Ambiente

Accendiamo i riflettori su Cop15

È iniziata il 7 e terminerà il 19. L’obiettivo è dotare il Pianeta di un piano per la tutela della biodiversità. Eppure, a fine novembre nella lista degli accreditati risultavano solo 3 giornalisti italiani
Il primo ministro canadese Justin Trudeau durante la cerimonia di apertura della Cop15, il 6 dicembre 2022
Il primo ministro canadese Justin Trudeau durante la cerimonia di apertura della Cop15, il 6 dicembre 2022 Credit: Paul Chiasson/The Canadian Press via ZUMA Press
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9 dicembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Il più importante negoziato del decennio che la stampa italiana e il governo hanno deciso di ignorare. Dal 7 al 19 Dicembre, a Montréal in Canada, si terrà Cop15, l’incontro finale per dotare il Pianeta di un piano decennale sulla tutelata della natura e biodiversità, per fermare il collasso economico e le gravi instabilità socio-politiche che esso determina.

Il Post-2020 Global Biodiversity Framework, questo il nome dell’accordo, dovrà essere un piano con 23 azioni che contribuiranno grandemente alla lotta per il cambiamento climatico, alla tutela dei servizi ecosistemici, alla conservazione della sicurezza alimentare globale. Eppure pochi giornali ne hanno parlato, niente comunicati stampa, a eccezione del WWF e Greenpeace International, pochi annunci da parte di aziende e istituzioni, nemmeno gli attivisti sono scesi in strada, hanno fermato il traffico o imbrattato l’ennesia opera d’arte destinata a rappresentare una civiltà che si sta autodistruggendo. L’umanità è un’arma di estinzione di massa ha detto il segretario Onu Guterres, che non sa più che metafore catastrofiche inventare per catturare l’evanescente attenzione mediatica,

Il Global Biodiversity Framework è l’accordo gemello dell’Accordo di Parigi, la risoluzione per mitigare le emissioni approvata in seno all’Onu da 196 Paesi, e mai come oggi di fronte a una estinzione di massa, paragonabile a quella dell’epoca dei dinosauri, ma così scarsamente compresa e sottovalutata, serve firmare un impegno globale ambizioso.

I numeri sono noti: oltre 1 milione di specie estinte già oggi, le popolazioni globali di mammiferi, uccelli, pesci, anfibi e rettili sono crollate del 68% tra il 1970 e il 2016, sempre più ecosistemi sono sul punto di collasso dalle barriere coralline alla foresta pluviale amazzonica e del Congo, 50% del PIL mondiale dipende direttamente dai servizi ecosistemici.

Forse è meno chiaro l’impatto della perdita di biodiversità: in un Pianeta reso sempre meno sicuro dal cambiamento climatico, la predita della biodiversità ci espone ulteriormente a nuovi rischi di sicurezza nazionale e alimentare. Immagina cosa può significare l’estinzione degli impollinatori in un Paese con una grande biodiversità alimentare e milioni di lavoratori nel settore agrifood? Immagina cosa significhi per il settore delle biomasse la proliferazione di specie invasive senza nemici naturali in grado di devastare milioni di ettari di boschi? Il costo dei servizi persi è salatissimo, oppure non ci interessiamo neanche più della nostra prosperità incapaci di ragionare in maniera sistemica sul nostro futuro, cinici verso le generazioni future?

Se a Cop27 sul clima, a Sharm el Sheikh, si è vista una nutrita presenza di colleghi e colleghe della stampa, molti estremamente capaci e determinati, nella lista dei giornalisti accreditati ricevuta a fine novembre risultavano solo 3 giornalisti italiani (incluso il sottoscritto). Dal ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica non verrà Gilberto Pichetto Fratin, ma solo la viceministra Vannia Gava, nota per le sue posizioni pro-triv nell’Adriatico, segnale dello scarso interesse al negoziato, ma anche mandato politico per l’insuccesso dell’incontro.

Non ci saranno annunci, né codazzi di giornalisti, come se si trattasse di una conferenza qualsiasi, di uno dei tanti incontri. Eppure Cop15 è più importante di un accordo di pace tra Russia e Ucraina, più necessario di un G20 per risanare le fratture geopolitiche globali. Si alzerà il coro dei soliti cassandra che diranno “ma sì i negoziati non servono a niente”, “tutto rimane come prima”, eccetera.

Ebbene, senza l’Accordo di Parigi sul clima oggi migliaia di aziende non avrebbero piani di decarbonizzione, non ci sarebbe attenzione mediatica, le proteste dei giovani sarebbero un circo da social e non un tema di dibattito nelle scuole. L’inversione di rotta non è certo completa, ma i segnali sono tanti, e l’alternativa sarebbe il business-as-usual. Ecco perché serve dare massima visibilità a questo incontro. Le priorità nell’agenda setting sono importanti, e Cop15 è al vertice di ogni agenda interessata a tutelare la vita sulla terra, l’economia e la sicurezza nazionale.

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