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Maurizio Decollanz: «La sostenibilità è una necessità»

Cambiamento climatico, sicurezza informatica, modernizzazione delle infrastrutture critiche e consumo energetico: 4 urgenze che il nuovo direttore Marketing e Comunicazione IBM Italia ha spiegato a La Svolta
Credit: Via twitter.com
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4 febbraio 2023 Aggiornato alle 15:02

Alla luce degli scenari presenti e di quelli futuri probabili, porsi obiettivi di sostenibilità non è più un’opzione ma una necessità per le aziende. Lo sa bene IBM, che per i prossimi anni punta anche a un piano comunicativo strategico, per aiutare il Paese e le singole persone a dirigersi verso una trasformazione digitale green e consapevole. La Svolta ne ha parlato con il nuovo direttore Marketing e Comunicazione di IBM Italia, Maurizio Decollanz.

Quali obiettivi si prefigge in questo nuovo ruolo a capo del marketing e della comunicazione di IBM Italia?

Oggi, dopo una storia ultracentenaria, IBM è una open hybrid cloud and AI platform company che continua a investire miliardi in una ricerca e sviluppo che guarda al quantum computing come prossima frontiera della rivoluzione tecnologica. Sono temi complessi, spesso difficili da comprendere. Il ruolo del team di comunicazione e marketing oggi è più importante che mai per accompagnare il Paese, aziende pubbliche e private, verso una trasformazione digitale consapevole, efficace ed efficiente. Aiutando a comprendere il vero valore dei dati, per esempio, e delle informazioni che possiamo trarne. Pensiamo all’efficientamento energetico, alla sicurezza informatica, all’ottimizzazione di risorse preziose come l’acqua, alla lotta ai cambiamenti climatici o alla modernizzazione delle nostre infrastrutture strategiche. Grazie all’analisi dei dati possiamo prevedere in anticipo guasti o interruzioni di servizi, ma anche ottimizzare le catene di produzione. L’obiettivo che ci proponiamo, quindi, è quello di avvicinare le organizzazioni di ogni settore industriale a un digitale per il reale. Un digitale che porti benefici a tutti e non solo a pochi. Obiettivi sfidanti e avvincenti, direi, che riguardano il business di IBM Italia ma anche la vita quotidiana di ognuno di noi.

IBM crede molto in un futuro più sostenibile tanto che uno dei vostri progetti primari al momento è supportare aziende private e amministrazioni pubbliche nelle loro trasformazioni digital e green. Come si concretizza questo impegno?

In fatti concreti e tangibili. In tema di sostenibilità e riduzione degli sprechi il Gruppo Hera, che raccoglie più di sei milioni di tonnellate all’anno di rifiuti, ha fatto dotare i suoi camioncini di un nostro sistema di intelligenza artificiale in grado di riconoscere già al momento del prelievo la qualità dei rifiuti stessi. In questo modo, se la raccolta differenziata in quel carico non è stata fatta correttamente, viene subito segnalato all’operatore e si evita di condizionare negativamente il risultato finale. Hera ha già registrato ottimi risultati sull’efficientamento del riciclo della plastica. Metropolitana Milanese, che tra le altre cose gestisce il ciclo idrico nel capoluogo lombardo, tramite la nostra piattaforma basata su AI e cloud ibrido, ha realizzato un’applicazione che sfrutta 100.000 sensori immessi nella rete per identificare portanza ed eventuali perdite. In questo modo gli operatori ottengono le informazioni per intervenire in modo capillare per le riparazioni necessarie a evitare gli sprechi. E parliamo di un Paese in cui solo il 50% dell’acqua immessa negli impianti raggiunge gli utilizzatori finali a causa di infrastrutture obsolete. Un altro esempio simile ma con applicazione differente riguarda le infrastrutture critiche nazionali. Autostrade per l’Italia, insieme a IBM e a Fincantieri, ha realizzato un progetto che permette di dotare ponti e viadotti di sensori che rilevano gli scostamenti dai valori ottimali, segnalando a una centrale cognitiva eventuali situazioni difformi e da verificare. Il risultato è straordinario: ispezioni mirate, manutenzione e sicurezza migliorate, maggiore longevità delle infrastrutture. A beneficio anche dell’ambiante, viste le minori emissioni di CO2. Ora l’obiettivo è di estendere il sistema su tutta la rete autostradale, offrendo così la possibilità di fare manutenzione preventiva, anche sfruttando riprese aeree di droni per tenere aggiornata la mappa dei rilievi. E queste sono solo alcune progettualità che dimostrano come certe buone pratiche siano già realtà e che, se si volesse investire in DigiGreen - ovvero digitale per il reale a supporto della sostenibilità ambientale, sociale e del business - si potrebbero ottenere risultati straordinari.

In che modo la tecnologia può essere tra gli attori protagonisti della transizione ecologica?

Partiamo un presupposto: perseguire gli obiettivi di sostenibilità non è più un’opzione ma una necessità. E nessuno degli obiettivi di sostenibilità può essere raggiunto senza far leva su innovazione tecnologica, capitale umano e collaborazione sinergica tra pubblico e privati. Faccio un esempio concreto: una grande multinazionale che ha come core business l’aratura di campi agricoli è venuta a trovarci nell’IBM Studios di Milano per partecipare a una sessione di design thinking. All’inizio erano scettici, ritenevano tecnologie come cloud ibrido e intelligenza artificiale lontanissime dal loro ambito. Assieme ai nostri esperti hanno prima ragionato sulla strutturazione del loro modello operativo e poi sperimentato una demo che ha dato risultati per loro sorprendenti. Applicando sensori di Internet Of Things ai loro trattori, abbiamo utilizzato l’intelligenza artificiale per analizzare le traiettorie delle arature. Attraverso l’ottimizzazione dei percorsi si otteneva una riduzione del consumo di carburante pari a circa il 30%. Con conseguente riduzione delle emissioni nocive. Erano sbalorditi: potevano ridurre i costi e abbattere le emissioni di CO2 allo stesso tempo. Creando anche nuove professionalità e posti di lavoro. Ecco a cosa porta l’unione di tecnologia e capitale umano in un ecosistema aperto e condiviso.

Quali sono le urgenze che vedete all’orizzonte?

Cambiamenti climatici, sicurezza informatica, modernizzazione delle infrastrutture critiche e consumo energetico saranno alcuni dei focus principali nei prossimi anni. Abbiamo enormi quantità di dati a disposizione e dobbiamo utilizzarli al meglio. Voglio fare un altro esempio che riguarda noi direttamente: abbiamo analizzato il funzionamento delle nostre sedi principali di Roma e Milano e, grazie alle informazioni ottenute, abbiamo potuto avviare un’ottimizzazione dei consumi energetici. Il risultato? Nei prossimi dodici mesi prevediamo di risparmiare quasi 1700 MWh, evitando di immettere nell’ambiente quasi 600 tonnellate di CO2. Per comprendere la portata di questa iniziativa, va considerato che per l’assorbimento di una tale quantità di anidride carbonica occorrerebbero circa 4.000 alberi adulti. Ora provate a immaginare quali risultati potremmo ottenere se tutti i grandi uffici facessero lo stesso. C’è poi un tema legato alla trasformazione digitale che, a causa di un possibile rallentamento economico nei prossimi mesi, potrebbe perdere spinta. Tutti devono comprendere che l’innovazione non è un costo ma un investimento necessario. Credo che tutti gli esempi citati ne siano la dimostrazione.

Che ruolo pensa abbiano la stampa e i media nel veicolare alcuni messaggi, green ma non solo?

Un ruolo fondamentale. I temi dell’innovazione tecnologica sono complessi ma le opportunità sono enormi. Non possiamo permetterci di perderle. Il Paese ne ha bisogno. E ricordiamoci anche che si calcola ci siano oltre 150.000 posizioni lavorative che non trovano candidati adatti a causa di un disallineamento delle competenze professionali. I media hanno una grande responsabilità: far comprendere tutto questo.

E la comunicazione aziendale?

Anche noi abbiamo una grande responsabilità nell’accompagnare questo percorso di consapevolezza. Utilizzando un linguaggio semplice e puntando sulla trasparenza: solo la verità, nient’altro che la verità su ciò che può fare l’innovazione tecnologica per tutti noi.

Come nel caso di IBM Think Magazine di cui è direttore?

Esatto. Pensi che Thomas J. Watson lo aveva fondato nel 1935 proprio perché aveva compreso quanto fosse importante raccontare a tutti la portata trasformativa dell’innovazione. IBM non aveva ancora realizzato i grandi computer che permisero di tracciare le orbite per l’allunaggio, eppure sentiva già l’esigenza di far capire a tutti le gradi opportunità offerte dalla ricerca scientifica e tecnologica. Oggi il Think Magazine italiano racconta di come il quantum computing può aiutarci a scoprire nuovi materiali che catturino la CO2 o passare a una maggiore sicurezza informatica. Sembra fantascienza ma è già realtà. Se non lo comprendiamo perderemo l’opportunità di cambiare il mondo in meglio.

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