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Scuola in Italia: alla scoperta del sistema scolastico

Fino a quanti anni è obbligatorio studiare, oggi? Quali sono gli step per diventare insegnante? E quelli per potersi iscrivere all’università? Ecco una piccola guida
Credit: Enva

Il sistema educativo in Italia è diviso in diverse fasce d’età.

Si parte dal sistema integrato per i bambini da zero a sei anni, non obbligatorio e della durata complessiva di sei anni. Ne fanno parte i servizi educativi per l’infanzia, gestiti direttamente dagli enti locali o da altri enti pubblici e privati convenzionati che accolgono i piccoli da tre a trentasei mesi, e la scuola dell’infanzia dai tre ai sei anni, gestita dallo Stato o dagli stessi enti che si occupano della fascia precedente.

Come funzione il sistema scolastico italiano

Con la scuola elementare inizia il primo ciclo di istruzione obbligatorio.

La scuola dell’obbligo in Italia è fissata in un periodo di otto anni. La prima parte, quinquennale, è la scuola primaria in cui studiano gli alunni da 6 a 11 anni. Dagli 11 ai 14 anni, per una durata triennale, gli studenti affrontano invece il periodo della scuola secondaria di primo grado.

Al termine della scuola secondaria di primo grado si entra nel secondo ciclo di istruzione, articolate in due diverse tipologie. Il primo percorso possibile è quello quinquennale di chi sceglie di affrontare il liceo, gli istituti tecnici o professionali dall’età di 14 all’età di 19 anni. In alternativa esistono dei percorsi triennali o quadriennali di istruzione e formazione professionale con competenza regionale.

Del secondo ciclo di istruzione fanno parte anche i passi successivi, che il Ministero dell’Istruzione divide in percorsi di istruzione terziaria offerti dalle Università, dall’AfamM (Alta formazione artistica, musicale e coreutica) e percorsi di formazione terziaria professionalizzante offerti dagli Its (Istituti tecnici superiori).

Scuola dell’obbligo in Italia

In Italia si intende scuola dell’obbligo l’istruzione fino a 16 anni di età, secondo la legge 296 del 2006. Gli studenti hanno facoltà, dopo aver terminato gli otto anni del primo ciclo di istruzione, di iscriversi per i successivi due alla secondaria di secondo grado o ai percorsi professionali. La legge 53/2003 prevede invece che “per tutti i giovani si applica il diritto/dovere di istruzione e formazione per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica professionale triennale entro il 18° anno di età”.

La parte obbligatoria dell’istruzione può essere realizzata nelle scuole statali o paritarie, ma anche in quelle non paritarie o attraverso l’istruzione familiare.

Negli ultimi due casi, però, sono previste una serie di condizioni tra cui l’effettuazione di esami di idoneità. Responsabili dell’obbligo di istruzione sono i genitori o chi esercita la responsabilità genitoriale.

I Comuni di residenza e i dirigenti scolastici delle scuole sono invece chiamati a svolgere le mansioni di controllo rispetto agli iscritti.

Per chi decide di non proseguire negli studi oltre il secondo anno di scuola secondaria di secondo grado è previsto il rilascio di una certificazione delle competenze acquisite.

Chi invece prosegue e conclude il percorso ha diritto ad accedere all’istruzione terziaria, sebbene una parte dei corsi universitari siano a numero chiuso, a cui si accede tramite test.

In Italia esiste anche l’istruzione non statale.

Come stabilisce l’articolo 33 della Costituzione, infatti, lo Stato ha l’obbligo di offrire un sistema scolastico statale a tutti i giovani “e il diritto, per le persone fisiche e giuridiche, di creare scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato”.

Le scuole paritarie sono abilitate a rilasciare titoli di studio che hanno lo stesso valore legale rispetto alle scuole statali e godono di piena libertà nel decidere l’indirizzo pedagogico-didattico. Hanno in più un trattamento fiscalmente favorevole se non hanno fini di lucro.

Storia della scuola in Italia dall’unità a oggi

Al momento dell’Unità d’Italia raggiunta nel 1861, era già in vigore nel Regno di Sardegna la legge Casati riguardante l’obbligo di frequenza delle prime tre classi.

La legge fu poi estesa al Regno d’Italia una volta formata l’Italia. Del 1877 è invece la legge Coppino con cui si affida la vigilanza degli studi ai provveditori.

Con il nuovo secolo, per trovare una nuova riforma della scuola bisogna aspettare la riforma ideata da Giovanni Gentile nel 1923. Un passaggio fondamentale perché eleva l’obbligo scolastico a 14 anni e differenzia la scuola secondaria in Licei e Scuola di avviamento professionale, dalla quale non è possibile accedere all’università.

Viene introdotto l’esame di maturità al termine della secondaria.

Terminata la seconda guerra mondiale, un primo passo è la redazione dei programmi scolastici stabiliti nel 1945 da una commissione di esperti il cui obiettivo era riportare i valori democratici dopo la dittatura fascista.

Dieci anni dopo il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Ermini, firma un nuovo programma che durerà per i successivi tre decenni.

Nel mezzo, datata 1962, c’è l’istituzione della scuola media unica della durata di tre anni, obbligatoria per legge, i cui programmi vengono modificati nel 1979 attraverso un decreto ministeriale.

Risale al 1999 la modifica dell’esame di maturità, con l’introduzione della terza prova e del colloquio orale.

I cambiamenti più recenti, nel nuovo millennio, sono quelli della riforma Moratti del 2001 con cui l’obbligo scolastico viene portato nuovamente a 14 anni, per poi tornare a 16 nel 2006 con il Ministro Fioroni.

Nel 2015 diventa invece legge “La Buona Scuola” voluta dal Governo Renzi, articolata in 12 punti tra i quali un piano di assunzione per 100.000 docenti per provare a frenare il precariato scolastico.

Gli stessi, secondo la legge, sono reclutabili attingendo dagli albi territoriali.

Scuola italiana: le novità

Le più recenti novità del sistema scolastico italiano riguardano più il corpo docenti, che non quello degli studenti.

È infatti al vaglio del Parlamento la riforma con cui il percorso per diventare insegnante passerà anche attraverso le Università.

Per insegnare nelle scuole secondarie di primo e secondo grado bisognerà dunque acquisire una laurea magistrale (triennale per gli Istituti Tecnici Professionali) aggiungendo un percorso di abilitazione che prevede 60 crediti formativi (Cfu), il concorso e un anno di prova in servizio con un test finale e una valutazione conclusiva.

Fino al 31 dicembre 2024, a meno che non vi siano cambiamenti nella norma, sarà data la possibilità ai candidati di avere un limite minimo di 30 Cfu, conseguendo i restanti dopo il concorso. Di questi, 24 dovranno però essere conseguiti entro il 31 ottobre 2022. La decisione è stata presa per consentire una fase di passaggio visto che il nuovo sistema dovrebbe entrare in vigore nel 2025 o 2026.

Oltre ai concorsi annuali, le cui prove scritte saranno a risposta aperta, sarà istituito un sistema di formazione retribuita per i docenti. La partecipazione sarà volontaria e prevede una possibile retribuzione in denaro al termine del percorso. Almeno fino al 2024 non verrà tagliata la Carta del docente, la cui scomparsa era invece prevista nella prima stesura del testo.

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