Ambiente

Com’è finita Cop15?

Il vertice Onu sulla biodiversità si è concluso con la firma del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework. 23 obiettivi da raggiungere entro il 2030 per proteggere gli ecosistemi e i loro abitanti
Huang Runqiu, ministro cinese dell'ecologia e dell'ambiente, durante la cerimonia di apertura della seconda fase di Cop15, il 7 dicembre 2022
Huang Runqiu, ministro cinese dell'ecologia e dell'ambiente, durante la cerimonia di apertura della seconda fase di Cop15, il 7 dicembre 2022 Credit: Zou Zheng/Xinhua via ZUMA Press
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20 dicembre 2022 Aggiornato alle 07:00

Giunge a conclusione il vertice delle Nazioni Unite sulla biodiversità (Cop15), che si è tenuto a Montréal in Canada, dal 7 al 19 dicembre. L’obiettivo principale è stato quello di invertire la rotta negativa dettata dallo sviluppo industriale odierno che ha intaccato profondamente l’ecosistema, migliorando i target per il 2030 e cercando di rimediare al pesante fallimento degli Aichi targets previsti per il 2020, dove nessun obiettivo è stato pienamente raggiunto.

Dopo giorni di tensione, stalli nelle trattative - con il rischio dell’ennesimo insuccesso - i delegati di quasi 200 nazioni hanno raggiunto un nuovo accordo, il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework che stabilisce una nuova serie di obiettivi per questa decade, da realizzare compiutamente entro il 2030. «È davvero un momento che segnerà la storia, come ha fatto l’Accordo di Parigi per il clima», ha dichiarato il ministro canadese dell’ambiente e del cambiamento climatico Steven Guilbeault, mentre il Commissario Ue per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevicius, ha rimarcato che «la natura è la nostra nave. Dobbiamo assicurarci che stia a galla».

L’Accordo prevede il mantenimento, il miglioramento e la restaurazione degli ecosistemi, cercando di fermare l’estinzione di massa in corso delle specie animali e vegetali. Inoltre prevede una serie di risorse finanziarie atte a proteggere gli habitat naturali e i loro abitanti, soprattutto le popolazioni indigene a rischio. In totale 23 obiettivi da conseguire nei prossimi 8 anni.

Entro la fine del decennio il 30% delle terre e delle acque del Pianeta dovranno essere protette, migliorando nettamente l’azione legislativa dei governi. Sono previsti inoltre 200 miliardi di dollari per il supporto della biodiversità entro il 2030, mentre altri 500 miliardi potranno essere recuperati dalla riforma o cancellazione dei sussidi dannosi dedicati all’industria agroalimentare e a quella delle risorse fossili.

A partire dal 2025 saranno destinati circa 20 miliardi ai Paesi più poveri da parte delle nazioni più ricche, con un aumento fino a 30 miliardi dopo il 2030. Infine sono previste una serie di azioni legali per contrastare lo sfruttamento delle risorse naturali, le illegalità presenti nello sviluppo economico attuale, al fine di ridurre l’impronta ecologica e proteggere le minoranze, le comunità indigene e le popolazioni più a rischio.

Ma, nonostante le svolte positive e l’eliminazione del controverso punto Nature Positive - che prevedeva la possibilità di attuare attività dannose compensandole con un risarcimento economico - «rimangono ancora diverse scappatoie, un linguaggio debole e tempistiche attorno ad azioni che non sono adeguate per la portata della crisi a cui tutti stiamo assistendo e, cosa importante, potrebbero non sommarsi per raggiungere questo obiettivo globale condiviso», ha ammonito Marco Lambertini, leader del Worldwide Fund for Nature.

Rimane inoltre problematico l’atteggiamento degli Stati Uniti che, come nazione, non ha mai ratificato la Convenzione sulla diversità biologica del 1992 e il cui Governo ha recitato un ruolo minore a Cop15, mentre il premier canadese Justin Trudeau ha esortato le grandi nazioni come Russia, Canada, Cina, Usa e Brasile a fare tutto il possibile per realizzare gli obiettivi proposti entro il 2030.

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