Futuro

Come sta la privacy dei pazienti di Amazon Clinic?

Un’indagine del Washington Post ha messo in luce le lacune sul trattamento delle informazioni sensibili da parte della nuova clinica virtuale lanciata da Bezos negli Usa. Amazon: «Non vendiamo dati a nessuno»
Credit: Derek Finch
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
8 maggio 2023 Aggiornato alle 10:00

A novembre dello scorso anno, Amazon ha lanciato sul mercato statunitense Amazon Clinic, un servizio sanitario virtuale che mette in contatto i clienti con opzioni di assistenza tramite messaggi.

Al momento è attivo in 32 Stati americani e fornisce trattamenti per alcune delle patologie o condizioni di salute più comuni, tra cui reflusso gastroesofageo, acne, allergie stagionali, sinusite, dolori mestruali, candida, perdita di capelli, forfora.

Amazon Clinic rientra in una più ampia strategia del colosso statunitense in campo medico della quale fanno parte anche l’e-commerce Amazon Pharmacy, lanciato negli Usa nel 2020, e l’acquisizione per 3,9 miliardi di dollari, finalizzata a febbraio di quest’anno, del servizio sanitario in abbonamento One Medical.

Il 1° maggio, la nuova clinica online aperta da Jeff Bezos è stato oggetto di un’indagine del Washington Post, di proprietà dello stesso Bezos, per quello che il quotidiano statunitense definisce «un costo nascosto»: la privacy dei pazienti.

Al momento della registrazione, il servizio chiede agli utenti di sottoscrivere un modulo di autorizzazione per “l’utilizzo e la divulgazione di informazioni sanitarie protette”. Il modulo informa anche che le informazioni “possono essere divulgate nuovamente dal destinatario e tale divulgazione non sarà più protetta dall’Hipaa”.

L’Hipaa, ovvero Health Insurance Portability and Accountability Act, è la legge federale degli Stati Uniti approvata nel 1996 che definisce gli standard nazionali per proteggere dalla divulgazione senza consenso le informazioni sensibili sulla salute dei pazienti.

Una portavoce di Amazon, Christina Smith, ha dichiarato al Washington Post che «non utilizziamo i dati dei clienti per scopi a cui i clienti non hanno acconsentito». E ha aggiunto: «Non ci occupiamo di vendere dati a nessuno».

Tuttavia l’autorizzazione si limita a dichiarare che i dati verranno utilizzati “per facilitare i servizi di altri fornitori”, e l’informativa sulla privacy di Amazon Clinic non fornisce ulteriori dettagli al riguardo. Insomma dovremmo fidarci.

Una prospettiva poco rassicurante per un’azienda che in passato ha ammesso di ascoltare «un campione estremamente piccolo di registrazioni vocali» delle conversazioni intercettate dal proprio assistente vocale Alexa, o di aver fornito alla polizia, senza previo consenso dei proprietari, i filmati registrati col videocitofono Ring.

«Non abbiamo bisogno di un altro giurin giurello da parte di un’azienda tecnologica che salvaguarderà i nostri dati – ha dichiarato al Washington Post Sara Geoghegan, avvocato dell’Electronic Privacy Information Center (Epic) – Abbiamo bisogno di limitazioni significative su quali dati possono raccogliere e utilizzare».

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