Diritti

Uk: il primo censimento che registra le persone Lgbtq+

La rilevazione statistica che include chi vuole esplicitare il proprio orientamento sessuale e l’identità di genere conta oltre 1.3 milioni di persone identificate come lesbiche, gay o bisessuali in Inghilterra e Galles
Credit: Anna Shvets/ Pexels 
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19 gennaio 2023 Aggiornato alle 09:00

Dall’ultimo censimento del Regno Unito, il primo che ha incluso all’interno delle domande la richiesta di esplicitare il proprio orientamento sessuale e l’identità di genere, risulta che più di 1.3 milioni di persone si identificano come lesbiche, gay o bisessuali in Inghilterra e Galles. Nei soggetti dai 16 anni in su, più dell’1.5% è non eterosessuale, 165.000 di loro hanno scelto di esplicitare la propria sessualità con “altro”, e 262.000 persone hanno dichiarato di identificarsi in un sesso diverso rispetto a quello assegnato alla nascita. Ma perché è importante sapere quanti sono i soggetti appartenenti alla comunità Lgbtq+?

La decisione di includere una domanda esplicita sull’identità di genere e dell’orientamento sessuale in Inghilterra e Galles è stata definita da alcune organizzazioni come un “passo nella giusta direzione”. Una ricerca, infatti, ha suggerito che, nei censimenti precedenti, porre solo la domanda sul sesso di una persona costituiva una “barriera” per alcuni partecipanti; questi ritenevano, a causa delle discriminazioni intrenseche in molti ambiti della società, che la domanda avesse come possibili risposte solamente il sesso biologico e l’eterosessualità.

Ai partecipanti del censimento sono state poste domande sul loro orientamento sessuale, se la loro identità di genere fosse diversa dal sesso registrato alla nascita: circa 3,6 milioni di persone (7,5%) non hanno risposto alla domanda sull’orientamento sessuale, mentre 2,9 milioni (6,0%) hanno scelto di non rivelare la propria identità di genere. Coloro che hanno risposto hanno potuto scegliere tra opzioni quali eterosessuale, gay, lesbica e bisessuale. Potevano anche selezionare “altro” e compilare una casella di testo che descriveva il loro orientamento sessuale.

Il censimento inglese è stato utile per molteplici scopi, primo fra tutti, quello di dare uno spazio ai soggetti che non si identificano nell’eteronormatività - percepirsi con il sesso assegnato alla nascita ed essere attratti dal sesso opposto; dare uno spazio che si concretizza in numeri significa esserci. Proseguendo nella lista dei lati positivi di questa iniziativa del governo britannico ci sono sicuramente l’aver sdoganato i diversi orientamenti sessuali, parificandoli, e l’aver tracciato un numero preciso, utile nel valutare il livello di discriminazioni o integrazione di questi soggetti.

Tuttavia, la piena inclusione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender è ancora lontana; il rapporto Society at a Glance 2019, pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) disegna una panoramica degli indicatori sul benessere sociale e, per questa nona edizione, si focalizza sulla condizione delle minoranze. Ne emerge che solo la metà delle nazioni prese in considerazione ha legalizzato le unioni tra le persone dello stesso sesso e meno di un terzo consente il cambio di genere sui documenti senza che la persona sia costretta, per ottenere il riconoscimento, a sottoporsi a un intervento chirurgico, una cura ormonale e una diagnosi psichiatrica per la ri-assegnazione del sesso.

Il report, inoltre, spiega come le discriminazione abbiano ricadute sull’economia e sulla salute mentale di milioni di persone.

In Italia, per esempio, nessun censimento ha mai posto domande sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere e solo alcune indagini tengono conto di questi elementi. Il rapporto, inoltre, suggerisce alcune buone pratiche che si possono intraprendere per favorire l’inclusione, iniziando dalla comunicazione attraverso canali mediatici, per aumentare la conoscenza delle problematiche e generare consapevolezza. Un’altra strategia è quella di raccogliere informazioni sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, attraverso censimenti e indagini nazionali, anche concentrandosi su tematiche specifiche come il lavoro e la salute, per avere chiara la situazione sociale della minoranza.

Tutte queste buone pratiche, unitamente agli sforzi legislativi, troppo spesso vani, di vietare le disuguaglianze, hanno l’obiettivo di combattere gradualmente le discriminazioni di genere anche a livello culturale. L’Ocse ha monitorato per anni proprio l’atteggiamento delle persone verso la comunità Lgbtq+, notando miglioramento in quasi tutti i Paesi dell’Ocse, a eccezione, purtroppo per l’Italia, in cui solo il 37% degli intervistati si sentirebbe a proprio agio a avere una persona transgender o transessuale in famiglia o come collega di lavoro.

I dati ci dicono che la parità è ancora un obiettivo lontano, che ci sono alcune categorie della società che devono essere protette, e ancor prima considerate. Un censimento che tenga conto dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale potrebbe essere un primo passo proprio verso questo obiettivo.

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