Ambiente

Chi ha vinto i “Nobel verdi” 2022

Il Goldman Environmental Prize ha celebrato 7 eroici attivisti ambientali. Che dall’Australia fino all’Ecuador hanno sfidato governi, multinazionali e industrie per difendere il Pianeta
Ruth Buendia
Ruth Buendia Credit: The Goldman Environmental Prize
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
26 maggio 2022 Aggiornato alle 21:00

Stati Uniti, Paesi Bassi, Ecuador, Thailandia, Australia e Nigeria. Provengono da questi Paesi i 7 vincitori del Goldman Environmental Prize 2022, considerato il Nobel “verde”, fondato nel 1989. Da allora, ha premiato oltre 213 attivisti ambientali di 93 nazioni.

Quest’anno, il riconoscimento ha raggiunto tutti i continenti, celebrando importanti vittorie. Come quella ottenuta da Nalleli Cobo, la 19enne statunitense che nel 2020 ha dato vita a una coalizione cittadina per chiudere definitivamente, a Los Angeles, un sito petrolifero tossico che ha compromesso la salubrità dell’aria per oltre 500.000 abitanti.

La lotta di questa giovane donna contro l’estrazione urbana dell’oro nero ha dato vita a un movimento politico all’interno del Consiglio della città di Los Angeles, che all’unanimità si è espresso per vietare nuove esplorazioni petrolifere. Incentivando la graduale eliminazione dei siti esistenti.

Dagli Stati Uniti arriviamo in Ecuador, per conoscere la storia di Alexandra Narvaez e Alex Lucitante, rispettivamente di 30 e 29 anni, che hanno dato vita a un movimento indigeno di protesta per proteggere le foreste pluviali intorno al fiume Aguarico. Un corso d’acqua sacro agli indigeni del Cofàn – un’area nel nord dello Stato, intorno al Parco Nazionale di Cayambe-Coca - dalle concessioni minerarie illegali. Grazie a questa iniziativa, quasi 32.000 ettari di foresta sono ora difesi dal disboscamento illegale, bracconaggio ed estrazione illegale di minerali.

Spostandoci a Est, arriviamo in Nigeria, dove l’avvocato ambientale Chima Williams è riuscito a trascinare in tribunale, e a far condannare, la multinazionale petrolifera Shell per i danni causati nel Paese - il principale produttore continentale di oro nero, e il tredicesimo a livello mondiale – in particolare nel delta del Niger. Un’area di circa 43.000 chilometri quadrati che rappresenta la più grande zona umida africana, abitata da 30 milioni di abitanti. Qui, ogni anno, 240.000 barili di petrolio greggio fuoriescono da oleodotti e pozzi e si riversano nel delta, contaminando risorse idriche, raccolti, foreste e il settore ittico.

Un altro premiato esempio di attivismo virtuoso è quello di Marjan Minnesma, che nei Paesi Bassi, ha dato vita a un’autentica rivoluzione. Facendo emettere una sentenza contro il governo olandese, con la richiesta di adottare misure preventive contro il cambiamento climatico. Nel dicembre 2019, la Corte Suprema olandese ha stabilito che il governo, entro la fine del 2020, avrebbe dovuto ridurre le emissioni di gas serra del 25% rispetto ai livelli del 1990.

Con la decisione della Corte suprema, per la prima volta i cittadini sono riusciti a dichiarare il loro governo incapace di proteggerli dalla crisi climatica. Bisogna infatti ricordare che questo Stato, fortemente dipendente dai combustibili fossili, genera l’89% della sua energia grazie a carbone e dal gas naturale.

Il Goldman Environmental Prize ha celebrato anche l’impegno del thailandese Niwat Roykaew, per la sua strenua difesa e tutela della preziosissima biodiversità del Mekong da un mega-progetto cinese, che prevedeva la distruzione di quasi 400 chilometri di argini per far spazio a nuovi canali di navigazione per le imbarcazioni da carico cinesi. Quest’area umida rappresenta linfa vitale – nello specifico, acqua e cibo - per oltre 65 milioni di persone. Il progetto cinese, mirava a rendere il Mekong una sorta di Canale di Panama, un’autostrada liquida deputata alla navigazione industriale.

Ultima tappa, l’Australia. Nella nazione più grande dell’Oceania, il 41enne Julien Vincent ha spinto le 4 banche australiane più importanti a promettere lo stop ai finanziamenti al carbone entro il 2030. In questo Stato, tra il 2019 e il 2020 oltre 24 milioni di ettari – tra cui ampie sezioni di foresta temperata - sono stati polverizzati dai mega-incendi, che hanno rilasciato nell’atmosfera 800 milioni di tonnellate di CO2: superando il quantitativo di emissioni annue prodotte dall’intero continente.

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