Culture

Blonde, non il solito biopic

Il film di Andrew Dominic sulla star del cinema, interpretata da Ana de Armas, divide sia pubblico che critica. Ma lascia il segno
La «ricostruzione» della famosa scena di Gli uomini preferiscono le bionde, in Blonde di Andrew Dominik. Il film, visibile su Netflix dal 28 settembre, è ispirato al romanzo omonimo di Joyce Carol Oates (La Nave di Teseo) ed è interpretato da una magnifica Ana de Armas (34 anni), già Bond Girl in No Time di Die. Foto Netflix
La «ricostruzione» della famosa scena di Gli uomini preferiscono le bionde, in Blonde di Andrew Dominik. Il film, visibile su Netflix dal 28 settembre, è ispirato al romanzo omonimo di Joyce Carol Oates (La Nave di Teseo) ed è interpretato da una magnifica Ana de Armas (34 anni), già Bond Girl in No Time di Die. Foto Netflix
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
16 ottobre 2022 Aggiornato alle 17:00

La bionda d’America. L’iconica figura della star di Hollywood dall’aria innocente, con i boccoli acconciati da un lato, colta all’improvviso dal vento che le solleva il seducente vestito bianco.

La prima scena di Blonde, presentato al Festival di Venezia e disponibile ora su Netflix, ci restituisce Marilyn Monroe - interpretata da una languida Ana de Armas, che ne rievoca il fascino, ma anche la vulnerabilità attraverso movenze e timbro di voce - per come la maggior parte di noi la conosce.

Un preambolo destinato a subire un tragico rovesciamento nel resto della pellicola di Andrew Dominik: quasi 3 ore di film, girate alternando il colore al bianco e nero e l’inquadratura in 4:3 a quella in 16:9.

Dopo aver portato al cinema la vita del criminale Mark Brandon Read in Chopper, la storia dei due leggendari banditi in L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford e aver realizzato ben due documentari sul cantante Nick Cave, il regista rivoluziona l’impianto stilistico del biopic. Il lungometraggio, definito da alcuni pretenzioso, ma che sicuramente offre un ritratto inedito di una delle celebrità più famose della Storia, è ispirato all’omonimo romanzo scritto da Joyce Carol Oates. Romanzo, non biografia.

Occorre partire da una premessa di fondo, infatti: il film, in una serie di balzi temporali, dà per presupposta la conoscenza da parte dello spettatore della vita della diva, degli eventi e delle persone che ne segnarono in un senso o nell’altro il corso, e racconta un processo di deflagrazione umana e decostruzione del mito di Marilyn Monroe.

L’elemento cardine su cui si sviluppa l’intera trama è l’inconciliabile dualismo tra Marilyn, l’attrice idolatrata e desiderata da tutti, e Norma Jean, una ragazza turbata dai disturbi psichici della madre – strazianti le digressioni sulla sua infanzia – ferita dagli uomini, primo fra tutti il padre, figura idealizzata e cercata ossessivamente per anni.

Marilyn e Norma sono due linee rette che non si incontrano mai, o quasi, in un film che racconta innanzitutto della perdita di sé e della propria identità, ma anche del desiderio, a volte disperato e implacabile, di essere amati. Il titolo stesso contiene in sé una crudezza disarmante: Blonde, “bionda”, un’etichetta, un aggettivo applicato a un fantoccio, a una persona ridotta a personaggio e consacrata – o relegata – a ruolo di icona.

Le musiche composte proprio da Nick Cave e Warren Ellis hanno il potere di sprigionare un’atmosfera onirica, mentre le scene assumono pian piano la consistenza di visioni, sogni, sempre più spesso di incubi. In special modo grazie a Chayse Irvin che mette a punto una fotografia ambivalente, che da una parte riproduce fedelmente pose, scatti e ambientazioni per ricreare l’immagine fulgida di una diva d’altri tempi e al contempo disvela, in un crescendo di angoscia, le ombre, i demoni, e infine la follia e la profonda infelicità di una donna come tante.

Ciò che ne risulta è un film denso, doloroso persino per gli occhi, ma che di certo resterà impresso nella memoria collettiva, tra le pellicole più vivide sulla vita di Marilyn Monroe.

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