Economia

Chi non può pagare il costo della vita

L’impennata dei tassi di inflazione, collegata alla guerra in Ucraina, ha fatto sì che in soli tre mesi 71 milioni di persone dei Paesi in via di sviluppo siano cadute in povertà
Credit: via TRASH AND TRAGEDY
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
11 luglio 2022 Aggiornato alle 13:00

L’aumento del costo della vita collegato agli effetti sullinflazione della guerra in Ucraina ha fatto sì che in un solo trimestre, a partire da marzo, 71 milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo siano cadute in condizione di povertà. È quanto afferma un rapporto pubblicato il 7 luglio dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp).

«Con l’aumento dei tassi di interesse in risposta all’aumento dell’inflazione - avvertono le Nazioni Unite - c’è il rischio di innescare un’ulteriore povertà indotta dalla recessione che aggraverà ulteriormente la crisi».

Dall’analisi, eseguita su 159 Paesi in via di sviluppo a livello globale, emerge come l’impennata dei prezzi delle principali materie prime sta già avendo impatti «immediati e devastanti» sulle famiglie più povere, in particolare nei Balcani, nei paesi della regione del Mar Caspio e nell’Africa subsahariana. In molte regioni, inoltre, questa crisi si somma agli sforzi necessari per far fronte al Covid-19.

Secondo quanto riportato dalla Banca Mondiale, la pandemia ha fatto sì che il debito dei Paesi in via di sviluppo raggiungesse il valore più alto degli ultimi 50 anni, equivalente a oltre due volte e mezzo le loro entrate.

«Per molte persone in tutto il mondo, il cibo che potevano permettersi ieri non è più accessibile oggi - dichiara l’Amministratore dell’Undp Achim Steiner - Questa crisi del costo della vita sta spingendo milioni di persone nella povertà e nella fame a una velocità incredibile e, in questo modo, cresce ogni giorno la minaccia di un aumento dei disordini sociali».

Molti Paesi in via di sviluppo hanno cercato di mitigare l’impatto della crisi ricorrendo a sconti fiscali, sussidi energetici e trasferimenti di denaro mirati. Secondo lo studio, tuttavia, oltre il 50% delle agevolazioni che derivano dai sussidi energetici avvantaggiano il 20% più ricco della popolazione.

«Sebbene i sussidi energetici globali possano aiutare a breve termine, a lungo termine generano disuguaglianza esacerbando ulteriormente la crisi climatica», commenta George Gray Molina, capo economista dell’Undp e coautore del rapporto. Al contrario la quota maggiore dei trasferimenti di denaro raggiunge il 40% della popolazione più povera.

«Stiamo assistendo a una crescita allarmante della disuguaglianza economica su scala globale. Tuttavia gli sforzi internazionali possono spazzare via questo circolo vizioso salvando vite e mezzi di sussistenza - conclude Steiner - Ciò comporta misure decisive di alleggerimento del debito, mantenere aperte le catene di approvvigionamento internazionali e un’azione coordinata per garantire che alcune delle comunità più emarginate del mondo possano accedere a cibo ed energia a prezzi accessibili».

Leggi anche
Clima
di Giacomo Talignani 4 min lettura
scenari
di Maria Michela D'Alessandro 3 min lettura