Diritti

Australia: il progetto per regolare l’immigrazione

Con il 2022-23 permanent Migration Program il Paese spera di attirare lavoratori che possano ricoprire ruoli per i quali gli australiani non sono qualificati. Non mancano permessi per ricongiungimento familiare
Credit: EPA/MATT TURNER AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT
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9 gennaio 2023 Aggiornato alle 11:00

L’Australia al momento si trova colpita da diverse difficoltà: crescente incertezza economica, inflazione, costi dell’energia alti, catene di approvvigionamento messe a dura prova e il rischio di recessione.

Anche se il tasso di disoccupazione ha raggiunto il valore minimo da 50 anni, 3.4% in ottobre, ci sono 470.000 posti non assegnati da maggio 2022, un numero più che duplicato rispetto al periodo pre pandemia, che però ha solo esasperato un trend che prima era legato solo all’invecchiamento demografico della popolazione.

I campi che potrebbero provvedere a più dei 3/5 dell’occupazione prevista tra il 2021 e il 2026 sono sanità, assistenza sociale, servizi di ospitalità e ristorazione, servizi professionali, scientifici e tecnici, educazione e training e per far fronte alla mancanza di forza lavoro, il governo ha approvato un piano rivolto alle persone che vorrebbero entrare nel Paese per lavorare: il 2022-23 permanent Migration Program.

Il progetto in totale prevede 195.000 permessi di soggiorno, suddivisi in due sezioni: Skills e Family. Al primo ramo spetteranno il 73% dei permessi, 142.400; al secondo la restante parte, 52.500 permessi. Nel periodo 2021-2022, si erano assegnati 160,000 permessi.

La speranza del governo è di attirare migranti skilled, ovvero delle persone che possono provvedere a compensare la carenza di lavoro negli ambiti dove il livello di professionalizzazione degli australiani non è ancora al passo con la richiesta dell’industria. A chi entrerà nel Paese su questa base si vuole garantire la certezza di avere un permesso permanente per integrarsi al meglio nella società.

Perché questo progetto possa essere implementato, il governo, molto criticato per i significativi ritardi nella processione dei permessi, ha deciso di stanziare ingenti fondi per coprire le spese di assunzione di 500 persone.

Il focus del programma è sui migranti che vogliano entrare nel mercato del lavoro ma vi è anche spazio per la questione della riunificazione delle famiglie.

I 52.500 permessi di questo segmento sono in gran pare composto da 40.500 permessi per i partner e 3.000 per i bambini, per i quali in realtà il numero è stabilito puramente a livello organizzativo e non come un tetto massimo fisso. Il processo di applicazione infatti si basa sulla domanda e sull’idea di semplificare il processo a chi desideri riunirsi alla propria famiglia.

Per giudicare la positività o meno del programma australiano è necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti.

Il primo è quello che la ministra degli interni australiana Clare O’Neil ha parlato di stato di degrado del sistema d’immigrazione, che secondo lei i criminali starebbero sfruttando per entrare nel Paese impunitamente.

Se questo è vero, il fatto di aumentare i permessi potrebbe non essere ben visto dalla popolazione. Se, al contrario, è falso, sarebbe un segnale che la popolazione potrebbe non essere né «open for business» né pronta a sostenersi includendo i deboli, che è esattamente ciò su cui il governo conta per l’attuazione di questo programma.

La giornalista Aarti Betigeri racconta come i permessi per ricongiungimento familiare siano in particolare una categoria che «la popolazione scettica (e di conseguenza anche il governo) considera come un peso non necessario, una scorciatoia per prolungare il soggiorno oltre la scadenza e per truffe nell’ambito dell’assistenza medica».

A complicare la situazione il fatto denunciato lo scorso novembre dal Refugee Council of Australia, ovvero che «il 70% delle 96,371 persone interessate dal processo per ottenere un permesso stanno aspettando una decisione dal ministro dell’Interno, dal tribunale d’appello amministrativo o dalle corti di giustizia». Resta da capire se i nuovi 500 dipendenti previsti saranno sufficienti a recuperare i ritardi accumulati di un processo che oltre a essere lungo, è molto caro visto che per ottenere un permesso per genitori si stima un costo di più di 43.000 dollari.

In terzo luogo, secondo la legge australiana tutti i non cittadini che si trovano in Australia senza un permesso valido devono essere messi in detenzione, senza distinzione tra adulti e bambini. Come si può tenere sullo stesso piatto questo principio e un sistema burocratico lento senza violare i diritti umani?

Catriona Jackson, amministratrice delegata di Universities Australia, rappresentante di 39 istituzioni, ha fatto notare come «solo il 28% dei centinaia di migliaia di studenti internazionali usano i loro diritti di lavoro dopo il periodo di studio, e solo il 16% diventano residenti permanenti».

Per invertire il fenomeno si vorrebbero assegnare automaticamente permessi temporanei agli studenti internazionali.

Quello che forse è più rilevante, però, è la proposta di esentare le multinazionali di fiducia dai test del mercati del lavoro e dalle liste per ottenere un’occupazione, alla condizione che trasferiscano dei dipendenti che abbiamo uno stipendio sopra i 120.000 dollari.

Questo rende problematica la proposta in se, in quanto include solo i lavoratori più ricchi, ma dimostra anche i limiti della definizione dei migranti skilled.

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