Futuro

Le imprenditrici self made sui social/4

In questa puntata del nostro viaggio tra i brand che si fanno conoscere su Instagram, parliamo di piccole imprese che si occupano di turbanti, copricapi, cerchietti e fasce
Dalla pagina Ig di Morgana Sis
Dalla pagina Ig di Morgana Sis
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
20 maggio 2022 Aggiornato alle 18:00

Sfiorano quota 5,000 (4.985 per l’esattezza) le imprese nuove o costituite entro l’anno corrente che hanno presentato domanda sino a oggi per il Fondo Impresa Femminile, messo in campo dal Ministero dello Sviluppo Economico per incentivare la nascita e l’ampliamento delle aziende guidate da donne.

Tra le Regioni con il più alto numero di adesioni, la Lombardia e il Lazio, che hanno superato le 700 richieste, davanti alla Campania e al Veneto, con più di 400.

Il ministro Giancarlo Giorgetti si è detto contento: “L’enorme numero delle richieste arrivate è la migliore prova dell’interesse per questa misura. Vedremo le prossime fasi e, se questo trend sarà confermato come crediamo, chiederemo ulteriori finanziamenti”.

Dal 24 maggio, inoltre, sarà possibile inviare le domande da parte di quelle imprese attive da più di 1 anno, compilandole sulla piattaforma online di Invitalia.

Ma diamo spazio a tre imprenditrici che hanno accettato di raccontarci i loro percorsi professionali.

Helen Nonini, Ama Soul

L’imprenditrice italo-egiziana Helen Nonini ha lanciato da poco la capsule Ama Soul: un progetto sociale dedicato alla creazione di turbanti e cerchietti sostenibili, prodotti in alcuni laboratori di detenute nelle carceri di Monza, Bollate e San Vittore di Milano.

Una piccola collezione, e non un vero e proprio brand come ci tiene a specificare: 200 pezzi in tutto realizzati con tessuti già esistenti, per finanziare la cooperativa Alice, impegnata in progetti inclusivi, di sviluppo sostenibile e di sostegno all’artigianato Made in Italy.

A partire da questo mese saranno acquistabili esclusivamente sulla piattaforma di market place The Dressing Screen, da lei co-fondata e che promuove le creazioni italiane.

“Credo si possa lavorare in modo etico, con iniziative di impatto sociale e sono convinta che un modello di business del genere si imporrà sempre di più nei prossimi anni, grazie alla sensibilità delle nuove generazioni su questi temi”.

Nata in Egitto, Helen Nonini ha acquisito notorietà soprattutto nell’ambiente milanese, per il suo fiuto per gli affari e per gli splendidi turbanti.

Nel 2015 ha fondato l’agenzia di consulenza H.edge per aiutare i marchi del mondo della moda e dell’enogastronomia a sviluppare modelli di business e strategie d’immagine.

Brand advisor e azionista di 2 società, Mindwork che offre servizi di sostegno e supporto per la salute mentale sul posto di lavoro e Game2Value, un progetto tech che tramite i videogames esamina le competenze dei professionisti e promuove attività di formazione in tema di diversità e inclusione nell’ambiente lavorativo.

Circa 12 anna fa, Helen Nonini ha deciso di tagliarsi i capelli e indossare il turbante tutti i giorni per provare a scardinare l’associazione copricapo-malattia e far sentire a proprio agio le donne che lo indossano per necessità. Oggi ne ha decine nel suo armadio, quasi tutti realizzati a mano con tessuti Bonotto, dalla modista milanese Altalen.

Insomma, Ama Soul sembra coniugare con successo lo spirito da imprenditrice e la passione per i copricapi.

Acronimo di Ask me anything, il marchio lanciato da Nonini è anche un invito a prestare attenzione a tutto ciò che ha a che fare con la mente e la sua salute.

“Cosa consiglio a chi vuole lanciare un’attività propria? Sono 3 i fattori fondamentali: la vocazione, la perseveranza e la concretezza”.

Valentina Strafino e Federica Guido, Morgana­ Sis

Berretti, bandane, fasce, turbanti, cappelli. Tutto ciò che ha a che fare con la testa di una donna loro lo sperimentano, lo innovano, lo reinventano. E non a caso, perché per loro “la testa di una donna e la parte più importante”.

Le Morgana Sis, nome ispirato al famoso podcast di Michela Murgia, sono una coppia (all’inizio un quartetto) di amiche e di socie. Valentina Strafino, Federica Guido, Virginia Mangia e Daniela Antonucci durante i giorni neri di marzo nel 2020, hanno deciso di avviare una produzione artigianale di accessori per capelli.

Da un gruppo WhatsApp in cui discutevano del progetto e si scambiavano idee, alla realtà, il passo è stato incredibilmente breve. “Avevamo tutte in comune una certa insoddisfazione e la voglia di metterci in gioco” racconta Valentina Strafino.

Prima le fasce modellabili e un sito con pochissimi prodotti e modelli in vendita, poi pian piano sempre più opzioni e linee. Quando da hobby diviene una vera e propria attività lavorativa, 2 delle 4 amiche devono abbandonare il progetto, ma l’amicizia tra loro non viene meno.

Le difficoltà di una piccola realtà come la loro sono molte, tra le tante la necessità di promuoversi, anche investendo economicamente sui social. “Noi teniamo duro e intanto cerchiamo di portare avanti i nostri valori, che sono quelli che ci contraddistinguono rispetto ai grandi marchi. Per esempio per ogni acquisto devolviamo un euro a LILT (Lega Italiana per la lotta contro i tumori)”.

E infatti tra i vari accessori ci sono quelle che loro chiamano “carlotte”, una via di mezzo tra un copricapo e una calotta, per chi perde i capelli a causa della chemioterapia.

Ilaria Locati Luciani, L’ughetta

Nel 2016, per Ilaria Locati Luciani la macchina per cucire si trasforma in uno strumento per esorcizzare i pensieri, le angosce e le preoccupazioni che le affollano la mente per la malattia di una persona cara. Di notte, non riesce a prendere sonno e comincia a cucire per sé. “Ogni turbante cucito era un pensiero doloroso che scacciavo via”. Poi, il consiglio lungimirante di un’amica: “Perché non li mostri su Instagram?”.

Il passatempo per non lasciarsi soffocare dai pensieri diventa un vero e proprio lavoro: 10 anni nel mondo della telefonia e neppure un bottone cucito fino a quel momento, ma l’idea le piaceva.

“Come è nato il nome? Questa è una storia divertente. Quando mia madre era incinta ascoltava spesso un programma chiamato Radio Ughetta. Avrebbe voluto chiamarmi così, ma il nome Ughetta in qualche modo mi rimase appiccicato addosso, come soprannome, vezzeggiativo o presa in giro. Così quando cucii il primo turbante lo provai, guardandomi allo specchio pensai: ‘Sono proprio l’Ughetta’.”

Già a partire dal primo anno, riesce a coprire tutti i costi sostenuti e a guadagnarci qualcosa, poi con il lockdown, l’attività esplode: i turbanti variano per colori, accostamenti cromatici, bottoni, pietre e ricami. Nel frattempo, date le molte richieste, dà vita anche a una piccola linea d’abbigliamento.

Sulla sua pagina social offre consulenze per scegliere l’abbinamento di colori più adatto per i turbanti e tutorial che spiegano i vari modi in cui possono essere indossati, in vita come una fusciacca, a mo’ di sciarpa o foulard, oppure nella versione classica sul capo.

La clientela è varia, dalle bambine che si divertono ad acconciarsi i capelli, alle signore, la più anziana di 85 anni. Tra gli accessori più amati, il cosiddetto Hug, un cappuccio per l’inverno da allacciare sopra giacche e cappotti che non ne hanno, per avere collo e testa riparati.

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