Diritti

Elly Schlein: outsider o favorita tra i big del Pd?

Ora che la candidatura è ufficiale, è il momento di capire quali nomi appoggiano la deputata in vista del Congresso. Soprattutto, come possono cambiare gli equilibri. Dentro e fuori il Partito democratico
Credit: ANSA/ETTORE FERRARI
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12 dicembre 2022 Aggiornato alle 22:00

Da quando si è candidata alla segreteria del Pd due domande inseguono Elly Schlein: quante speranze ha di vincere e una sua vittoria sarebbe la fine o la rinascita del Pd?. Quesiti complessi che vanno però affrontati guardando allo stato attuale delle cose.

Se inizialmente la candidatura di Schlein, non iscritta al partito dal 2015, sembrava un sogno, o un incubo per i detrattori, ma senza effettive possibilità di successo, nelle ultime settimane l’ex eurodeputata di Possibile è stata capace di far convergere sul suo nome personaggi di peso nei giochi interni al Pd. Il congresso di questo partito è infatti molto complicato e nelle prime fasi conta molto avere l’appoggio degli iscritti e quindi delle correnti interne per potersi così presentare alla fase finale, quella in cui tutti gli italiani interessati sono chiamati a scegliere il loro candidato tramite le primarie.

Ad aiutare Schlein in questa difficile traversata c’è già un nome molto pesante: Dario Franceschini, leader di AreaDem, considerata la corrente più di peso all’interno del Pd. Anche parte della sinistra del partito ha espresso un certo interesse nei confronti di Schlein: Peppe Provenzano era al lancio della candidatura della deputata. Una presenza che però non significa necessariamente un endorsement visto che i nomi dell’ex ministro Andrea Orlando e del sindaco di Pesaro Matteo Ricci sono ancora sul tavolo.

Schierato con Schlein è invece l’ex segretario Nicola Zingaretti. Così come anche l’attuale segretario Enrico Letta e l’ex presidente della Camera Laura Boldrini hanno fatto trapelare la loro simpatia per la deputata.

Il sostegno dei big è però un’arma a doppio taglio per Schlein: è utile per la prima fase del congresso, ma sta già attirando diverse critiche da chi accusa la deputata di essere solo una foglia di fico per un partito che non vuole davvero cambiare. Un’accusa che può far male soprattutto per una candidata che basa molto del suo fascino elettorale sul suo essere una figura esterna al Pd e più radicale.

Nel suo discorso di candidatura ha detto: «Possiamo dire che il modello neoliberista ha fallito o vogliamo dirci che è andato tutto bene?». La sua posizione ha spaventato diversi esponenti moderati e liberali del Pd come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che ha minacciato di abbandonare il partito in caso di una vittoria di Schlein. Uno spauracchio, quello della scissione, evocato sia nel caso di una vittoria della deputata sia in quello di un successo del suo principale rivale Stefano Bonaccini. Sul tema Schlein ha cercato di usare toni concilianti. Ma lo spettro resta. Come quello dei sostenitori ingombranti della sua candidatura.

Per convincere il popolo democratico a seguirla, Schlein promette di dare nuova linfa alla battaglia per i diritti sociali e civili che «hanno lo stesso peso» e di cambiare il destino di un partito sempre più ombelicale e in crisi. D’altronde la sua carriera politica era iniziata con il movimento di protesta OccupyPd nel 2013. Oggi sono passati quasi dieci anni. E la richiesta di rinnovamento è ancora più pressante. Il curriculum potenziale di Schlein dice che potrebbe essere la persona giusta per incarnarlo da sinistra. Ora servono i fatti.

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