Ambiente

Tunisia: il 30-40% del territorio è desertificato

Il degrado del suolo colpisce quasi 2 miliardi di ettari di terreno in tutto il mondo. Il Paesi nordafricano è uno degli Stati mediterranei più colpiti. Fermare l’insabbiamento delle terre è la sfida primaria, anche per noi
Credit: Juan Ordonez
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7 aprile 2023 Aggiornato alle 12:00

C’è un mostro che avanza nel mondo e che erode terre, natura, vita ed esistenze, la desertificazione.

I cambiamenti climatici, si sa, portano con sé effetti mefitici in ogni angolo del mondo ma si scagliano più pesantemente su quelle aree che notoriamente sono le meno colpevoli per la loro generazione e la loro moltiplicazione.

L’Africa, infatti, il continente meno responsabile del global warming rispetto a tutti gli altri continenti perché contribuisce alle emissioni globali di anidride carbonica da combustibili fossili in minima parte, con una quantità di circa 1,5 miliardi di tonnellate, pari al 3,8% del totale, si trova a dover fare i conti con un aumento rapidissimo di deserto, siccità, aridità o alluvioni.

Il degrado del suolo colpisce quasi 2 miliardi di ettari di terreno in tutto il mondo e le rispettive 1,5 miliardi di persone che ci vivono.

Come riporta la Fao si perdono 24 miliardi di tonnellate di suolo fertile ogni anno a causa dell’erosione mentre 12 milioni di ettari di terra vengono degradati: 23 ettari al minuto. Secondo il rapporto 2019 dell’ Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), nel ventennio 1980-2000 circa 500 milioni di individui vivevano in zone colpite dalla desertificazione.

Da oggi al 2050, invece, si immagina che la popolazione vulnerabile al degrado dell’ambiente per vari fenomeni tra i quali la desertificazione o l’eccessiva aridità, aumenterà di ulteriori 250 milioni di persone e con essi il numero di individui costretti a migrare, a vivere in condizioni impossibili o a venire travolti da conflitti e violenze per questioni legate alla terra e all’acqua.

La Tunisia è uno dei Paesi del Mediterraneo meridionale più colpiti dalla desertificazione e, quindi, più simbolici di questo trend. Tra il 30 e il 40% del suo territorio è desertificato mentre, come riferisce il rapporto di sintesi del piano nazionale di lotta contro la desertificazione del governo tunisino (2018-2030), circa l’80% del territorio del Paese maghrebino è caratterizzato da un’aridità dominante che spiega la sua maggiore vulnerabilità alle variazioni climatiche combinate con attività che non rispettano l’ambiente. Questo fenomeno è conseguente a un’alterazione dell’equilibrio ecologico che si riflette in un calo della produttività degli ecosistemi, cioè della fertilità del suolo, della copertura vegetale, dei pascoli e della biodiversità.

Un processo devastante che mette in pericolo la sicurezza alimentare, la biodiversità e, di conseguenza, la pace sociale.

La minaccia della desertificazione è particolarmente martellante nelle zone della Tunisia meridionale e centrale ma anche in territori meno esposti all’aridità come la Dorsale e parte del Tell settentrionale.

Purtroppo, le ricerche più recenti hanno mostrato che gli ecosistemi naturali tunisini sono attualmente in condizioni di degrado avanzato con una copertura vegetale generalmente insufficiente, una struttura squilibrata e una funzione produttiva molto debole.

Ma le notizie non sono tutte brutte. Come riferisce Action Aganist Deforestation, i recenti risultati ottenuti nel restauro e nella gestione sostenibile del territorio dimostrano che questi problemi per quanto complessi, non sono insormontabili. Vecchie e, soprattutto, nuove tecnologie permettono di avere uno sguardo verso il futuro più improntato alla speranza, ma bisogna fare molto presto: oltre 10 milioni di ettari intorno al Sahara devono essere ripristinati ogni anno per raggiungere la neutralità del degrado del territorio entro il 2030.

Nella lotta contro l’avanzamento del deserto c’è un nemico da combattere e un amico da preservare.

L’insabbiamento

«L’insabbiamento – spiega Mohammad Dabbebi, Ingegnere forestale capo, distretto forestale di Tozeur, Ministero dell’agricoltura, delle risorse idrauliche e della pesca - è una delle manifestazioni più spettacolari del fenomeno della desertificazione in Tunisia e minaccia circa il 64% del territorio nazionale, costituendo un’enorme sfida per la gestione sostenibile delle risorse naturali e lo sviluppo delle regioni coinvolte.

Le tecniche che utilizziamo sono principalmente due: il fissaggio meccanico di recinzioni (costituite da foglie morte di palme, ndr) per rallentare il vento e immobilizzare la sabbia trasportata dal vento e prevenire l’insabbiamento di terreni coltivabili, oasi e infrastrutture, e quella che chiamiamo rivegetazione delle dune artificiali create dopo l’installazione delle palizzate. Lavoriamo da decenni affiancati dalla Cooperazione italiana che fornisce sostegno su vari campi, in modo speciale per la gestione razionale dell’acqua».

La gestione razionale dell’acqua

Di acqua, in Tunisia come in molte altre parti del mondo, ce ne è sempre meno. Ma senza di essa il deserto e le sabbie avanzerebbero senza ostacoli e molto più rapidamente. Il ricorso alle acque fossili, molto praticato nel sud della Tunisia per generare oasi artificiali immense ed efficaci, è una soluzione temporanea ma va gestita perché anche esse tendono a esaurirsi. Come spiega lo Special Report on Climate Change and Land di Ippc “l’eccessiva estrazione di acque sotterranee per l’irrigazione sta causando l’esaurimento delle stesse”.

«La cooperazione italiana – spiega Remo Zulli membro del team Sviluppo rurale dell’Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo (Aics) Tunisi – ha finanziato un programma di sviluppo rurale nel sud del Paese, area di Tozeur, che aggredisce la problematica dell’acqua. Le falde da cui si preleva in profondità sono di origine antica, quindi fossile e risultano molto debolmente rifornite di acqua piovana se non per nulla, e la questione principale è che la loro captazione sarà sempre più difficile anche perché il loro utilizzo è sempre più intensivo. Il nostro intervento, quindi, è stato attraverso un progetto di sviluppo rurale integrato che si è concentrato sull’acqua, per meglio dire, l’economia dell’acqua. Abbiamo iniziato a divulgare tecniche che favoriscano una irrigazione localizzata che permette di utilizzare la metà o addirittura un terzo dell’acqua prima usata coi metodi tradizionali (irrigazione per sommersione). Assieme a sistemi che permettono di individuare il bisogno puntuale della pianta attraverso centraline elettroniche con sensori nel terreno, unitamente al calcolo dell’evapotraspirazione, possiamo risparmiare moltissimo e preservare la risorsa acqua per molto più tempo».

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