A Gibilterra le orche tornano a colpire

Arriva l’estate, si riprende il largo e si torna a parlare di attacchi di orche a imbarcazioni a vela. A farne le spese questa volta è stata Milai Around The Word, barca giapponese di 12 metri in rotta per Tangeri (Marocco), da dove il 26 giugno prenderà parte a una regata intorno al mondo.
Lo scafo del team nipponico è stato colpito il 20 giugno poco oltre lo stretto di Gibilterra. Una telecamera installata sulla carena di Milai, con l’obiettivo di monitorare il comportamento delle appendici immerse, ha potuto immortalare da una prospettiva inedita il gioco maldestro dei grandi cetacei, che se ne sono andati solo dopo aver ripetutamente morso e spezzato uno dei due timoni.
E non è l’unico caso recente. Il 7 giugno era toccato anche a Huck Finn III, il Gallant 53 del navigatore milanese Vittorio Malingri e di suo figlio Nico, anch’esso colpito da un branco d’orche al largo di Gibilterra.
«Dieci minuti di morsi al timone – ha dichiarato Malingri – che facevano girare in tondo la barca, poi testate, botte da paura che hanno portato il mezzo fuori controllo». Fortunatamente senza danni, «ma a Barbate (Spagna atlantica a Nord di Gibilterra, ndr) – puntualizza il navigatore – c’è un pontile pieno di barche senza timone!».
Un comportamento, quello dei grandi mammiferi marini, che già nel 2020 aveva destato l’allarme, sino a spingere il ministro dei trasporti spagnolo a emanare una direttiva per interdire la navigazione oltre le 62 miglia dalla costa, tra Capo Prioriño Grande e Estaca, alle imbarcazioni inferiori a 15 metri.
La comunità scientifica non ha ancora chiari i motivi del peculiare comportamento di questi mammiferi. L’ipotesi più accreditata indica come possibili cause lo stress alimentare seguito al depauperamento delle risorse ittiche e all’intensificarsi del traffico marittimo nella stagione estiva.
«Riteniamo – ci spiegava già un anno fa Ruth Esteban, ricercatrice del Museo delle balene di Madeira e membro del gruppo di esperti che sono stati attivati in Spagna a seguito del ripetersi degli incidenti – che colpiscano i timoni, semplicemente perché sono una parte mobile della barca. Ogni volta che li toccano si rendono conto che le loro azioni hanno delle conseguenze, tant’è che spesso quando la pala infine si rompe o la barca viene fermata dall’equipaggio, gli animali tendono a dileguarsi».
Una interazione probabilmente “giocosa”, dunque, da parte di questi mammiferi estremamente intelligenti. O forse una reazione ai ripetuti atti ostili (vengono ferite, stordite con pungoli elettrici, o spaventate col lancio in mare di taniche incendiate) perpetrati dai pescatori per evitare che si accaniscano sul pescato. Sono diversi, infatti, i casi documentati di pescherecci rientrati in porto con le stive vuote perché branchi di orche hanno imparato addirittura a slamare le prede per cibarsene.
Già negli anni ‘60 i pescatori giapponesi avevano denunciato ingenti perdite economiche causate dalle razzie di pescato effettuate da questi animali. Lo stesso problema era tornato alla ribalta nel 2017 tra i pescatori dell’Alaska, inseguiti e regolarmente “saccheggiati” dalle orche.
Laddove la pesca si fa intensiva questi grandi animali tentano di trarne profitto; soprattutto se a causa delle sconsiderate politiche industriali dell’uomo, il pesce a livello planetario comincia a scarseggiare.
Articolo pubblicato su Bolina.it
