Ambiente

L’Europa produce oltre 12 milioni di tonnellate di rifiuti tessili l’anno

Dei 12 chili di vestiti a persona cestinati ogni anno, soltanto il 22% viene raccolto per il riciclo. Ti raccontiamo come il progetto VERDEinMED si prepara a risolvere il problema
Credit: Ron Lach  

Tempo di lettura 4 min lettura
18 aprile 2024 Aggiornato alle 15:00

Quando si parla di rifiuti, spesso, si tende a pensare agli scarti più “classici”, dall’organico all’indistinto, dalla plastica al vetro.

Eppure c’è un settore, quello tessile, in cui vengono prodotti una quantità di rifiuti spaventosamente grande: i cittadini europei ne producono ben 12,6 milioni di tonnellate ogni anno e solo una minima parte, il 22%, viene recuperata per il riciclo o riutilizzo.

Infatti, il consumo di prodotti tessili in Europa è tra i principali responsabili dell’inquinamento dell’acqua e dei cambiamenti climatici, rappresentando il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa di processi come tintura e finitura, oltre al rilascio di microfibre nei mari durante il lavaggio di capi sintetici.

In Italia, per esempio, solo nel 2022, sono state raccolte 160.000 tonnellate di abiti, pari a circa 500 milioni capi di abbigliamento: una risorsa che, altrimenti, potrebbe essere riutilizzata, riciclata o smaltita in modo responsabile.

In questo contesto si inserisce il progetto VERDEinMED, parte del programma Interreg Euro-MED Innovative Sustainable Economy Mission, che apre la strada per una rivoluzione nel settore tessile e dell’abbigliamento, puntando verso politiche di circolarità e sostenibilità. E il suo obiettivo è chiaro: ridurre il monte di rifiuti tessili nell’area del Mediterraneo.

Per Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, uno dei partner del progetto impegnato sul fronte della sensibilizzazione, è chiaro il quadro allarmante che si presenta: «Quando si parla di rifiuti tessili, oltre ai prodotti legati all’abbigliamento e alle calzature che tutti percepiamo, ci si riferisce anche ai tessili per la casa, ai tessili tecnici (corde o reti) e in generale ai rifiuti post-industriali come fibre e ritagli».

E prosegue: «Nel 2019 i rifiuti solo di abbigliamento e calzature sono stati pari a 5,2 milioni di tonnellate, equivalenti a 12 chilogrammi per persona all’anno nell’Unione europea. A fronte di queste quantità, solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo, che rappresentano l’87% dei rifiuti tessili, viene raccolto separatamente principalmente per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto viene incenerito o messo in discarica».

Il ruolo di VERDEinMED

I dati su questa tipologia di rifiuti sono allarmanti e ci mettono di fronte a una realtà in cui, secondo le statistiche delle Nazioni Unite, l’industria tessile rappresenta una delle principali fonti di inquinamento, seconda solo all’industria petrolifera.

Ed ecco che allora VERDEinMED non si presenta solo come un progetto, ma come un impegno concreto per cambiare le cose: con un finanziamento di quasi 3 milioni di euro dall’Unione europea, si propone di sviluppare strumenti innovativi per agevolare la transizione verso la circolarità del settore tessile, affrontando anche questioni fondamentali e strettamente correlate come tecniche di produzione, abitudini di consumo e strategie di riuso e riciclo.

Per esempio, una delle iniziative principali sarà la creazione della Bussola Verde, un compendio di strumenti e conoscenze generate durante il progetto, diventando il punto di partenza per integrare le attività dei partner coinvolti, che includono la creazione di poli regionali o nazionali, l’istituzione di una piattaforma di conoscenza e la fornitura di servizi di supporto per imprese, decisori politici e cittadini.

L’approccio di VERDEinMED è dunque visionario e concreto allo stesso tempo: con il supporto della direttiva quadro sui rifiuti e la strategia dell’Ue per i tessuti sostenibili e circolari, il progetto si propone di creare un modello innovativo di produzione e consumo nel settore tessile. Inoltre, vista la sfida della scarsità d’acqua nei Paesi del Mediterraneo, si concentrerà sul miglioramento della sostenibilità della catena del valore tessile e dell’abbigliamento, promuovendo un uso più efficiente delle risorse e riducendo l’impronta di carbonio complessiva.

«Per questo motivo – conclude Minutolo – è partendo dai processi, più che dai prodotti o dal tipo di materiale, e dall’uso che si fa di tali prodotti, che si può uscire da un circolo vizioso che può diventare un circolo virtuoso e sostenibile per un settore strategico e importante per l’industria e il Made in Italy».

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