Culture

La forza di Sophie (Kinsella)

La creatrice del cult I Love shopping ha rivelato sui social di avere un tumore. E come Kate Middleton ha sentito un dovere morale di verità. Per i fan e per chi soffre
Credit: Via instagram.com/@ sophiekinsellawriter
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20 aprile 2024 Aggiornato alle 06:30

Sophie Kinsella è una scrittrice inglese di successo, ha 5 figli, 54 anni e un glioblastoma, una forma aggressiva di cancro al cervello. Lo ha rivelato lei stessa sul suo profilo Instagram, senza aggiungere filtri alla propria immagine visibilmente stanca e smagrita, senza edulcorare i fatti, senza fretta perché prima doveva essere certa che la famiglia “fosse in grado di ascoltare ed elaborare la notizia e adattarsi alla nostra nuova normalità”.

Sophie Kinsella ha scoperto la malattia nel 2022, ma ha deciso solo ora di condividere la diagnosi con i lettori che possono così sostenerla e, probabilmente, smettere di chiedersi perché non appaia più in pubblico.

L’annuncio dell’autrice della serie cult I love shopping, icona di una generazione di ragazze leggiadramente spendaccione e madrina di un filone di letteratura brillante e comedy, colpisce come quello di un’altra celebre donna inglese comparsa suo malgrado sui social per mettere fine a chiacchiere, illazioni, disparate teorie cospirative.

È facile immaginare quanto sia costato a Kate Middleton registrare il video in cui ha raccontato del suo tumore e delle terapie, della necessità di trascorrere questo momento concentrata sulle cure. Obblighi di Stato e di monarchia, certo, ma non solo: dopo una serie di pasticci per le foto ritoccate sui social, il dovere di verità - o perlomeno di rendersi visibile per fermare i rumors e il calo di consensi verso la casa Royal - è stato necessario.

Mostrarsi autentici e umani, metterci la faccia, condividere le proprie fragilità: sembra essere questo il nuovo imperativo di chi, per scelta o per caso, vivendo sotto i riflettori oggi sente un dovere morale di trasparenza anche e soprattutto nella difficoltà.

L’elenco di outing celebri legati al proprio stato di salute è davvero lungo, e non stupisce perché le malattie sono trasversali e colpiscono anche chi ha una vita in apparenza felice e appagante, seppur poi siano molto meno democratiche nell’accesso alle cure.

Da Alessandro Baricco a Michela Murgia, da Giovanni Allevi a Fedez, da Gianluca Vialli a Emma: l’auto narrazione scritta, raccontata o svelata sui social del proprio stato di salute “funziona” perché avvicina, disintermedia, rimette sullo stesso piano celebrità e persone comuni, crea empatia in chi legge e dà forza a chi la trasmette.

È ormai risaputo il potere dopante della condivisione, di quei like che anche nel breve momento aiutano a sentirsi meno soli: che si stia lottando contro un male in prima persona, che si abbia un familiare vicino ammalato, che si sia tenuta la mano a qualcuno a cui abbiamo dovuto poi dire addio, la consolazione corale aiuta. Chi la dà, chi la riceve e chi ne fa anche un potente strumento di propaganda e prevenzione.

La fama rende credibili e nel momento in cui si abbassano le difese e ci si mostra fallibili lo si è ancora di più: il messaggio di una star “fate più controlli, fate prevenzione” è 100 volte più incisivo di molti sforzi delle Asl per convincerci a sottoporci agli screening, a non fumare, ad avere stili di vita migliori.

Ma c’è altro, credo. Ci fidiamo di chi sta attraversando il dolore e la paura perché quel cammino doloroso e tortuoso, in cui gli esiti sono sempre incerti, spoglia la maggior parte delle persone di sovrastrutture e inutili finzioni. Riporta all’origine e rende autentici, depura il messaggio dai facili inganni, trasforma la sofferenza in saggezza.

«Agli inizi suonavo per 15 persone ed ero felicissimo. Dopo la malattia non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone - ha detto Giovanni Allevi sul palco di Sanremo, raccontando della sua malattia. - Quando tutto crolla e resta solo l’essenziale, l’esterno non conta più nulla».

Un messaggio ribadito anche dalla stessa Sophie Kinsella ai suoi dear readers & followers: «Avere una diagnosi difficile può far sentire molto soli e spaventati. Il sostegno e la cura di chi ti sta intorno significa più di quanto le parole possano esprimere».

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