Economia

L’economia russa è al collasso. Ecco perché

Nonostante Putin cerchi di offrire un’immagine rassicurante del Paese, declino di import ed export, Pil in calo del 4%, arretrati salariali e perdita di importanti partner commerciali descrivono una Russia in difficoltà
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26 settembre 2022 Aggiornato alle 16:00

Insufficienti dati precisi giungono in Occidente da marzo 2022. Putin maschera le informazioni e la censura fa la sua parte. La guerra continua, Mosca richiede la mobilitazione parziale del popolo russo, l’Europa, nel frattempo, resiste con le sanzioni.

Ciò nonostante, il Presidente russo continua a disegnare un’immagine rassicurante della situazione economica del suo Paese.

Pochi giorni fa, il 12 settembre, Vladimir Putin ha tenuto un incontro su alcune questioni economiche, in cui dovevano essere approvati i principi delle proiezioni di bilancio per i prossimi tre anni.

A parlarne è il Kommersant, quotidiano politico-finanziario russo, secondo cui durante la riunione il Presidente ha ribadito che l’economia russa si sta gradualmente stabilizzando, prendendo la via della crescita, affrontando al meglio le pressioni esterne, Putin parla di «mantenere un equilibrio del bilancio federale, per risolvere con sicurezza e coerenza i compiti di modernizzazione dell’economia».

Stabilità, equilibrio, crescita, termini che dovrebbero rassicurare il popolo russo ma la situazione è ben diversa.

L’apparente ottimismo, viene smascherato da una serie di valutazioni chiarificanti.

In primo luogo, occorre sottolineare la perdita in sei mesi di guerra di un avanzo di bilancio di venti miliardi, che si è assestato a una cifra di 2,2 miliardi di euro (0,1% del prodotto lordo russo).

L’attivo di bilancio di Mosca si è ridotto di dieci volte in 100 giorni.

Secondo i dati ufficiali, nel secondo trimestre del 2022, il Pil è calato del 4% su base annua.

Anche tra la popolazione si muovono alcune preoccupazioni: il Kommersant fa notare che la quota dei russi che risparmia su acquisti costosi è aumentata dal 45% al 56%.

Recentemente, è giunta notizia, tra l’altro, che dipendenti di varie società russe stanno soffrendo di arretrati salariali (i dipendenti della Cnii Electronica, un appaltatore del colosso tecnologico statale Rostec, hanno inviato una denuncia per arretrati salariali allo stesso Vladimir Putin).

Per quanto riguarda le importazioni i limiti imposti a Mosca iniziano a farsi sentire: un esempio proviene dal settore aereo.

Non essendo i pezzi di ricambio acquistabili all’estero, si è intrapresa la via della rimozione.

In poche parole, vengono rimosse alcune parti da un velivolo per farne volare un altro, una pratica rara, che secondo Reuters non si è mai verificata su una scala simile.

Nel contempo, le sanzioni sull’esportazioni provocano un’ulteriore perdita per le finanze russe, ed è solo l’inizio calcolando che nel 2023 l’Unione europea cesserà di acquistare petrolio russo.

L’Ue è infatti il principale partner commerciale della Russia, costituendo il 37,3% del commercio totale di merci del Paese.

Uno studio della School of Management e del Chief Executive Leadership Institute dell’Università di Yale descrive in dettaglio l’efficacia delle sanzioni internazionali e dei ritiri di attività, ecco alcuni dati: riduzione del 20% dei consumi e della vendita al dettaglio, 1000 compagnie estere hanno bloccato le loro operazioni in Russia, il declino delle importazioni è aumentato del 50%, circa 500.000 persone sono fuggite dalla Russia.

Tuttavia, il Cremlino pensa di rispondere tassando gli extraprofitti dell’energia, ma non sarà questo a frenare le difficoltà.

A confermare la validità delle sanzioni è il segretario di stato americano Antony Blinken, il quale in una recente intervista, afferma che: «Economicamente, le sanzioni che abbiamo imposto alla Russia per porre fine alla sua aggressione stanno avendo un effetto potente e anche crescente. […] Ora, Mosca ha raccolto dati economici per supportare l’insistenza del presidente Putin sul fatto che tutto va bene e che l’economia russa sta andando forte. Semplicemente non è vero».

Le sanzioni funzionano. I risultati si iniziano a vedere, e alcuni studi confermano che si vedranno a lungo termine, cominciando a subire i peggiori effetti delle sanzioni nella seconda metà del 2023. Forse ci aspettavamo un impatto dirompente e immediato, eppure, sorgono le prime risposte. Per il futuro dell’economia russa non si prospettano giorni felici.

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