Ambiente

Reti idriche: un appello alla lungimiranza

Ogni giorno si disperdono 156 litri per abitante a causa delle infrastrutture mal ridotte. Un problema ormai cronico che porta a conseguenze e perdite devastanti. Bisogna investire sull’innovazione
Lago di Vagli, Toscana
Lago di Vagli, Toscana Credit: Fabio Santaniello Bruun/unsplash
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17 settembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Estate 2022, aprendo un qualsiasi giornale si susseguono gli articoli che parlano dell’emergenza idrica nel nostro paese. Purtroppo è triste sottolineare quanto questa “emergenza” si stia ormai ripetendo da parecchi anni e che, quindi, più che di un’emergenza si tratti di un problema cronico che non fa che peggiorare di anno in anno complice anche il cambiamento climatico.

Il report dell’Istat del 22 marzo 2021 sulla situazione delle reti acquedottistiche italiane recitava: “Perdite idriche in distribuzione in costante aumento”.

Nel 2018, per garantire il livello di consumo, sono immessi in rete 8,2 miliardi di metri cubi, a fronte dei 4,7 erogati per usi autorizzati. La percentuale di perdite idriche totali della rete nazionale di distribuzione dell’acqua potabile è del 42,0%: ogni 100 litri immessi nel sistema, ben 42 non sono consegnati agli utenti finali. Per le cattive condizioni dell’infrastruttura idrica si disperdono 3,4 miliardi di metri cubi: 156 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo giornaliero pro capite di 215 litri (valore nazionale), le perdite potrebbero garantire le esigenze idriche di circa 44 milioni di persone in un anno. Circa una provincia/città metropolitana su due ha perdite idriche totali in distribuzione superiori al dato nazionale. Nelle perdite idriche, le differenze territoriali e infrastrutturali ripropongono la consolidata geografia di un gradiente Nord-Sud, con le situazioni più critiche concentrate nelle aree del Centro e del Mezzogiorno.

Le perdite sono legate di fatto all’obsolescenza delle condotte, il 36% delle quali ha un’età compresa tra i 31 e i 50 anni mentre il 24% ha un’età superiore ai 50 anni.

Le conseguenze sono evidenti: aumentano drasticamente gli interventi di riparazione e di conseguenza diminuiscono i fondi disponibili per una messa in sicurezza più razionale e per lo sviluppo delle reti stesse, contribuendo talvolta a situazioni di vera emergenza come nel caso delle crisi di siccità nelle estati degli ultimi anni. Scatta quindi la necessità di generare un circolo virtuoso in cui investire in innovazione non solo sia obbligatorio, ma anche conveniente.

I dati raccolti da Energy & Strategy del Politecnico di Milano disegnano una rete di condotte per il trasporto e la distribuzione di acqua costituita al 33% da tubazioni in acciaio un materiale che, una volta interrato diviene naturalmente soggetto al fenomeno spontaneo della corrosione che gioca un ruolo primario nell’invecchiamento e nella perdita di integrità delle condotte interrate.

Legate alla corrosione vi sono la mancata sicurezza delle infrastrutture (rotture o danni a terzi), la perdita della preziosa risorsa trasportata, la possibile alterazione della qualità dell’acqua, l’aumento dei costi di gestione (riparazioni, maggiori pompaggi) e la diminuzione della vita utile dell’infrastruttura con la mancata reddittività dell’investimento che ne consegue.

Ad oggi il contrasto al degrado della rete idrica si basa quasi sempre, a esclusione di pochi casi virtuosi, nella ricerca delle perdite esistenti e la loro riparazione. Tali azioni non sono però sufficienti ad affrontare la situazione nel medio/lungo periodo. Anche prevedendo, come indicato nelle misure legate ai finanziamenti del Pnrr, la sostituzione di centinaia di km di linee interrate con nuove condotte in acciaio, particolari fenomeni di corrosione dovuta ad accoppiamenti galvanici e ad areazione differenziale potrebbero mettere a rischio l’integrità proprio delle infrastrutture più nuove e protette dai rivestimenti più performanti.

Diviene necessario un reale cambio di paradigma nella gestione dell’integrità delle infrastrutture. Risulta fondamentale abbandonare l’approccio attuale che si limita a una incessante ricerca e riparazione delle perdite per muoversi verso una filosofia di prevenzione che permetta di impedire, a priori, che la maggior parte delle perdite si verifichino. La rete idrica italiana costituisce un enorme capitale infrastrutturale che vanta una lunghezza complessiva di 295.000 km. Diviene quindi necessario per chi ha la responsabilità di garantirne l’integrità, agire con lungimiranza e traguardare un futuro che vada oltre la riduzione immediata delle perdite esistenti, superando una miopia spesso dettata da falsi preconcetti come l’idea che le perdite d’acqua non possano costituire un pericolo per cose e persone. Questo non significa abbassare la guardia verso il tema della manutenzione e presidio della rete, ma adottare tecnologie in grado di impedire l’instaurarsi di fenomeni corrosivi potenzialmente distruttivi.

Tali tecnologie esistono: non si tratta di sperimentazioni futuristiche o di azzardi tecnologici, ma di tecniche collaudate che da decine di anni sono utilizzate nel settore del trasporto e della distribuzione del gas.

Tra gli strumenti a disposizione degli operatori, la protezione catodica (PC) gioca, assieme alle altre tecniche di protezione (ad es. i rivestimenti), un ruolo chiave nella prevenzione della corrosione, fornendo uno strumento utile alla conservazione delle reti stesse e alla garanzia della continuità del servizio; questo soprattutto se già previsto in fase di progettazione delle nuove infrastrutture o adeguamento di quelle esistenti. Le tecniche di protezione catodica non sono in grado di riparare quanto già compromesso, non sono applicabili a tubazioni in materiale plastico e difficilmente utilizzabili su tubazioni in ghisa, ma giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione del danneggiamento di condotte nuove in acciaio, che vengano installate in sostituzione di strutture obsolete.

I sistemi di monitoraggio associati alla PC consentono di mantenere il controllo dei potenziali di corrosione con strumenti integrati di telecontrollo degli impianti. La predisposizione di punti di misura, dotati di collegamento elettrico alla tubazione e muniti di elettrodi di riferimento e sonde, permettono una verifica costante dei livelli di polarizzazione delle strutture oltre a consentire, attraverso l’utilizzo di registrazioni continue, l’identificazione della presenza di eventuali correnti disperse nei terreni in grado di generare interferenze elettriche non stazionarie dovute alle eventuali interazioni con sistemi di trasporto a trazione elettrica (ferrovie, metropolitane, tramvie).

Il settore idrico, tenuto conto delle sue le sue complessità e peculiarità, può essere accostato al settore gas. Quest’ultimo per l’evoluzione sotto il profilo normativo, può essere considerato un modello virtuoso di riferimento. In particolare per le “strutture gas” metalliche interrate la protezione catodica è resa obbligatoria dal 2008 con i D.M. 16/04/2008 e D.M. 17/04/2008, relative rispettivamente alla distribuzione e al trasporto di gas e la corretta applicazione e l’efficacia dei sistemi di protezione catodica delle reti gas è annualmente verificata dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti Ambiente (ARERA) responsabile anche della verifica della qualità del servizio nel settore del trasporto e distribuzione dell’acqua per il quale una regolamentazione di legge sull’applicazione della protezione catodica a oggi non esiste ancora.

Alla luce di quanto sin qui esaminato sia sul fronte normativo che tecnico, è possibile affermare che la PC è una tecnica di prevenzione e controllo della corrosione con alto grado di affidabilità e che progettare la posa di una nuova condotta interrata senza prevedere un sistema di protezione catodica dedicato sia un grave errore in termini di gestione e di garanzia di integrità delle strutture.

Per questa ragione diviene importante che ciascun attore eserciti il proprio ruolo: Governo e Parlamento dovrebbero prendersi carico di emanare leggi adeguate, ARERA sostenere gli investimenti attraverso un sistema di incentivazione, vigilando nello stesso tempo sulla qualità del servizio, le aziende investire nell’adeguamento delle loro infrastrutture alle tecnologie esistenti e alla formazione tecnica del loro personale, mentre alle associazioni spetterebbe l’attività di rappresentanza e supporto.

Nello specifico, per quanto riguarda la qualità tecnica del servizio, è indispensabile fissare indicatori di performance tecnica, stabilire un sistema incentivante che permetta di verificare costantemente che i livelli del servizio vengano mantenuti.

In quest’ottica le associazioni AMPP (Association for Materials Protection and Performance) e APCE (Associazione per la Protezione dalle Corrosioni Elettrolitiche), che raccolgono le competenze legate alla conservazione delle infrastrutture e che da anni si impegnano nella diffusione della cultura della difesa dell’integrità delle infrastrutture, anche a fronte dell’esperienza maturata nel campo della protezione delle reti gas, si rendono disponibili come punto di riferimento. Auspicando l’apertura degli indispensabili tavoli tecnici e normativi che possano portare in tempi brevi all’emissione di regole nazionali dedicate al mondo idrico e a eventuali specifiche linee guida, AMPP e APCE sono disponibili e pronte a partecipare per dare il proprio contributo e iniziare realmente a combattere la piaga della dispersione idrica.

Marco Cattalini, Presidente di AMPP Italy Chapter e Paola Rocchetti Presidente di APCE

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