Diritti

Le persone Lgbtq+ si dimettono per fuggire dalle molestie

Secondo il Center of American Progress, il 50% dei lavoratori ha subito discriminazioni a causa della propria identità di genere e orientamento sessuale. Così, un terzo si è licenziato
Credit: cottonbro studio
Tempo di lettura 4 min lettura
8 marzo 2023 Aggiornato alle 21:00

Immagina di fare il lavoro che hai sempre sognato, oppure quello di cui sai di aver bisogno per vivere ed essere indipendente. Immagina di impegnarti per averlo; immagina di ottenerlo. Ora, invece, di perderlo o di essere costretto a lasciarlo, a causa di continue vessazioni e commenti non richiesti.

C’è chi tutto questo non lo deve immaginare, perché lo vive o lo ha vissuto: ə dipendenti lavoratorə appartenenti alla comunità Lgbtq+ (più di 8 milioni di persone negli Usa) che, almeno una volta nella vita, hanno dovuto scontrarsi con realtà di disagio e conflitto, attraverso discriminazioni esplicite sul posto di lavoro o micro aggressioni.

Secondo il Center of American Progress (Cap), nel 2022 il 50% delle persone Lgbtq+ intervistate ha dichiarato di aver subito forme di discriminazione o molestia sul posto di lavoro causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, mentre la percentuale è esplosa al 70% per ə intervistatə transgender.

La conseguenza è, quasi nella totalità dei casi, un licenziamento spontaneo deə i dipendenti, con l’obiettivo (e la speranza) di trovare una maggiore serenità psicologica in nuovi posti di lavoro.

Lo studio del 2021 del Williams Institute on Sexual Orientation and Gender Identity Law and Public Policy, infatti, ha mostrato che più di un terzo deə dipendenti Lgbtq+ statunitensi ha abbandonato il posto di lavoro a causa del modo in cui veniva trattato dal datore di lavoro in base al suo orientamento sessuale o alla sua identità di genere.

Forme velate e contemporanee di mobbing sul lavoro. Vessazioni ingiustificate, frutto di norme sociali e culturali secondo cui “l’eterosessualità” coincide con la normalità. Una specie di caccia alle streghe.

Ed è così che la caccia si trasforma in insulti (alcuni più velati altri meno), occhiate di troppo e commenti non richiesti, espressi per togliere dignità, per far sentire sbagliatə e diversə. Ma la strega chi è? A quanto pare, l’ha deciso l’immaginario comune, le “altre” persone.

E così, sempre nello studio del Williams Institute, più della metà deə dipendenti Lgbtq+ intervistatə ha dichiarato di non essere aperto riguardo la propria identità o l’orientamento sessuale con i propri datori di lavoro, mentre più di un quarto ha risposto di non sentirsi liberə di esprimersi con i propri colleghi. La conseguenza è un’inevitabile demoralizzazione, una significativa perdita di serenità psicologica e un elevato picco di conflitti nel contesto lavorativo, causato da un profondo senso di insoddisfazione personale.

Come ha sottolineato la ricerca del Chartered Institute of Personnel and Development (CIPD), nel 2021 ə lavoratorə britannicə Lgbtq+ hanno riportato livelli più elevati di conflittualità sul posto di lavoro rispetto ai lavoratori eterosessuali e cisgender: il 40% deə dipendenti ha affermato di aver vissuto uno scontro sul posto di lavoro negli ultimi 12 mesi. Molti di questi conflitti, inoltre, non sono mai stati completamente risolti (per il 44% deə lavoratorə Lgbtq+; il 38% ha affermato che erano stati risolti solo in parte).

Inadeguatezza, malessere, insoddisfazione, umiliazioni: i dipendenti decidono di fuggire via, scegliendo le dimissioni. Ma una soluzione (o meglio, un tentativo) potrebbe esserci.

Oggi nel Regno Unito, l’Equality Act del 2010 offre aə lavoratorə Lgbtq+ la possibilità di presentare un reclamo, mentre nel 2020 la Corte Suprema statunitense ha stabilito con la causa Bostock vs Clayton County che il Civil Rights Act del 1964 (che per decenni ha protetto solo i lavoratori dalla discriminazione sulla base di “razza, colore, religione, sesso o nazionalità dell’individuo”) deve proteggere anche i dipendenti Lgbtq+. Un’altra battaglia, quella legale, che in pochissimə decidono di combattere.

Fortunatamente, seppur in maniera estremamente lenta, il panorama lavorativo sembra oggi pronto a cambiare e a colorarsi: all’inizio di quest’anno, per esempio, Jessica Nichols ha lanciato Jobs With Pride, una bacheca di lavoro dedicata aə dipendenti Lgbtq+ per cercare punti di incontro con aziende gay friendly. Sulla piattaforma è possibile pubblicare solo offerte di lavoro con aziende che detengono riconoscimenti di inclusione, come per esempio premi consegnati dai principali enti di beneficenza Lgbtq+.

Le aziende più piccole, invece, che ancora non hanno ottenuto alcun riconoscimento di inclusione devono ricevere 5 raccomandazioni diverse dalla comunità Lgbtq+ per soddisfare i criteri di pubblicazione degli annunci.

Un primo piccolo, ma significativo, passo per restituire una serenità lavorativa che non sempre è garantita.

Leggi anche
Inclusione
di Valeria Pantani 5 min lettura
Lgbtq+
di Lucrezia Tiberio 4 min lettura