Diritti

Rendere accessibile il benessere mentale: il caso di Serenis

La ceo e co-founder della piattaforma di terapia online parla a La Svolta dell’idea di creare una realtà che rivoluzionasse l’assistenza psicologica in Italia, con 10 consigli per chi inizia un percorso per la prima volta
Credit: Jorge Bermudez
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
27 dicembre 2022 Aggiornato alle 10:00

«Da paziente mi rendevo conto di quanto la terapia mi avesse cambiato la vita e di quanto fosse necessario un servizio come quello che avevo in mente e che ancora mancava, in Italia, durante la pandemia di Covid».

Quando Silvia Wang decide di fondare la piattaforma di terapia online Serenis insieme a Daniele Francescon, nel 2021, ne sente l’urgenza su più fronti. Lei, classe 1986, a soli 28 anni ha fondato ProntoPro, una piattaforma dedicata alla ricerca di piccoli e grandi professionisti, ma durante la pandemia ha notato una mancanza: il benessere mentale non era ancora un tema al centro del dibattito nazionale.

«Si parlava di malessere mentale, più che altro, così ho deciso di fare qualcosa», spiega alla Svolta l’imprenditrice, oggi ceo del secondo centro medico più grande d’Italia, nonché piattaforma digitale che punta a rivoluzionare l’assistenza psicologica nel Paese.

«Quello che ci teniamo a dire è che tutti in Serenis siamo pazienti: le persone che decidono di venire a lavorare per noi sono le prime a sposare la missione di rendere accessibile il benessere mentale, perché l’hanno provato sulla loro pelle».

La piattaforma, a un anno dalla fondazione, riunisce più di 400 psicoterapeuti ed è una realtà unica nel suo genere in Italia: «quando dico che nel 2021 mancava un servizio di questo tipo, non mi riferisco all’impossibilità di trovare uno psicologo o uno psicoterapeuta online, perché durante il Covid quasi tutti i terapeuti hanno fatto terapie online: non si poteva fare altrimenti. Ma mancava una piattaforma che organizzasse questo servizio con una certa etica: la salute mentale è salute, e come tale va trattata. Per questo Serenis nasce come centro medico, perché essere un centro medico significa dare una garanzia di qualità su come vengono fatte una serie di cose».

Secondo Wang il rischio è che «senza un metodo adeguato e rigoroso, figure idonee alle necessità del paziente, e un’educazione sul tema, si alimentano stigmi già ben radicato: il mito dell’esperienza che non serve a nulla e della roba per malati. Occuparsi di salute mentale ha un impatto sociale: per questo cerchiamo di fare le cose in maniera corretta e seria». Serenis non si vuole sostituire alla terapia in presenza, ma vuole creare un’alternativa.

La missione di Wang è rendere la psicoterapia accessibile a tutti, seguendo regole ben precise: insieme ad altre realtà del settore come Minders, Mindwork e TherapyChat, Serenis ha proposto la prima versione del Manifesto per il Supporto Psicologico Online: un insieme di linee guida elaborate da un pool di professionisti e discusse con il comitato etico del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi per usare con coscienza e consapevolezza gli strumenti digitali anche nel settore del supporto psicologico.

«Quando una domanda esplode, ci sono tanti modi per rispondere, in maniera più o meno etica. Noi abbiamo deciso di darci delle regole: il fatto che, aldilà del mero guadagno, abbiamo voluto farlo tutti insieme, credo sia davvero apprezzabile e l’idea è stata salutata con positività anche dall’Albo».

Avere delle norme significa anche «impattare sul business: come centro medico, noi di Serenis abbiamo dovuto sobbarcarci tantissimi costi, ma non solo economici». I processi di selezione degli psicoterapeuti, a esempio, sono gestiti in parte dal team e in parte dall’esterno, «per garantire l’alta qualità dei nostri professionisti», e durano due settimane. La scelta di non avere psicologi, poi, non è casuale: la differenza è che «uno psicoterapeuta, avendo alle spalle 4 anni in più di studio, durante i quali ha fatto anche pratica, può trattare delle patologie. Non che lo psicologo non possa fare sedute o percorsi con il paziente, ma per chi ha patologie lo psicoterapeuta è più indicato perché maggiormente preparato».

Intraprendere un percorso di terapia può essere complesso e faticoso, ma gli psicoterapeuti di Serenis hanno stilato un decalogo di consigli rivolto a chi vi si approccia per la prima volta: stare in un ambiente confortevole, essere comodi e assicurarsi la propria privacy, dimostrarsi propensi al cambiamento, ridurre la luminosità sullo schermo, se da remoto, parlare di pancia, non scoraggiarsi, prendersi il proprio tempo.

Iniziare la terapia con Serenis è facile e intuitivo: si entra nell’app e si compila un questionario di circa 10 minuti che aiuta a capire «le tue necessità, ma anche le tue aspettative e le tue preferenze». Di fatto, poi, un algoritmo «ti matcha (termine diventato noto con le app di dating e sinonimo di abbinare) con il terapeuta ritenuto più adatto a te, scegliendo tra tutti coloro che sono disponibili in Italia e dandoti la possibilità di cambiarlo per qualsiasi motivo, affiancandoti il team di Serenis per qualsiasi esigenza, anche una volta iniziato il percorso».

Per rendere accessibile la piattaforma, Wang e la sua squadra hanno tolto il vincolo geografico, pensando anche a chi vive in un paesino remoto, per esempio, che offre un unico terapeuta che «magari non è adatto a te».

Le sedute online permettono anche a chi ha poco tempo di dedicarne un po’ alla propria salute mentale: «Questo riguarda soprattutto le donne e da mamma, poi, ci tengo molto a questo aspetto».

Anche il prezzo vuole essere abbastanza accessibile: il primo colloquio è gratuito, poi costa 49 euro. Una cifra più bassa della media italiana, di circa 60 euro ad appuntamento. L’aspetto economico, per alcune persone, è uno di quelli che rendono la terapia un miraggio e per questo nel suo decalogo di consigli, Serenis cita anche i servizi di supporto gratuito come il Progetto Itaca e quello della Croce Rossa, il Telefono Azzurro e MamaChat.

Anche il bonus psicologo lanciato dal governo durante la pandemia ha voluto supportare chi non può permettersi di prendersi cura della propria salute mentale. «È bello che si siano accorti di quanto fosse importante questo tema. I 25 milioni messi a disposizione non sono affatto pochi, ma su 400mila richieste ne hanno accettate un decimo: è la dimostrazione che c’è sempre più bisogno di occuparsi di benessere mentale, non esclusivamente con un bonus e non solo durante una pandemia», sottolinea Wang.

«Il termine bonus mostra anche la mancanza di un’etica e di una cultura in merito alla salute mentale: fin quando sarà vista come una cosa accessoria, non ce ne occuperemo veramente. Il benessere mentale è parte integrante di noi e non bisogna pensare a quanto possiamo dare a un paziente, ma a quanto gli serve per stare meglio. Perché magari a qualcuno servono tre sedute, ad altri due, a prescindere dall’Isee. Ogni condizione è diversa e più se ne parla, più questo stigma sarà abbattuto. Il problema dell’accessibilità sta proprio qui».

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