Diritti

Mediterraneo: sempre più arrivi, sempre più morti

Mentre in Italia triplicano gli sbarchi, ancora un naufragio e 30 vittime che, secondo Alarm Phone, Mediterranea e Sea-Watch, potevano essere evitati se le autorità di Libia, Malta e Italia fossero intervenute
Credit: Aude-Andre Saturnio
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15 marzo 2023 Aggiornato alle 13:00

Sono giorni intensi nel Mediterraneo Centrale. Giorni di partenze e traversate ai limiti della sopravvivenza. In soli tre giorni, tra il 9 e l’11 marzo 2023, 2.144 persone sono sbarcate sulle coste italiane.

Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, dall’inizio del 2023 sono oltre 20.000 le persone migranti e richiedenti asilo arrivate in Italia attraverso il mare, provenienti principalmente da Costa d’Avorio, Guinea, Bangladesh e Tunisia. Tre volte di più rispetto allo stesso periodo sia nel 2022 che nel 2021, in cui erano arrivate in Italia rispettivamente 6.152 e 6.041 persone.

Per una rotta migratoria fortemente determinata dalla stagionalità, un picco di partenze nei mesi invernali, normalmente a bassa intensità, mostra che il Mediterraneo è ancora uno dei principali canale di accesso all’Europa per coloro che non hanno alterative legali e sicure per spostarsi dal proprio paese. Instabilità economica e politica, crisi alimentare, disoccupazione, deterioramento ambientale dovuto al cambiamento climatico e allo sfruttamento delle risorse sono alcuni dei fattori che, intensificandosi, stanno portando migliaia di persone a percorrere le rotte migratorie dall’Asia Centrale e dall’Africa Subsahariana e Settentrionale verso l’Europa.

Come sta avvenendo in questi giorni, finestre di bel tempo e condizioni meteo favorevoli spingono i trafficanti a caricare barconi e gommoni con centinaia di persone.

Nell’ultima settimana, 11.800 persone sono partite dalla Tunisia, 7.000 dalla Libia, percorrendo quel tratto di mare in cui le condizioni meteo cambiano molto repentinamente.

Il Mar Mediterraneo continua infatti a detenere il primato di rotta migratoria più letale del mondo, con oltre 26.000 persone scomparse dal 2014 a oggi nel tentativo di raggiunge le coste europee.

332 sono le morti in mare solo dall’inizio di quest’anno.

Più partenze significano più morti. È il corollario di questa rotta migratoria, in cui le persone migranti diventano prima profitto e merce di scambio per le capillari reti transnazionali di trafficanti, poi fardello per gli Stati costieri e le rispettive autorità marittime, quando prendono il mare su natanti instabili. Nel peggiore dei casi, diventano vittime, corpi inermi trasportati a riva dalla corrente, su una delle sponde del Mediterraneo.

A due settimane dal naufragio davanti alla costa di Steccato di Cutro in cui hanno perso la vita almeno 80 persone, è successo ancora. Il 12 Marzo, un gommone in difficoltà nel Mediterraneo Centrale non è stato soccorso in tempo e 30 persone sono annegate in acque internazionali, mentre nessuna delle autorità marittime competenti di Libia, Malta e Italia è intervenuta.

È la denuncia delle organizzazioni operative nel Mediterraneo Centrale, Alarm Phone e Sea-Watch, che hanno allertato i centri operativi marittimi sulle condizioni del gommone, senza ottenere alcun intervento.

Secondo la ricostruzione fornita da Alarm Phone, la prima segnalazione del gommone in difficoltà sarebbe stata inviata nella notte dell’11 Marzo 2023 alle autorità di Libia, Malta e Italia, con le coordinate Gps del natante alla deriva. Nove ore dopo il primo alert e nessuna risposta dalle autorità, l’aereo di ricognizione Sea Bird 2 dell’organizzazione Sea-Watch aveva avvistato il gommone e sollecitato ancora le autorità.

“Alle 11:37 il personale di terra di Sea Bird chiama l’Itmrcc (Centro italiano di coordinamento del soccorso marittimo). Dopo aver sottolineato l’urgenza del caso e aver chiesto le loro intenzioni, l’ufficiale italiano rimanda alle autorità libiche e riaggancia” riporta la ricostruzione degli eventi fornita da Sea-Watch.

Mentre il centro di coordinamento marittimo in Libia negava l’intervento per mancanza di mezzi disponibili, né le autorità maltesi né quelle italiane si sono assunte la responsabilità di effettuare il soccorso. Il centro di coordinamento italiano ha istruito un mercantile presente in quell’aria di monitorare la situazione, ma nessuno è intervenuto.

Il gommone si è capovolto nella mattinata del 12 Marzo: delle 47 persone a bordo, solo 17 sono sopravvissute e sono state soccorse dal mercantile Froland presente sulla scena.

“Ritardare i soccorsi e delegarli a navi mercantili non attrezzate è parte di una strategia politica che punta a consegnare le persone nelle mani delle milizie libiche o ad abbandonarle in mare, causandone la morte. L’Italia, Malta e altri Stati membri dell’Ue sono i principali responsabili della morte di 30 persone e di innumerevoli altre ai confini marittimi dell’Europa,” si legge nel comunicato congiunto di Alarm Phone, Mediterranea Saving Humans e Sea-Watch dopo l’ennesima strage del mare.

A fronte dei drammatici naufragi, tra le migliaia di partenze e sbarchi delle ultime settimane molti sono gli interrogativi al Governo italiano e alle istituzioni europee sulle carenze delle politiche migratorie che a dieci anni dalla strage di Lampedusa mostrano le falle dell’approccio securitario alla gestione delle frontiere. Un approccio che il Governo guidato da Giorgia Meloni ritiene però necessario per dare delle risposte alle carenze del sistema di accoglienza in Italia, che ogni picco negli arrivi via mare scoperchia come “emergenza”, quasi come se la rotta migratoria mediterranea non fosse un fenomeno decennale.

In occasione del Consiglio dei Ministri tenutosi a Cutro il 9 Marzo 2013, l’esecutivo ha presentato un nuovo decreto legge sul tema migrazioni, che punta sull’inasprimento delle pene per i cosiddetti “scafisti” e l’introduzione del reato di morte o lesioni come conseguenza del traffico per immigrazione clandestina come misura per scoraggiare le partenze. Il decreto, inoltre, prevede la programmazione triennale dei flussi d’ingresso per motivi di lavoro, l’abrogazione delle norme sul permesso di soggiorno per protezione speciale e la possibilità di commissariamento dei centri governativi per l’accoglienza o il trattenimento degli stranieri, prevedendo di operare in deroga al codice degli appalti, fino al 2035, per velocizzare la realizzazione di nuovi centri di permanenza per i rimpatri (Cpr).

“In alcune regioni mancano i Centri di permanenza per i rimpatri. Con questo decreto, tutte le regioni dovranno dotarsi di almeno un Cpr”, aveva detto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini durante la conferenza stampa del 9 Marzo a Cutro.

Intanto, il centro di accoglienza di Lampedusa è nuovamente al collasso con quasi 3.000 persone arrivate negli ultimi giorni, a cui al momento non si riesce a garantire servizi e assistenza dignitosi.