Diritti

In Finlandia e Svezia ci sono tante armi quante negli Usa

Negli Stati Uniti c’è un omicidio ogni 2 ore e 36 minuti. Dipende solo dal numero elevato di pistole e fucili? Secondo un report inglese sui tassi di violenza nel mondo, no
Credit: Maria Lysenko/ Unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
31 maggio 2022 Aggiornato alle 18:30

Quando c’è una sparatoria negli Stati Uniti, i giorni e le settimane successive ruotano attorno allo sradicamento delle cause della violenza armata nel tentativo di prevenire futuri eventi simili. Gli studi che riguardano questo fenomeno, però, sono molto complessi perché sono numerosi i fattori che contribuiscono alla natura e alla prevalenza della violenza armata.

Come riporta il sito di informazione The Conversation, però, un rapporto internazionale, nel 2014, aveva confrontato le leggi nazionali sulle armi, il possesso di armi da fuoco e i tassi di violenza armata: era emerso che le società europee che si avvicinano a tassi di possessori di armi simili agli Stati Uniti come Finlandia e Norvegia sono tra le più sicure a livello internazionale per quanto riguarda la violenza armata.

I ricercatori parlano di culture delle armi “civilizzate” e “decivilizzanti: nelle prime il possesso di armi è associato ai valori tradizionali di rispetto e responsabilità, nelle seconde la disponibilità di armi rafforza ampiamente le mentalità criminali e instabili, aggiungendo violenza e caos.

Secondo la ricerca alcuni aspetti contribuiscono a rendere tali culture “civilizzata”: alti livelli di coesione sociale e di fiducia a livello internazionale nella polizia e nelle istituzioni sociali, bassi tassi di criminalità. Elementi che sembrano ridurre i livelli di omicidio con armi da fuoco.

Come spiega Peter Squires, Professore di Criminologia e politiche pubbliche all’Università di Brighton, negli Usa, questa scoperta ha un tragico rovescio della medaglia: l’alto possesso di armi in paesi come Finlandia, Svezia e Svizzera si traduce in tassi significativamente più elevati di suicidio con le armi da fuoco.

Il Regno Unito e il Giappone, con alcune delle leggi sulle armi più severe al mondo, registrano i tassi più bassi di omicidi con armi da fuoco, soprattutto in virtù della quasi totale proibizione delle pistole, l’arma preferita dai criminali. Al contrario, il numero di morti nelle recenti sparatorie di massa negli Stati Uniti è stato aggravato dall’uso di fucili d’assalto, con caricatori più grandi e capacità di fuoco rapido.

Nella recente sparatoria in una scuola statunitense a Uvalde, in Texas, dove hanno perso la vita 19 alunni e due insegnanti, l’assalitore di diciotto anni ha usato un fucile d’assalto.

La morte di questi bambini va ad accrescere lo spaventoso numero di ragazze e ragazzi morti negli Usa per mano di un’arma: come ha sottolineato l’organizzazione americana indipendente senza scopo di lucro Children’s Defense Fund, nel 2018 la violenza armata è stata la principale causa di morte di bambini e adolescenti di età compresa tra 1 e 19 anni negli Stati Uniti. Cifra che ha superando per la prima volta nella storia quella legata agli incidenti automobilistici.

È come se ci fossero 9 sparatorie mortali di bambini al giorno, un omicidio ogni 2 ore e 36 minuti. Tuttavia, le sparatorie scolastiche rappresentano solo una minoranza di queste uccisioni: la maggior parte riguardano singoli bambini e si collegano a crimini di routine e violenza di gang e bande armate che colpiscono in prevalenza afroamericani e minoranze.

Tra i Paesi ad alto reddito, poi, gli Usa rappresentano un valore anomalo estremo: secondo un’analisi pubblicata di recente dal New England Journal of Medicine il numero di bambini uccisi dalle armi da fuoco è 36,5 volte superiore in confronto a Paesi come Austria, Australia e Svezia.

Dopo la sparatoria in Texas, il Canada ha annunciato di voler vietare la compravendita di qualsiasi tipo di arma da fuoco nel Paese, in cui i fucili d’assalto erano già stati banditi nel 2020. La legge era stata promulgata dopo la più grave strage nella storia canadese, quando un uomo travestito da poliziotto aveva ucciso 22 persone in Nuova Scozia. «È nostro dovere intervenire», ha detto il primo ministro Justin Trudeau in conferenza stampa. La nuova proposta di legge, se approvata dal Parlamento, vieterà non il possesso di armi per chi le ha già, bensì l’acquisto di nuovi esemplari.

Ma i ricercatori hanno anche compreso - cosa che i criminologi sanno da anni - che la sola introduzione di nuove leggi raramente cambia qualcosa, perché i trasgressori le infrangono. E così si sono concentrati sul contesto e sui “regimi di controllo delle armi”, che comprendono i sistemi di polizia e di giustizia penale, di responsabilità politica, l’offerta di istruzione completa, le reti di sicurezza sociale.

I tentativi negli Stati Uniti di affrontare le sparatorie, ma senza limitare il possesso di armi negli ultimi anni, si concentrano sull’aumento della sorveglianza - specialmente nelle scuole -, ma questo evidentemente non è il percorso giusto da intraprendere.

Il Violence Project, una ricerca no profit dedicata a ridurre la violenza nella società utilizzando dati e analisi delle sparatorie passate, ha cercato di realizzare dei “profili tipo” partendo dalle informazioni sugli assassini e cercando di prevedere le loro azioni là dove i loro comportamenti e le dichiarazioni sui social media potrebbero far suonare campanelli d’allarme.

Ma, considerando che gli Usa fanno parte di quelle culture delle armi “decivilizzanti”, il numero elevato di armi si traduce direttamente in un tasso maggiore di violenza armata. E non c’è sicurezza che tenga.

Leggi anche
La scuola elementare di Uvalde, in Texas, dove è avvenuta la sparatoria.
esteri
di Silvia Giagnoni 6 min lettura
esteri
di Maria Michela D'Alessandro 4 min lettura