Ambiente

Perché le palline da tennis inquinano così tanto?


Produrle significa incentivare la deforestazione di Thailandia e Indonesia: per arrivare nei campi da gioco alcune percorrono 80.000 km, per terminare, a fine match, in discarica, dove impiegano 400 anni per decomporsi
Credit: cottonbro studio  

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15 aprile 2024 Aggiornato alle 08:00

Mentre tanti Paesi del mondo sono da sempre affezionati al tennis, in Italia i riflettori su questo sport si sono accesi solo recentemente, complici anche le vittoriose imprese di Jannik Sinner, numero 2 al mondo e primo italiano della storia a vincere gli Australian Open.

Una racchetta, una rete e una pallina gialla per accendere la passione di milioni di tifosi. Ma cosa emergerebbe se facessimo luce e accendessimo anche l’interesse sull’impatto ambientale di questo sport?

Ogni anno a livello mondiale si producono circa 330 milioni di palline da tennis, per un fatturato totale che l’anno scorso ha superato 1,42 miliardi di dollari e che si prevede in crescita del +40% entro il 2030, grazie all’aumento della popolarità di questo sport.

Tra i principali produttori ed esportatori, dopo gli Stati Uniti, ci sono la Cina (con il 33% dell’export globale) e la Thailandia (con il 31%), con un traffico marittimo che due anni fa ha riempito 173.000 container.

Quest’ultima, insieme all’Indonesia, è la nazione che più soffre la “febbre da tennis”: per la Federazione internazionale del tennis (Itf), infatti, ogni pallina dev’essere realizzata con una proporzione fissa di 72 a 28 tra gomma naturale e sintetica, causando la deforestazione di immense aree dei 2 Paesi detentori della materia prima per la produzione delle sfere gialle, l’albero da gomma.

Come se non bastasse, ai danni derivati dall’approvvigionamento della materia prima, si aggiungono quelli causati dal trasporto dei container dalle aree di produzione a quelle di destinazione: migliaia di palline da tennis, ogni anno, viaggiano per 80.000 km su navi o aerei, attraversando 11 Paesi prima di raggiungere il terreno di gioco, contribuendo significativamente all’impatto devastante della CO2 sul Pianeta.

Dopo essere approdate nelle grandi arene dei tornei internazionali, poi, le palline vengono sostituite immediatamente dopo 7 giochi dall’inizio del match (considerando gli scambi di riscaldamento tra i due giocatori) e poi ogni 9 giochi dal primo cambio. Soltanto a Wimbledon si stima che vengano utilizzate più di 55.000 palline!

Ogni pallina utilizzata e sostituita ha due alternative per il suo fine vita: tra le mensole dei tifosi appassionati o in discarica, dove impiegherà oltre 4 secoli a decomporsi.

Le palline da tennis, infatti, sono costituite da due semisfere unite tra loro e ricoperte, tramite una colla speciale, dal feltro, un materiale che ha la funzione, attraverso la sua peluria, di creare attrito e aumentare la resistenza all’aria della pallina, diminuendone la velocità e riducendone il rimbalzo e che è composto da una miscela mista di fibre di lana e fibre sintetiche di nylon che lo rendono molto difficile da riciclare.

È così che le stime oggi parlano di oltre 125 milioni di palline che ogni anno finiscono nelle discariche degli Stati Uniti, dove rimangono per oltre 400 anni prima di degradarsi.

Ma allora, si può fare qualcosa per rendere il tennis uno sport più sostenibile?

La risposta è sì e la dimostrazione è nell’olandese Renewaball.

Si tratta di una startup nata nel 2021 che realizza palline da tennis composte per il 30% da materiale riciclato attraverso un processo innovativo che permette di separare l’anima di gomma dal feltro: dopo aver raccolto le palline utilizzate nei match in appositi contenitori disposti sul terreno di gioco, la gomma viene separata dallo strato di feltro e riutilizzata come materia prima seconda per la realizzazione di nuove palline riciclate.

Ma non è finita qui: le palline di Renewaball completano la loro sostenibilità con un altro vantaggio che consente di ridurne l’impatto sull’ambiente. Sono, infatti, a filiera corta, cioè hanno un processo di recupero e di rigenerazione che avviene interamente in Europa. Questo, secondo l’azienda, consente di evitare migliaia di km di viaggio ai porta container e di ridurre l’impronta di carbonio del 29% rispetto alle tradizionali palline da tennis.

Un altro esempio degno di nota per il riutilizzo delle sfere gialle è quello che arriva, poi, dall’organizzazione no-profit Recycle Balls, la cui missione è quella di sottrarre alla discarica quante più palline possibili.

In Recycle Balls le palline non più utilizzabili vengono raccolte in appositi contenitori e spedite in una struttura industriale nel Vermont per il loro trattamento. Qui vengono triturate e il feltro viene separato dalla gomma, fino a ottenere un composto di microgranuli ribattezzato da Recycle Balls Green Gold, ossia oro verde, con il quale è possibile realizzare campi da tennis e altri tipi di pavimentazione.

In Italia, invece, è nato Return - Recycle Tennis Balls, un progetto con l’intenzione e l’obiettivo di attuare un processo di riciclo innovativo che consente di triturare le palline non più utilizzabili fino a renderle una polvere di gomma con cui realizzare suole per calzature.

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