Economia

La sharing economy è destinata a scomparire?

Da Deliveroo a Zoom e Airbnb, la cosiddetta “economia della collaborazione” ha fatto, negli ultimi anni, passi da gigante. Eppure le aziende del settore faticano a decollare in Borsa
Credit: Crazy motions
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19 aprile 2023 Aggiornato alle 15:00

Mentre vent’anni fa non sapevamo neanche cosa fosse uno smartphone, oggi abbiamo un’apposita app per svolgere qualsiasi attività, compreso ordinare cibo, scegliere un albergo o fare una riunione di lavoro.

La cosiddetta sharing economy (letteralmente economia della collaborazione) ha stravolto completamente le nostre abitudini e il nostro modo di vivere. Per cui, a oggi, consideriamo la normalità passare la giornata lavorativa con indosso la giacca del completo e le pantofole, mentre discutiamo con i colleghi su Zoom, arrivare sfiniti alla sera, passare in rassegna i ristoranti della zona e con pochi click farci consegnare una pizza fumante. Così come è perfettamente normale aprire Uber, Enjoy o Lime e trovare la macchina (o il monopattino o la bicicletta) più vicina a noi per spostarci da una parte all’altra della città.

Il mondo cambia velocemente, le aziende cambiano e noi cambiamo con loro. In economia, delle forme di condivisione sono sempre esistite, anche nei secoli passati, ma non c’è dubbio che l’accezione odierna di sharing economy è nata di pari passo con le tecnologie moderne.

Una vera e propria rivoluzione per le aziende, che hanno identificato un nuovo modo di fare impresa azzerando i costi fissi e incrementando il numero di clienti. Al tempo stesso, quest’ultimi hanno scoperto un nuovo modo di vivere, dove gli acquisti di lungo periodo hanno perso il loro valore. Si riduce così lo spreco di risorse e si limitano le spese, ma si aprono anche nuove discussioni in termini di sicurezza collettiva e tutela dei lavoratori.

Negli ultimi cinque anni, abbiamo attraversato uno degli eventi più sconvolgenti degli ultimi decenni: una pandemia globale che, nel bene e nel male, ha dato una bella scossa alla sharing economy.

Molte aziende e molti settori hanno giovato enormemente della crisi pandemica: a esempio, le consegne a domicilio alimentari hanno registrato un boom di richieste. Non c’è da stupirsi: i ristoranti chiusi hanno spinto la maggior parte degli italiani a scaricare e utilizzare le piattaforme di consegna a domicilio.

Una crescita esponenziale che ha convinto Deliveroo a quotarsi sul mercato nel 2021. Una scelta, tuttavia, poco fortunata.

Le azioni, che nel loro momento di massimo valore hanno raggiunto le 3,86 sterline, sono successivamente arrivate a 92 pence. Risultati che hanno scoraggiato la concorrente Glovo, la quale, dopo un primo annuncio in merito a una futura presenza in borsa tra il 2022 e il 2023, continua a non quotarsi sul mercato azionario.

Nel frattempo, nel settore continuano ad aumentare le pressioni da parte dei sindacati in merito alle condizioni contrattuali dei riders e a una maggior tutela degli stessi. Si tratta di lavoratori autonomi per piattaforme digitali, che necessitano di veder riconosciuto il proprio lavoro come tale, oltre alla garanzia di un compenso minimo e di un’assicurazione contro infortuni e malattie.

Nel post-pandemia, anche il colosso delle riunioni da remoto Zoom ha registrato un crollo del valore delle azioni, che attualmente valgono 70 dollari (mentre durante la pandemia superavano i 500 dollari!). La bolla del 2020 è scoppiata e le aziende che hanno felicemente operato in questo periodo sono ora in difficoltà con un valore di mercato che continua a scendere.

Il Covid-19 ha avuto un effetto ben diverso nel settore alberghiero o nell’ambito del car sharing. Infatti, mentre tutti eravamo chiusi in casa, le automobili rimanevano parcheggiate e le camere d’albergo erano completamente vuote.

Anche in questo caso, però, il lockdown è acqua passata e gli italiani, insieme ai turisti stranieri, hanno ripreso a muoversi e viaggiare.

Ciononostante, la borsa continua a correre nella direzione opposta. Un esempio? Airbnb, che ha raggiunto i 113 dollari ad azione, dopo aver toccato negli ultimi tre mesi i minimi storici. Numeri che non rispecchiano questa ripresa e che rimangono lontanissimi dalle quotazioni del 2020. Analoga la situazione di Uber, che rispetto al 2021 ha perso il 50% del suo valore.

Eppure, i più giovani sembrano essere sempre più attratti da questo sistema, pronti ad abbandonare l’idea della macchina di proprietà, status symbol insostituibile per un’intera generazione.

È anche vero che, in questo caso, una parte delle responsabilità della caduta di Uber è da attribuire agli scandali del gruppo (dove diversi esponenti, tra cui il fondatore ed ex- membro del Cda Travis Kalanick, sono stati accusati di molestie sessuali) che, nonostante la nuova amministrazione, continuano a gravare sull’immagine aziendale.

Ulteriore colpo alla sharing economy è arrivato dai monopattini elettrici. Difatti, dopo un exploit iniziale, l’interesse è andato scemando lasciando spazio a dubbi e incertezza circa la sicurezza stradale. La Francia sembrerebbe essere il primo paese a rendere i monopattini “fuori legge”, dopo che l’89% dei votanti al referendum consultivo si è dichiarato contrario a questo nuovo mezzo di trasporto.

Delle nuove realtà di mercato si stano affermando e potrebbero modificare nuovamente il nostro modo di vivere. Che la sharing economy sia una moda destinata a morire? Probabilmente no, ma qualche cambiamento sembra essere in vista.

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