Futuro

Come ricaricheremo tutte le nostre auto elettriche?

Immaginiamo di essere nell’agosto 2030: cinquanta auto in un’area di servizio sono attaccate agli stalli da 50 kW per ricaricare le batterie. Ci metteranno un’ora di tempo. Due ore le successive cinquanta vetture…
Sergio Ferraris Direttore della rivista Nextville
Tempo di lettura 4 min lettura
22 ottobre 2021 Aggiornato alle 16:39

Elettrico, elettrico e ancora elettrico. Suona quasi come uno slogan, che sembra fare eco a quelli dell’ormai lontano ‘68. In realtà, è il pensiero “dominante” di tutti coloro che si occupano di mobilità, sostenibilità e clima.

Visto che il settore dei trasporti è stato nel 2020 responsabile per il 16,2% delle emissioni di CO2, mentre quello su strada ha contato per un 11,9%, è chiaro che ci si stia concentrando sulle possibili soluzioni a un paradigma quasi impossibile da risolvere se si volesse traslare lo scenario dei trasporti fossili, così come è, sulle rinnovabili. Ma siamo sicuri di aver imboccato la strada giusta?

Pochi dati. Se da un lato l’elettrico, sia chiaro da rinnovabili, è estremamente efficiente, con punte del 90% contro il 35% dei fossili, la densità energetica è esattamente l’opposto. Una batteria per auto da 50 kW di potenza arriva a pesare 350 kg per immagazzinare l’energia equivalente di cinque litri di gasolio.

Vero anche che l’elettricità è efficiente. La Hyundai ci consente il paragone, visto che produce un suo modello, la Kona, sia diesel, sia elettrica. La prima percorre 20,5 km/litro e la seconda 6,5 km/kWh; quindi, visto che un litro di gasolio possiede 10,7 kWh, ecco che l’elettrica percorre quasi 70 km con l’equivalente energetico di un litro di gasolio. Però il nostro quadro non è completo.

Un’autovettura con 350 chili di batterie arriva a una percorrenza poco più di 300 km; cosa che non costituirebbe un problema se non si desiderasse un tempo di ricarica pari a quello del gasolio. Anche ricorrendo a una colonnina da 50 kW, il tempo di ricarica sarà di circa un’ora; ma il problema non è solo sul lato utente, ma anche su quello fornitura.

Immaginiamo il primo sabato d’agosto del 2030: all’ora di pranzo arrivano un centinaio di persone nell’area di servizio di Barberino del Mugello a occupare i cinquanta stalli da 50 kW installati. La prima ondata farebbe rifornimento in un’ora la seconda in due. Totale complessivo 150 ore (9.000 minuti). A confronto, chi rifornisce con carburante tradizionale — considerando 10 linee di rifornimento (5 pompe doppie) per 5 minuti a rifornimento — impiega un totale di 45,8 ore (2.750 minuti). E se a ciò aggiungiamo il fatto che il gestore dell’area deve investire una notevole somma per gli stalli, e con lui il gestore della rete per portare una linea da 2,5 MW aggiuntivi da utilizzarsi a pieno carico due o tre volte l’anno, ci si rende conto delle difficoltà dell’elettrico, specialmente se pensiamo, come si sta facendo oggi, anche ad autobus elettrici, camion elettrici ecc.

Se scegliamo questo punto di vista, appare sotto una luce diversa ciò che ha detto in merito alla transizione energetica del settore automotive, Akio Toyoda, presidente di Toyota: “L’auto elettrica? Business assai immaturo con costi energetici e sociali insostenibili”. E gli ha fatto eco il vice presidente della compagnia, Shigeki Terashi affermando durante l’assemblea degli azionisti: “È troppo presto per concentrarsi su una sola opzione. È necessario un approccio multi tecnologico”. E a Toyota di multi tecnologie ne sanno qualcosa, visto che l’azienda nipponica è una delle poche ad avere allo stesso momento tecnologia termica, ibrida, ibrida plug-in, elettrica a batteria, elettrica a idrogeno (fuel cell) e, ancora, termica a idrogeno. Secondo Toyota, infatti, il motore endotermico a basse emissioni e ibrido non spariranno a breve termine, ma saranno in competizione all’elettrico per, almeno, un altro ciclo industriale: trent’anni.

Effettivamente, l’accelerazione sull’elettrico che stiamo vedendo in Europa — dove molti costruttori hanno annunciato uno sviluppo esponenziale di questi veicoli in meno di dieci anni — potrebbe (sottolineiamo potrebbe) essere azzardata. È vero che l’occasione industriale è ghiotta e non sono in pochi, tra le imprese, a fregarsi le mani in vista di un ricambio “obbligato” dell’intero parco auto europeo: 267,46 milioni di auto endotermiche (le elettriche sono lo 0,2% del totale, circa 500 mila). Oltretutto a prezzi da capogiro, visto che ormai molti produttori europei fabbricano auto endotermiche ed elettriche sugli stessi pianali e nelle stesse linee di montaggio ma i prezzi dell’elettrico sono praticamente il doppio, rispetto al termico, con un’aspettativa del ciclo di vita inferiore ai dieci anni.

La scelta dei paesi Ocse rispetto all’elettrico, infatti, è quella di incorporare le batterie in maniera “granitica” nelle auto, rendendone costosa e difficile la sostituzione e favorendo, di fatto, l’obsolescenza programmata dell’intera autovettura, in base alla breve vita delle batterie stesse. Inoltre, il ricambio totale del parco auto europeo costerebbe circa 8.000 miliardi di euro, senza contare che il 24,2% della CO2 emessa è derivata da attività industriali.

E forse necessaria un’azione forte della politica a difesa del clima e del portafoglio dei cittadini? Come anche una sana e concertata programmazione, per evitare di mettere i buoi delle auto elettriche davanti al carro delle infrastrutture?

L’articolo è pubblicato su Nextville, il portale dedicato all’Energie Rinnovabili e all’Efficienza Energetica di Rete Ambiente.