Diritti

Occupy Schlein. Pochi spazi politici liberi per la sua idea di Pd

Bonaccini è il vincitore delle primarie democratiche che tutti si aspettano. E c’è una ragione
Elly Schlein durante la trasmissione televisiva ''Otto e mezzo'', il 02 dicembre 2022
Elly Schlein durante la trasmissione televisiva ''Otto e mezzo'', il 02 dicembre 2022 Credit: ANSA/ETTORE FERRARI
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10 dicembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Che la corsa per la guida del Partito Democratico sia aperta, priva di un vincitore designato, non c’è dubbio. In una battaglia interna tra l’ala riformista rappresentata da Stefano Bonaccini e la sinistra identitaria di Elly Schlein, militanti e simpatizzanti che andranno a votare per le primarie rischiano di dimenticare che l’obiettivo delle primarie e del percorso congressuale non può essere solo quello di vedere rispecchiati i propri ideali o la propria visione del mondo, ma anche quello di provare a vincere le elezioni.

Un leader e una linea servono esattamente a questo e sotto questo aspetto le chances di Schlein sembrano decisamente più limitate. Eppure la sua candidatura sembra cadere in un momento storico favorevole, nel quale un certo radicalismo riprende vita tanto a sinistra quanto a destra: “Se non ci fosse Giorgia, non ci sarebbe Elly”, riassumeva piuttosto acutamente Marco Gervasoni sul Giornale.

Non che Schlein sia priva di storia politica e nasca esclusivamente in opposizione a Meloni, ma ne è il perfetto contraltare identitario. Eppure il campo di Schlein sembra ampiamente presidiato. Sulla lotta alla povertà e alle diseguaglianze dal Movimento 5 Stelle, la cui bandiera è quel reddito di cittadinanza che oggi nessuno, a sinistra, si azzarderebbe a toccare; sull’ambiente e sulla transizione energetica sempre dalle donne e dagli uomini di Conte, che su quei temi hanno costruito il successo politico del Partito fin dalla fondazione a opera di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. La mitologica “lotta al neoliberismo” si scontra innanzitutto col fatto che la presenza dello Stato nell’economia italiana è profonda e radicata, con 5 delle prime 20 aziende quotate che sono di proprietà pubblica, un pressione fiscale oltre il 43% e una spesa pubblica esplosiva.

Ma anche col fatto che la destra di Governo è ben lontana dall’essere quella liberale di stampo tatcheriano o reaganiano, orientata allo Stato minimo: per certi versi e in certi ambiti, come quello dell’agricoltura e dell’alimentare, la mitologica lotta al neoliberismo è diventata patrimonio proprio dei sovranisti.

Restano le battaglie per i diritti e quelle sull’immigrazione. Su queste ultime per ora si registra solo l’opposizione netta alle politiche dell’attuale esecutivo, ma non una visione delle cose da fare per gestire un fenomeno epocale.

Chissà, forse un partito guidato da Schlein potrebbe anche farcela. Le ultime tornate elettorali italiane, a guardarle con occhio distaccato, hanno regalato sempre un certo divertimento: l’ascesa fulminante di Renzi e il suo crollo, l’esplosione di consensi di Salvini e relativo precipizio, il successo impensabile dei 5 Stelle o l’esito del referendum sulle trivelle. Ma a militanti e simpatizzanti del Pd converrà rischiare?

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