Economia

Quando la disparità di genere colpisce anche i finanziamenti alle startup femminili

Secondo una nuova analisi dell’Harvard Business Review, le startup fondate da donne sono ostacolate nell’accesso ai finanziamenti. I contesti dove è reso più difficile sono i Paesi a guida conservatrice
Credit: cottonbro studio  

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24 aprile 2024 Aggiornato alle 13:00

La disparità di genere colpisce le donne anche nel finanziamento delle startup. Lo sottolinea l’Harvard Business Review, che in una nuova analisi cerca di spiegare l’esistenza di pregiudizi di genere verso le donne imprenditrici, non solo nelle società caratterizzate da ideologie conservatrici, ma anche laddove il processo di emancipazione delle donne è in atto.

Nei Paesi a guida conservatrice – ovvero in quelli che tendono a sostenere la struttura gerarchica e sociale tradizionale –, tuttavia, gli ostacoli che le donne devono affrontare sono particolarmente elevati, soprattutto – per quanto concerne l’imprenditoria – nel pagamento dei tassi d’interesse commerciali, più elevati rispetto a quelli pagati dagli uomini.

Le donne, socialmente legate a ruoli di genere differenti rispetto a quelli manageriali/imprenditoriali, sono percepite estranee a queste figure professionali, che vengono convenzionalmente associate ad attributi prettamente maschili – l’uomo imprenditoriale come figura di successo, mentre la donna imprenditrice viene descritta come “deviante rispetto al canone tradizionale” e di minore successo. E nei contesti conservatori questa visione viene ulteriormente rafforzata, influenzando i processi decisionali degli attori cruciali per il successo delle startup – in primis, i finanziatori.

Il problema è che persistono, drammaticamente, i pregiudizi di genere. Una tendenza confermata anche dal 2023 Gender Social Norms Index di Undp, che – spostandoci su un altro piano, quello del reddito – evidenzia come anche nei Paesi in cui l’istruzione femminile è più qualificata, il gender pay gap è al 39%; inoltre, dal rapporto emerge anche come il 40% della popolazione mondiale ritiene che gli uomini siano leader aziendali migliori rispetto alle donne.

Aumentano gli investimenti, ma sono ancora pochi quelli indirizzati verso le donne. Come sottolinea il Venture Monitor 2020 di Pitchbook-Nvca, sono cresciute del 40% le imprese create da donne, mentre il numero di investimenti in venture capital è quadruplicato nell’ultimo decennio.

Ciononostante, gli investimenti in aziende guidate da donne sono rimasti pressoché invariati dal 2012 al 2020, e la valutazione mediana delle loro imprese non è cresciuta, a differenza di quelle maschili (cresciute da poco più di 10 dollari nel 2010 a quasi 25 dollari nel 2020, mentre quelle femminili sono salite da poco più di 5 dollari a 11,8 dollari nello stesso periodo).

E sono calati anche gli investimenti: secondo dati di Crunchbase, più di 800 startup fondate da donne a livello globale hanno ricevuto un totale di 4,9 miliardi di dollari in finanziamenti di venture capital nel 2020, con una diminuzione del 27% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Inoltre, uno studio condotto da Bidget tra il 2022 e il 2023 sottolinea come nel settore delle criptovalute – che poggia su forti basi inclusive – le startup blockchain abbiano raccolto 27,85 miliardi di dollari; tuttavia, quelle guidate da donne si sono assicurate solo il 6,34% dei finanziamenti complessivi (circa 1,77 miliardi di dollari).

Ma quanto hanno guadagnato nell’ultimo anno le startup femminili?

Negli Usa, secondo dati Pitchbook, hanno ricevuto il 2% del totale degli investimenti. Complessivamente, il dato è in calo rispetto al 2,5% registrato nel 2013; tuttavia, considerando le imprese cofondate da donne, la quota di operazioni di finanziamenti Vc è aumentata dal 16% nel 2013 al massimo storico dello scorso anno pari al 27,8%.

Il dato risente della raccolta fondi da 10 miliardi di dollari di OpenAI, avente due co-fondatrici (escludendo quest’impresa, il dato scende al 22,8%).

In Italia, secondo i dati del V Rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro Studi Tagliacarne, le imprese a guida femminile nel 2022 erano 1 milione e 345.000 – il 22,2% del totale – mentre le startup ammontavano a 1.800 – circa il 12,5% del totale; per quanto riguarda gli investimenti, stando a dati di Dealroom.co, tra il 2019 e il 2023 la quota di finanziamenti Vc in startup femminili ammonta al 10,8% nel Belpaese, risultando l’ottavo Paese in Europa – al primo posto figura l’Estonia, dove queste hanno ricevuto il 52,8% degli investimenti Vc totali.

Come fare allora per mitigare i pregiudizi di genere? Harvard Business Review indica tre raccomandazioni ai policy makers, agli stakeholders e ai finanziatori: monitorare costantemente la situazione dell’imprenditoria femminile per sviluppare interventi che vadano anche oltre il semplice campo finanziario; normalizzare la partecipazione delle donne ai ruoli di potere, sviluppando strutture e strumenti atti a garantire la presenza in posizioni di leadership; infine, implementare norme a sostegno dell’uguaglianza di genere nell’accesso ai finanziamenti imprenditoriali, nonché di redistribuzione del budget e del finanziamento dei progetti.

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