gabon, la Guinea Equatoriale (2,32) non ha registrato un enorme surriscaldamento negli ultimi decenni, con un incremento di appena 1,25°C. Ha infatti livelli di produzione di gas serra inferiori a quelli dell’Iran.

Tuttavia ha registrato il decimo peggior livello di inquinamento da polveri sottili al mondo. Il Marocco (2,37), terzo peggiore classificato per pulizia dell’aria e benessere degli abitanti, ha registrato un notevole aumento della temperatura, pari a 2,30°C, nonostante una quota relativamente bassa di emissioni di CO2, di appena 1,97 tonnellate pro capite. Gli Stati che seguono sono Mongolia (2,44 punti) e Turkmenistan (2,50).

A dimostrare che non sempre il progresso economico va di pari passo con la qualità di vita e la pulizia dell’aria, «molte delle più grandi potenze del mondo non hanno ottenuto buoni risultati», spiegano gli autori.

La Cina si classificata al 94esimo posto, a pari merito con l’Azerbaigian, complice la sua quota corposa di gas serra. Il Sudafrica, nonostante uno dei maggiori Pil del continente, invece si è piazzato al 96esimo posto. «Anche molte nazioni ricche del Medio Oriente, come Bahrein, Qatar, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti, si sono piazzate negli ultimi 20 posti, - dicono gli autori – Questo suggerendo che anche i fattori regionali potrebbero giocare un ruolo importante nella creazione di ambienti malsani».

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