Economia

Ama e i netturbini: il problema siamo noi

Le nostre inefficienze dipendono dall’ incapacità di gestire il denaro, non dal mancato supporto della BCE. E infatti, il nostro debito pubblico sfiora il 150% del Pil
Un addetto pulisce l'ingresso della Camera dei Deputati
Un addetto pulisce l'ingresso della Camera dei Deputati Credit: ANSA/ Maurizio Brambatti
Tempo di lettura 3 min lettura
13 giugno 2022 Aggiornato alle 06:30

Da una parte il lucente palazzo di Francoforte della Banca Centrale Europea, con quei corridoi rarefatti sui quali si affacciano le stanze dove si studiano i numeri dell’economia.

È là che Christine Lagarde e il Consiglio direttivo hanno deciso che a luglio torneranno a salire i tassi e che smetteranno di comprare titoli di Stato (specie italiani), tornando a far crescere lo spread.

Dall’altra le strade luride della Capitale, affollate di cassonetti stracolmi e un po’ povere di netturbini.

Roma ne ha appena recuperati 200 che risultavano inabili al servizio, ma che sono guariti per miracolo appena è arrivato un controllo: i dolori cronici sono spariti e dagli uffici torneranno in strada.

Alcune forze politiche, specie del centrodestra, se la sono presa con la BCE, sostenendo che non era ancora il momento di muoversi, che avrebbe dovuto continuare a sostenere il nostro Paese.

Matteo Salvini ha addirittura evocato un’ipotesi di attacco speculativo contro l’Italia, simile a quello avvenuto contro la Grecia. La Grecia, già.

La crisi fu gestita malissimo dall’Europa, ma giova ricordare che i mercati misero nel mirino Atene perché aveva truccato (!) i conti pubblici per anni. E dunque se volessero dare un’occhiata al perché i mercati potrebbero mettere nel mirino noi come già fecero in passato, forse dovrebbero guardare alla vicenda romana, uno dei tanti esempi di spreco di denaro pubblico che ci hanno condotto dove siamo, con un debito che sfiora il 150% del prodotto interno lordo.

I soldi buttati negli anni dalla partecipata romana dei servizi ambientali, così come quelli gettati dall’Atac (quella dei trasporti) e le decine di Ama e Atac di tutta Italia sono solo una parte del racconto di uno Stato che ha gettato nel fuoco miliardi di risorse, mentre chiedeva ai suoi cittadini e alle sue imprese quote sempre più consistenti dei propri guadagni in forma di tasse. Per utilizzarli in parte nobilmente, per esempio nel servizio sanitario nazionale che con tutte le sue mancanze e i suoi difetti resta tra i migliori d’Europa, in parte meno nobilmente, nei netturbini non idonei di Roma.

Il problema non è la BCE, siamo noi.

Leggi anche
economia circolare
di Rossella Muroni 5 min lettura