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Chi è Giancarlo Giorgetti?

Nato nel ‘66 in provincia di Varese, l’ex commercialista, bocconiano e leghista, è il nuovo ministro dell’Economia
Credit: ANSA/ ANGELO CARCONI
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25 ottobre 2022 Aggiornato alle 17:00

In un partito di canotte bossiane e felpe salviniane, lui è quello con la camicia.

Giancarlo Giorgetti è il nuovo ministro all’Economia.

Considerato l’eminenza grigia della Lega, Giorgetti nasce nel 1966 a Cazzago Brabbia (Varese).

Laureato alla Bocconi, lavora come commercialista e revisore contabile.

Ma la sua passione è la Lega. Il giovane Giorgetti ci entra non ancora trentenne.

Il leader Umberto Bossi lo prende in simpatia. «È uno che ne capisce di economia», confida.

Entra in Parlamento nel 1996 e non ne esce più, ricoprendo anche il ruolo di presidente della commissione Bilancio della Camera dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2013.

Nel 2013, tra l’altro, viene nominato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano membro del Gruppo dei Saggi che dovrebbero elaborare riforme istituzionali ed economiche per il prossimo governo.

Durante il suo primo periodo da presidente della commissione Bilancio è protagonista di un tentativo di corruzione.

Gianpiero Fiorani della Banca Popolare di Lodi (uomo chiave nel rapporto tra politica e finanza arrestato nel 2005 per le scalate dei “furbetti del quartierino”) si presenta nel suo ufficio alla Camera con 100.000 euro in contanti, nascosti dentro una copia di Repubblica, mentre Giorgetti era assente. Giorgetti restituisce la mazzetta, ma non denuncia ai carabinieri quanto accaduto.

Nel corso degli anni Giorgetti si guadagna il titolo di “Gianni Letta della Lega”.

Si occupa da decenni dei rapporti con gli altri partiti, le istituzioni e le sedi diplomatiche stranieri. Attività che lo portano a essere accusato di essere troppo mischiato con i poteri forti. Tanto che Bossi lo affronta davanti a tutti. «Ma è vero che ti sei iscritto alla massoneria?», gli chiede. Lui nega: «Magari! Se lo fossi mica sarei qui!».

Il ruolo da pontiere lo fa percepire spesso come faccia più rassicurante, per investitori ed establishment, rispetto a Salvini, considerato più populista e impulsivo. I due differiscono anche per carattere: tanto il segretario leghista è estroverso e comunicatore, tanto il suo braccio destro è schivo e timido.

Nel 2018 diventa sottosegretario alla Presidenza del consiglio nel governo Conte 1 a maggioranza gialloverde. Dopo la nomina mette in guardia i ministri leghisti: «Tenetevi una foto di Matteo Renzi sulla scrivania. Abbiamo un’opportunità, ma fate attenzione. Ricordatevi che quattro anni fa il segretario del Pd aveva il 40%. E cosa è rimasto di quel 40% pochi mesi dopo». Più che un avvertimento, una profezia.

Nel frattempo il governo Conte I cade, ma passano meno di due anni e anche il secondo esecutivo guidato da Conte non si sente troppo bene. Inizia a circolare il nome di Mario Draghi come possibile nuovo premier. Giorgetti non ha dubbi: «Draghi è come Ronaldo, non puoi lasciarlo in panchina». Ma i compagni del Fenomeno li sceglie il fenomeno.

E Draghi lo vuole al suo fianco al ministero dello Sviluppo economico. Il rapporto tra i due è ottimo. Causa anche degli attriti tra Salvini, sempre tentato dall’opposizione, e Giorgetti, convinto governista.

Addirittura nei giorni successivi alla rielezione di Mattarella a presidente della Repubblica, girano le voci di vere e proprie dimissioni del ministro leghista.

Alla fine il governo cade. Anche grazie alla Lega. Giorgetti si adegua. La sua fama da pontiere e moderato lo aiuta ancora una volta. Quando Meloni deve scegliere il suo ministro dell’Economia prima pensa a un tecnico, ma raccoglie solo “no”, come quello dell’economista Fabio Panetta.

Così il pensiero va a Giorgetti. Il suo predecessore, Daniele Franco, lo benedice in un’intervista al Corriere: «Lo conosco da parecchi anni e credo sarebbe adattissimo per questo ruolo».

Ora inizia la sfida. A cominciare dalla Legge di bilancio.

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