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Aiuto, le macchine ci spiano

Secondo l’indagine di The Markup, le autovetture assomigliano sempre più ai nostri smartphone, che tramite le applicazioni connesse a Internet raccolgono enormi quantità di dati, alcuni anche sensibili
Credit: Kirill Tonkikh/unsplash
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
2 agosto 2022 Aggiornato alle 11:00

Apri la portiera, sali sull’auto, ti sistemi sul sedile del guidatore, accendi il motore, parti. In pochi istanti vari sensori si sono azionati e hanno trasmesso delle informazioni tramite radio cellulare ai server della casa di produzione. Le vetture, infatti, assomigliano sempre più ai nostri smartphone, tramite le applicazioni connesse a Internet raccolgono enormi quantità di dati, alcuni anche sensibili.

A rivelarlo è uno studio condotto da The Markup, no-profit americana di data journalism, che ha identificato ben 37 aziende attive nel settore dei dati sui veicoli connessi: un ambito ancora svincolato da rigide regole normative e quindi destinato a una crescita esponenziale nei prossimi anni.

La maggior parte dei guidatori non ha contezza di come e quali dati vengano trasmessi attraverso i propri veicoli. Secondo un recente sondaggio realizzato dall’Automotive Industries Association of Canada, solo il 28% degli intervistati aveva un’effettiva conoscenza delle tipologie di informazioni inviate dalla propria vettura e dei loro destinatari. Molte delle aziende coinvolte – Here, OnStar, Sirius XM, Telenav, TomTom, Xevo, Allstate e tante altre – ribadiscono che si tratterebbe solo di dati aggregati e resi anonimi per fini statistici, ma il mercato dei dati sui veicoli è solo agli inizi e in base alle stime, potrebbe crescere fino a valere 800 miliardi di dollari entro il 2030.

The Markup descrive, inoltre, passo dopo passo, il flusso dei dati rilevati all’interno del veicolo. Una volta che un guidatore sale in un’auto, i sensori registrano informazioni che confluiscono nel computer dell’auto. Alcuni esempi? La portiera del conducente è sbloccata, a bordo ci sono due passeggeri, la temperatura interna della cabina è di 25 gradi, il tettuccio è aperto, viene riprodotto un determinato brano musicale dal sistema di intrattenimento.

Mentre il viaggio prosegue, vengono raccolte ulteriori informazioni, come la posizione e la velocità del veicolo, l’azionamento dei freni, l’accensione dei fari e il livello dell’olio. I dati passano quindi dal produttore di automobili alle società note come “hub di dati dei veicoli”, fino al mercato dei dati dei veicoli connessi.

Tra le varie aziende, vi sono le case automobilistiche, che controllano la raccolta della maggior parte dei dati dei veicoli utilizzati per vendere servizi di manutenzione, assistenza stradale di emergenza e in generale di comodità del conducente; le compagnie di assicurazioni che creano pacchetti “basati sull’utilizzo” e altri prodotti che offrono sconti o aumenti dei premi, in base ai dati di guida effettivi; le società di navigazione che a bordo dei veicoli forniscono dashboard con indicazioni stradali, musica e app.

Si tratta solo di alcuni esempi, l’elenco di operatori economici è potenzialmente infinito. Molti hub di dati sui veicoli commercializzano le quantità di dati raccolti per assicurazioni, gestione del traffico, pianificazione dell’infrastruttura dei veicoli elettrici, pubblicità, mappatura, pianificazione urbana e intelligence sulla posizione: i possibili impieghi sono evidentemente tantissimi. Altrettanti sono, però, i rischi in termini di privacy.

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