Ambiente

L’Atlantico si surriscalda (a causa nostra)

Grazie a intelligenza artificiale e modelli climatici, gli scienziati del Cnr guidati dal fisico Antonello Pasini hanno dimostrato che polveri sottili ed emissioni prodotte dall’uomo stanno “infiammando” l’oceano
Il professore Antonello Pasini
Il professore Antonello Pasini Credit: via PrismaMagazine.com
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15 ottobre 2022 Aggiornato alle 17:00

Uno dei problemi più sottovalutato al mondo è il surriscaldamento degli oceani.

Le temperature crescenti dei mari influenzano il clima, favorendo l’intensità dei fenomeni estremi, e stravolgono gli ecosistemi marini dagli impatti sui coralli sino ai cambiamenti nelle dinamiche degli equilibri delle specie.

Il mare ha oggi meno ossigeno, è più caldo e acido, eppure è sempre complesso dimostrare quanto dietro a queste condizioni che potrebbero apparire naturali ci sia lo zampino dell’uomo.

In una nuova ricerca guidata dal Cnr, coordinata dal Fisico del Clima Antonello Pasini e realizzata in in collaborazione con Stefano Amendola, del Centro di montagna dell’Aeronautica militare ed Emmanuel Federbusch della Ecole National Supérieure de Techniques Avancées di Parigi, viene però dimostrata proprio una di queste relazioni: ovvero come l’azione antropica condiziona la temperatura nell’oceano Atlantico.

Nell’analisi pubblicata su Theoretical and Applied Climatology il Cnr ha cercato di stabilire quanto inquinamento atmosferico, in particolare quello collegato a gas serra e a polveri sottili, potesse giocare un ruolo chiave o meno nel surriscaldamento delle acque superficiali atlantiche.

«Nell’Oceano Atlantico è stato registrato che le acque superficiali si riscaldano e si raffreddano con un periodo di circa 60 anni in una oscillazione nota come Atlantic multidecadal oscillation (Amo), facendo pensare a un ciclo della variabilità naturale», spiega Antonello Pasini. Ma è davvero colpa della natura questo cambiamento?

«Abbiamo verificato l’evoluzione temporale di Amo negli ultimi 150 anni tramite un modello di intelligenza artificiale a reti neurali sviluppato dal Cnr-Iia per analisi climatiche, esplorando gli eventuali legami tra il comportamento di Amo e gli influssi esterni sul sistema clima, sia naturali che antropogenici e il primo risultato del nostro studio - annuncia il ricercatore - è che questo andamento non appare come una manifestazione della variabilità naturale del clima, ma viene guidato da cause esterne di cambiamento».

Queste cause esterne sono a esempio l’andamento della radiazione solare e la presenza di elementi naturali come le polveri vulcaniche, ma anche la concentrazione di gas serra e la presenza di polveri contenenti solfati emesse dalle azioni umane in combustioni sporche, come quelle di petrolio contenente zolfo.

Già, ma quali fra gli influssi naturali e quelli legati alle azioni dell’uomo hanno influenzato davvero il surriscaldamento dell’Atlantico?

Pasini spiega che «per capire quali di questi elementi esterni siano più importanti per guidare l’andamento di Amo abbiamo analizzato cosa sarebbe successo nel passato nel caso in cui uno degli influssi, anziché variare, fosse rimasto stazionario o costante. Abbiamo visto che gli influssi naturali non influenzano l’andamento di Amo, mentre quelli di origine umana sì. E, tra questi, ciò che massimamente ha creato l’oscillazione con periodo di 60 anni è stata la variazione avvenuta nelle polveri contenenti solfati».

In sostanza, a incidere maggiormente sono state le polveri collegate alle combustioni fossili.

Preso atto dell’ingerenza umana, guardando al futuro grazie al nuovo modello di intelligenza artificiale è stato poi possibile anche prevedere l’andamento di Amo nei prossimi decenni per esempio sotto vari scenari futuri di emissione. «Molto probabilmente, da oggi a fine secolo, Amo perderà la sua oscillazione caratteristica, rimanendo invece nella sua fase positiva, più o meno marcata in relazione allo scenario che si avvererà. Tutto ciò potrà avere un impatto molto forte sul clima di tutti i continenti che si affacciano sull’Atlantico, a esempio con un’aumentata attività degli uragani atlantici e una diminuzione di piogge sul Brasile nord-orientale, ma anche con un possibile aumento di precipitazioni sulla fascia africana del Sahel. L’Europa potrebbe assistere a un aumento di piogge in estate nella sua parte nord-occidentale», spiega Pasini.

«Certamente - chiosa il ricercatore del Cnr - scoprire che anche dinamiche che apparivano naturali sono invece guidate dai nostri influssi deve far aumentare la consapevolezza delle responsabilità passate, ma anche di quelle cui siamo chiamati in futuro per evitare ulteriori derive del clima verso scenari incerti».

Un chiaro avvertimento che risulta ancor più prezioso a poche settimane dal via della COP27 in Egitto, la Conferenza delle parti sul Clima in cui si prenderanno decisioni cruciali su come affrontare l’emergenza climatica che avanza.

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