Diritti

Il Pd non se la passa tanto bene

Dopo il Qatargate e il calo dei consensi (14,7% secondo Swg), il Partito Democratico deve ora decidere quando tenere il suo Congresso. C’è chi preme per accorciare i tempi: una strategia per indebolire gli avversari?
Credit: ANSA/MAX CAVALLARI
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23 dicembre 2022 Aggiornato alle 18:00

Screditato dal Qatargate, depresso dai sondaggi più bassi di sempre (Swg lo dà al 14,7%), il Pd avanza dubbioso verso il suo congresso “rifondatore”. E litiga. Anche sulla data del congresso stesso. Il primo a esporsi pubblicamente è stato il sindaco di Pesaro Matteo Ricci che mercoledì sui social ha tuonato: “Il Pd ha bisogno di ripartire subito, serve una scossa per invertire la tendenza. Convochiamo urgentemente la direzione e anticipiamo le primarie al 22 gennaio. Smettiamo di farci del male”. Ricci è tra i sostenitori di Stefano Bonaccini, il candidato alle primarie che maggiormente preme per anticipare i tempi.

Il motivo è presto detto: «Non è possibile metterci 6 mesi per eleggere un segretario». Che questa attesa per il nuovo segretario non stia giovando al Partito democratico è sotto gli occhi di tutti e trova d’accordo anche un’altra candidata: Paola De Micheli. L’ex ministra dei Trasporti ha lanciato addirittura una proposta per accorciare i tempi: «Se davvero emergesse la volontà di ridurre i tempi, la mia proposta è di sottoporre all’assembla nazionale una modifica statutaria per andare a un congresso urgente, direttamente con le primarie aperte e voto ponderato che vale due per gli iscritti e uno per gli elettori». Sulla stessa linea è anche Matteo Orfini che ha esortato: «Bisogna accelerare i tempi con l’accordo di tutti».

Ma proprio qui sta il problema perché se ufficialmente l’intento di De Micheli e Bonaccini è far uscire il Pd dalla sua agonia il prima possibile, il sospetto è che in realtà si tratti di una manovra per svantaggiare Elly Schlein, candidata di rottura e ultima a organizzarsi per il congresso. La sua corsa è stata lanciata ufficialmente circa un mese fa e Schlein stessa è iscritta al partito da poche settimane. Accorciare i tempi ora significherebbe partire sicuramente in una posizione di inferiorità rispetto agli altri 2 candidati organici. E Schlein l’ha detto fuori dai denti: «Ho appena iniziato a percorrere il Paese raccogliendo consensi importanti. E questo infastidisce i neofiti della mozione Bonaccini».

Le incertezze sulla data sono il sintomo di un partito allo sbando che viaggia verso un altro appuntamento che fa tremare: quello delle Regionali. Il 12 e 13 febbraio Lazio e Lombardia saranno chiamate a votare. La situazione per il Pd non è per nulla semplice.

In Lombardia, ormai storica roccaforte di centrodestra e Lega, i sondaggi parlano già di una riconferma del presidente uscente Attilio Fontana (Lega) anche grazie alla decisione del Terzo polo di candidare Letizia Moratti. Ma a preoccupare di più sono le previsioni che arrivano dal Lazio dove il centrodestra potrebbe strappare la regione a un Pd abbandonato dai Cinque stelle e da Sinistra italiana. Un dato che racconta di come anche gli ormai ex alleati si stiano riposizionando rispetto al Pd.

L’obiettivo - neanche troppo nascosto - è quello di isolarlo e accompagnarlo verso il fallimento dividendo le sue spoglie tra Movimento 5 stelle e Terzo polo. Uno scenario non così implausibile visto che lo scandalo del Qatargate ha travolto perlopiù figure legate al Pd. Dall’ex eurodeputato Antonio Panzeri (esponente del Pd fino al 2017) all’attuale europarlamentare Andrea Cozzolino, tuttora iscritto ai dem.

L’iter burocratico del congresso non aiuta sicuramente a rispondere in maniera efficace a un caso del genere e sta portando gli elettori a disamorarsi e gli ex alleati a tentare il sorpasso. Questioni importanti, da affrontare il prima possibile. Certo, servirebbe una data…

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