Diritti

Antartide: le scienziate lottano contro stereotipi e molestie

Il continente del ghiaccio accoglie sempre più donne alla guida di spedizioni, stazioni di ricerca e squadre di supporto. Ma lì devono affrontare, oltre che pregiudizi di genere, anche aggressioni sessuali
Credit: Cassie Matias 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
29 giugno 2023 Aggiornato alle 21:00

Se ti chiedessimo di pensare a unǝ scienziatǝ che lavora in Antartide, molto probabilmente nella tua testa si formerebbe l’immagine di un uomo occhialuto con la barba congelata infagottato in un giubbotto pesante col cappuccio di pelliccia. E fino a pochissimo tempo fa avresti avuto ragione.

Oggi, però, racconta John Bartlett sul Guardian “le immagini di uomini barbuti che si dirigono audacemente nelle tempeste di neve potrebbero lentamente sbiadire nel candore”. Le donne, infatti, sono sempre più presenti nel continente di ghiaccio: non solo guidano spedizioni e stazioni di ricerca, ma costituiscono gran parte delle squadre di supporto e partecipano al dibattito politico.

A introdurre un graduale ma inesorabile cambiamento sono state, spiega Bartlett, le rivelazioni di molestie e aggressioni sessuali in un ambiente che è stato per quasi 2 secoli un dominio completamente maschile, oltre la spinta a riconoscere i contributi delle donne e gli sforzi per abbattere le barriere di genere.

«La storia umana dell’Antartide è davvero piuttosto recente, ma la storia delle donne che sono state in grado di viaggiare lì è ancora più recente di quella, ma ciò non significa che le donne non volessero viaggiare nell’estremo sud del globo» ha spiegato al Guardian la dottoressa Hanne Nielsen, docente di diritto e governance dell’Antartide presso la University of Tasmania.

Se la scoperta dell’Antartide risale al 1820, infatti, le prime donne a vedere il sesto continente sono state le mogli dei balenieri alle metà del secolo successivo. E l’ingresso nelle donne non è avvenuto senza incontrare resistenze. “Ci sono alcune cose che le donne non fanno… Non diventano papa o presidente, o scendono in Antartide”: questo si sono sentite rispondere le americane Edith Ronne e Jennie Darlington dal marito di quest’ultima quando proposero di restare nel continente durante l’inverno del 1948. Come poi fecero.

Nel 1957, la geologa sovietica Maria Klenova fu la prima a condurre ricerche scientifiche in Antartide, ma il suo lavoro non si tradusse in un numero maggiore di scienziate. Anzi. 12 anni dopo, un team scientifico di sole donne spinse un giornalista del New York Times a definire il loro lavoro “un’incursione” nel “più grande santuario maschile rimasto su questo Pianeta”.

E gli stereotipi di genere non sembrano voler abbandonare la regione nemmeno oggi, come spiega la biologa cilena Leyla Cárdenas, 47 anni: “Chi cucinerà? Le donne, ovviamente. Chi porterà il kit pesante? Gli uomini. È sempre stato così, definito dai ruoli di genere”. In Antartide, però, le donne non devono combattere solo contro stereotipi e pregiudizi, ma anche per la propria sicurezza.

Lo scorso ottobre, la US National Science Foundation (Nsf) si è detta “sconvolta dalle denunce di molestie sessuali, aggressioni e stalking”. Ma anche il rapporto relativo a diversità, uguaglianza e inclusione all’interno dell’Australian Antarctic Program ha descritto una “cultura di molestie sessuali diffuse e di basso livello che permea le stazioni”.

Prima di soggiornare nelle basi cilene, ogni membro deve seguire un training obbligatorio su protocolli e molestie. Eppure, solo quest’anno 2 membri sono stati rimandati a casa e la cultura maschilista è stata rappresentata in maniera visivamente plastica dalle decine e decine di immagini pornografiche con cui era stato tappezzato il soffitto della stazione australiana di Mawson.

I dati sono ancora più inquietanti: secondo il rapporto della Nsf, il 95% delle donne intervistate conosceva qualcuno che aveva subito aggressioni o molestie all’interno del programma Antartico. Secondo una persona intervistata, “qui [l’aggressione sessuale e le molestie sessuali] sono solo fatti della vita, proprio come il fatto che l’Antartide è fredda e il vento soffia”. Per questo, in aprile la Nsf ha lanciato la Nsf Antarctic Helpline, una linea di assistenza in caso di crisi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, esclusivamente per i membri della comunità del Programma Antartico degli Stati Uniti che hanno subito violenze sessuali e/o molestie sessuali.

La sfida, però, non è solo quella di permettere al maggior numero di scienziate possibili di andare in Antartide e, soprattutto, garantire le condizioni perché possano restarci. «È importante non solo aumentare il numero di donne che lavorano in Antartide, ma anche il numero di diverse provenienze geografiche, linguistiche o disciplinari - ha spiegato Nielsen - Più prospettive hai, più ricca può essere la conversazione e più è probabile che saremo in grado di rispondere alle enormi sfide che devono affrontare le regioni polari».

Leggi anche
ecosistema
di Giacomo Talignani 3 min lettura
La rompighiaccio Laura Bassi
Missioni
di Alessandro Leonardi 3 min lettura