Diritti

India: via al processo per legalizzare i matrimoni Lgbtq+

Mentre il Governo si dice contrario, in quanto minano i valori religiosi e sociali, la più alta corte del Paese inizia le udienze per il diritto delle persone omosessuali a sposarsi legalmente
Credit: EPA/DIVYAKANT SOLANK
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
19 aprile 2023 Aggiornato alle 09:00

È la sfida più significativa per i diritti delle persone omosessuali in India dal 2018. All’epoca, la Corte Suprema annullò una legge dell’era coloniale che criminalizzava l’omosessualità; oggi ha la possibilità di consentire i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Ieri il più alto tribunale del Paese ha iniziato a ascoltare una serie di petizioni presentate da 18 coppie omosessuali e da numerosi attivisti Lgbtq+ che ne chiedono il riconoscimento legale, cosa che comporterebbe una serie di diritti, privilegi e doveri che sono “concessi e protetti dalla legge”, spiegano le istanze.

Il caso, che durerà almeno 2 settimane, viene trasmesso in live streaming sul sito web del tribunale e sul suo canale YouTube “nell’interesse pubblico”, ha dichiarato la Corte Suprema. Nella prima giornata di audizioni, il giudice Dhananjaya Yashwant Chandrachud ha spiegato che «non esiste un concetto assoluto» relativo al matrimonio, che secondo il Governo dovrebbe essere un’unione “tra un uomo biologico e una femmina biologica”.

La decisione finale spetterà a un collegio costituzionale istituto ad hoc, composto da 5 giudici e presieduto da Chandrachud, che ha giurato a novembre 2022: è noto per le sue posizioni liberali, a favore dei diritti civili, e per alcune decisioni prese negli 8 anni in cui è stato membro della Corte Suprema e considerate pietre miliari nella storia giuridica del Paese, come la depenalizzazione dell’omosessualità.

Ma l’uguaglianza non si ottiene solo così: è necessario che riguardi tutte le sfere della vita, dal posto di lavoro ai luoghi pubblici. Chandrachud ha definito la questione relativa alla legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso di “importanza fondamentale”. Il procuratore generale Tushar Mehta, che rappresenta il Governo, ritiene che la decisione dovrebbe spettare al Parlamento, l’unico “in grado di discutere la questione socio-giuridica del matrimonio”.

Il Governo nazionalista indiano del primo ministro Narendra Modi ha ribadito la sua ferma opposizione alla legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso: in un deposito di 102 pagine inviato alla Corte Suprema per convincerla a respingere il caso e visionato da Reuters ha scritto che “le petizioni, che riflettono semplicemente le opinioni elitarie urbane, non possono essere paragonate alla legislatura appropriata che riflette le opinioni e le voci di uno spettro molto più ampio e si espande in tutto il Paese”. Qualsiasi decisione del tribunale di riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso “inciderebbe gravemente sugli interessi di ogni cittadino” e si tradurrebbe in “una riscrittura giudiziaria virtuale di un intero ramo del diritto”, ha sottolineato il Governo.

Negli ultimi mesi sono stati presentati almeno 15 ricorsi al tribunale che sottolineano come, senza riconoscimento legale, molte coppie dello stesso sesso non potrebbero esercitare numerosi diritti di cui oggi godono le persone sposate. Come quelli legati al consenso medico, alle pensioni, all’adozione, alla maternità surrogata o alla procreazione medicalmente assistita; o ancora, i diritti di cui godono i coniugi una volta che uno dei due partner muore: secondo la petizione, una vedova o un vedovo, o i loro figli, possono avvalersi della pensione, per esempio, o dei benefici legalmente maturati da norme come il Transplantation of Human Organs Act, che consente solo ai parenti stretti di opporsi all’uso del corpo di un defunto per scopi terapeutici o per la donazione di organi, spiega Indian Express.

I firmatari delle petizioni chiedono di poter godere degli stessi benefici di cui godono le coppie di sesso opposto grazie allo Special Marriage Act del 1954. La Corte Suprema ha dichiarato che si limiterà a giudicare se il diritto delle persone dello stesso sesso di sposarsi possa essere conferito ai sensi della norma di 70 anni fa, ma non analizzerà le questioni di diritto personale: «C’è tempo per tutto - ha dichiarato il giudice SK Kaul, 1 dei 5 membri dell’Alta Corte - a volte i cambiamenti incrementali nelle questioni delle ramificazioni sociali sono migliori».

Il legale di una delle coppie firmatarie delle petizioni, Mukul Rohatgi, ha spiegato ai giudici che, quando il tribunale ammetterà la registrazione dei matrimoni sotto Sma, «la società ci accetterà. Lo stigma scomparirà solo quando lo Stato lo riconoscerà». In India, secondo l’ultima stima del Governo relativa alla popolazione Lgbtq+ risalente al 2012 contava 2,5 milioni di persone. Ma calcoli più recenti parlano del 10% dell’intera popolazione indiana, ovvero più di 135 milioni di persone.

La maggior parte di loro, nonostante l’accettazione dell’omosessualità sia cresciuta del 22% rispetto al 2014, ha paura di fare coming out, anche con i propri amici e familiari. La comunità Lgbtq+ indiana è convinta che, una decisione favorevole alla legalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso (che renderebbe l’India il 35° Paese al mondo a riconoscerle), potrebbe innescare dei cambiamenti epocali nella società.

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