Diritti

L’Australia Day è sempre di più l’Invasion Day

Il 54,5% degli under 35 vuole che la festa nazionale del 26 gennaio riconosca il genocidio degli aborigeni perpetrato dai coloni britannici. Il premier Albanese prepara il referendum per farli entrare in Costituzione
Credit: Mark Graham/ AP Images
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
27 gennaio 2023 Aggiornato alle 19:00

I cittadini australiani scendono in piazza per sostenere le popolazioni indigene nel giorno della festa nazionale.

Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Reuters, ieri migliaia di australiani hanno riempito le strade di diverse città – inclusa Sydney, la capitale del Nuovo Galles del Sud, e Adelaide, sulla costa meridionale – per protestare contro quello che gli appartenenti alla comunità delle Prime Nazioni chiamano “Invasion Day” o “Survival Day”.

A partire dal 1994, tutti gli Stati e i territori australiani celebrano l’Australia Day, la ricorrenza che il 26 gennaio commemora lo sbarco della prima flotta (First Fleet) di coloni britannici nella baia di Sydney (Sydney Cove), avvenuto il 26 gennaio del 1788 sotto la guida del comandante Arthur Phillip.

Quella stessa data segna, di fatto, l’inizio del declino delle popolazioni indigene che hanno abitato indisturbate l’Australia per migliaia di anni, decimate dalle malattie introdotte dagli inglesi – un’epidemia di vaiolo scoppiata 15 mesi dopo il loro arrivo ne uccise circa il 70% – e dal genocidio degli aborigeni perpetrato almeno fino al 1930 (l’Università di Newcastle ha realizzato una mappa dei massacri aggiornata nel 2022).

Stando all’ultimo censimento realizzato dall’Australian Bureau of Statistics, oggi la comunità delle Prime Nazioni, che include gli aborigeni continentali e gli isolani dello Stretto di Torres, comprende 812.000 persone, rappresentative del 3,2% della popolazione australiana complessiva.

Il 64% degli australiani, come rileva un sondaggio pubblicato il 24 gennaio dalla società di ricerche di mercato Roy Morgan, ritiene che la ricorrenza del 26 gennaio debba continuare a essere chiamata “Australia Day”. Ma il 54,5% degli under 35 preferirebbe che fosse conosciuta come “Invasion Day”, percentuale che sale al 56% per gli under 25, l’8% in più rispetto all’anno precedente.

La sensibilità sta cambiando anche tra le aziende. Società come il colosso dei supermercati Woolworths o la compagnia di telecomunicazioni Telstra hanno offerto ai dipendenti la possibilità di lavorare il 26 gennaio e prendersi un altro giorno libero.

Lo stato di Victoria, nell’Australia meridionale, ha annullato la parata annuale prevista per il 26 gennaio, e diversi personaggi pubblici di rilievo – tra cui il premier liberal della Tasmania Jeremy Rockliff e l’attore australiano Chris Hemsworth – hanno proposto di spostare la data della celebrazione.

Il primo ministro del Governo laburista Anthony Albanese non è d’accordo, ma ha proposto un referendum che dovrebbe tenersi entro la fine dell’anno per riconoscere gli indigeni nella Costituzione australiana, entrata in vigore nel 1901.

L’ultimo referendum costituzionale che ha riguardato gli aborigeni è stato indetto nel 1967, e ha visto l’approvazione di un emendamento col quale è stato riconosciuto agli indigeni il diritto di essere conteggiati nel censimento della popolazione.

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