Economia

La guerra di Putin impoverirà anche Medio Oriente e Africa

Con l’aumento dei prezzi delle materie prime, dal carburante al grano, il conflitto in corso causerà fame e crisi in altre zone del mondo. Due, in particolare, rischiano conseguenze economico-sociali gravi
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17 marzo 2022 Aggiornato alle 21:30

L’ultima volta che è aumentato il prezzo del pane, in Egitto, c’era ancora l’Unione Sovietica. Dal 1989 le panetterie sovvenzionate davano 20 pagnotte di aish baladi, la tipica pita egiziana, al prezzo di una sterlina egiziana, che allora valeva quasi 1 dollaro. Oggi, vale circa 6 centesimi, meno di un decimo di quanto costa produrre il pane. Come riporta l’Economist, l’Egitto spende circa 2,9 miliardi di dollari all’anno per compensare la differenza, più della metà della cifra totale dei sussidi alimentari.

Il pane è infatti una delle principali fonti di sostentamento per milioni di famiglie arabe: nell’ambito del programma nazionale di sussidi alimentari, più di 60 milioni di egiziani, quasi due terzi della popolazione, ricevono 5 pagnotte di aish baladi al giorno per 50 centesimi al mese. L’Egitto è il più grande importatore di grano al mondo, con proiezioni che all’inizio dell’anno ammontavano a circa 12 milioni di tonnellate per il 2022 con una spesa di oltre 4 miliari di dollari all’anno. Tra le conseguenze della guerra in Ucraina, con l’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime, tra cui anche il grano, i paesi del Medio Oriente sembrano già a un passo da emergenza fame.

Secondo i dati dell’Observatory for Economic Complex, nel 2019, Egitto, Turchia e Bangladesh hanno acquistato più della metà del grano russo: insieme Russia e Ucraina coprono oltre il 70% della domanda di grano importato dall’Egitto (nel 2019 la Turchia ha importato il 74% del grano per un valore di 1,6 miliardi di dollari).

Lo scorso anno Ankara è stata il maggiore acquirente di grano russo, con 4,5 milioni di tonnellate nel 2021, contro i 3,2 milioni di tonnellate acquistate dall’Egitto nello stesso periodo.

Oltre al grano, gli egiziani potrebbero soffrire anche per lo stop alle esportazioni del mais ucraino: il Paese è secondo solamente agli Stati Uniti, seguito da Argentina e Brasile. Tra i principali importatori di mais ucraino, c’è anche l’Egitto, dove il cereale viene utilizzato come mangime per gli animali: prezzi più elevati del mais avrebbero un impatto sul costo della carne in Egitto, ma anche su quelli del porridge a base di mais, alimento base nell’Africa meridionale.

In quella sub sahariana, invece, è l’aumento dei prezzi del petrolio a preoccupare: i prezzi globali hanno raggiunto i massimi storici di oltre 100 dollari al barile dopo l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina lo scorso 24 febbraio, con gravi conseguenze per molte aziende sub sahariane.

La Nigeria, per esempio, è il più grande produttore di petrolio e la più grande economia dell’Africa, ma ha poca capacità di raffinazione. Nonostante il governo sovvenzioni ancora il costo della benzina, il carburante per aerei oggi viene venduto a prezzi di mercato. Diverse compagnie aeree locali sono state costrette a cancellare voli a causa della scarsità di carburante per l’aviazione – come riporta France24, in Nigeria il diesel veniva venduto a circa 300 naira (0,72 centesimi) al litro, salito a 730 naira al litro (1,75 dollari).

«La guerra in Ucraina significa fame in Africa», ha detto Kristalina Georgieva, la managing director del Fondo monetario internazionale. A parlare, sono già i dati.

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