Futuro

L’energia solare? Prendiamola nello spazio

Le maggiori agenzie spaziali, tra le quali Esa e Nasa, stanno studiando satelliti fotovoltaici in grado di catturare i raggi del Sole: in orbita la luce è 11 volte più intensa che sulla Terra
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
7 aprile 2022 Aggiornato alle 17:00

Intercettare direttamente nello spazio l’energia solare. Per poi portarla, valicando l’atmosfera, sulla Terra. Come? Costruendo centrali fotovoltaiche orbitanti, attive h24, per contribuire alla generazione di energia pulita. Sfruttando i raggi solari direttamente nello spazio. Dove la luce è fino a 11 volte più intensa.

L’idea non è recentissima: se ne è iniziato a parlare quasi 100 anni fa, grazie a un’idea del pioniere russo di razzi Konstantin Tsiolkovsky.

Poi, negli anni ’70, si è arrivati ai primi concept ingegneristici. Per questo l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) si è impegnata a capire come trasformare questo sogno green in realtà, sebbene consapevole che, nonostante le continue evoluzioni tecnologiche del presente, il percorso è all’inizio.

Non a caso il capo del team Advanced Concepts and Studies dell’ESA, Leopold Summerer ha dichiarato nel 2020: «Stiamo studiando i satelliti per l’energia solare insieme alla NASA e alle agenzie spaziali giapponese e cinese da quando sono emersi i primi concetti ingegneristici. A ogni iterazione ci avviciniamo un po’ di più. Pensiamo che sia giunto il momento di sfruttare l’ingegnosità delle comunità di ingegneri per spingere le tecnologie chiave che lo renderebbero una realtà, in linea con le raccomandazioni sull’argomento dell’Accademia Internazionale di Astronautica».

La zona al di là della nostra atmosfera è interessata dall’arrivo una enorme quantità di energia solare, pari a 1.367 Watt per metro quadrato. Peccato che oltre la nostra atmosfera, sulla Terra, ne arrivi solo un sesto. Ecco perché l’idea di intercettare i preziosi raggi solari direttamente all’esterno del nostro Pianeta potrebbe essere una soluzione per l’incentivo della transizione energetica.

Poco più di un anno fa, la responsabile del coordinamento delle politiche e dei programmi presso l’ESA, Chiara Manfletti aveva dichiarato: «Sbloccare le fonti di energia nello spazio potrebbe fornire accesso alle nazioni per integrare lo spazio come parte del loro progresso e successo socioeconomico, e far progredire l‘esplorazione celeste in modo sostenibile».

Con il fine di generare l’incontro e la nascita di nuovi progetti, attraverso il suo Discovery & Preparation, l’Esa ha lanciato una piattaforma per l’innovazione nello spazio aperto, che ha finanziato un progetto per realizzare speciali satelliti a energia solare che potrebbero diventare le più grandi strutture mai costruite prima nello spazio.

Frazer-Nash Consultancy, compagnia britannica specializzata in ingegneria e informatica, si è impegnata a portare avanti questa iniziativa per la costruzione modulare degli impianti. Prestando attenzione a renderli facilmente dissassemblabili e, arrivati a fine vita, riciclabili.

«Una volta che la tecnologia può essere integrata in modo sicuro ed efficiente nelle reti elettriche sulla Terra, potremmo assistere a una fornitura continua di energia solare dallo spazio, anche durante le lunghe notti invernali. Oltre a ridurre la pressione sulle capacità di accumulo, la capacità di trasmettere energia in modalità wireless a qualsiasi luogo del pianeta ci consentirebbe di fornire energia esattamente dove è richiesta», ha fatto sapere l’ESA.

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