Wiki

Influenza aviaria: quanto deve preoccuparti la Bird Flu?

Negli Usa torna a far paura la trasmissione del virus A/H5N1, che ora dilaga negli allevamenti intensivi di bovini dove - per la prima volta - ha infettato anche l’essere umano
Credit: John Cameron  

Tempo di lettura 5 min lettura
11 aprile 2024 Aggiornato alle 08:00

Che la si chiami Bird Flu, influenza aviaria o infezione da virus A/H5N1 poco importa: l’Europa e gli Stati Uniti tremano di fronte alla minaccia di una nuova epidemia della malattia degli uccelli. Ma c’è davvero da preoccuparsi?

È notizia di pochi giorni fa quella riportata del Texas Department of State Health Services (Dshs, l’ente che si occupa della sanità pubblica nello stato americano) secondo cui un essere umano – un lavoratore del settore lattiero-caseario – è risultato positivo all’influenza aviaria, dopo essere stato in contatto con una mucca, positiva la virus, in un allevamento intensivo di bovini.

L’uomo, che è stato immediatamente isolato e sottoposto alle cure del caso con un comune farmaco antivirale antinfluenzale, si è recato in ospedale lamentando i sintomi di una congiuntivite acuta. Sono scattati subito i protocolli di sicurezza che hanno confermato la prima diagnosi, anche a seguito di tamponi effettuati agli animali presenti nello stabilimento: si è trattato del primo caso americano di influenza da virus A/H5N1 trasmessa da una mucca all’essere umano.

Nelle ultime settimane, stando ai dati diffusi anche dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), sono stati registrati numerosi casi anche di contagi tra i mammiferi selvatici e domestici - tra cui gatti, volpi, visoni e orsi polari – e all’interno di allevamenti intensivi di bovini da latte.

Ed è proprio dopo un contagio all’interno di uno di questi stabilimenti di mucche che, negli Usa, era scattato a fine marzo un primo allarme per la diffusione dell’influenza aviaria, quando tracce del virus erano state riscontrate nel latte non pastorizzato proveniente da due allevamenti in Kansas e uno in Texas e da tamponi effettuati in un quarto allevamento in Texas e in un allevamento in Michigan.

Il Cdc (Centers for disease control and prevention), cioè il centro federale per il controllo delle malattie infettive, si è subito mobilitato per monitorare la crisi: «Il Cdc e l’intero governo degli Stati Uniti stanno prendendo molto sul serio questa situazione - ha detto la direttrice Mandy Cohen in un’intervista al Washington Post - Non avevamo mai riscontrato l’influenza aviaria nei bovini prima: questa è una novità che può permettere al virus di circolare e potenzialmente di mutare».

Anche se il virus al momento non ha conosciuto mutazioni che possano renderlo più nocivo o aggressivo anche per l’uomo, i funzionari federali degli Stati Uniti si sono dichiarati pronti ad affrontare ogni situazione.

Così, pur esistendo già dei vaccini utilizzati per contrastare uno specifico ceppo di aviaria - quello più diffuso - la possibilità che il contagio dei bovini comporti a stretto giro un adattamento del virus e una conseguente più facile trasmissione all’uomo che potrebbe generare un’epidemia difficile da contenere preoccupa i ricercatori, che si sono messi già a lavoro per studiare due diversi vaccini che potrebbero essere pronti entro poche settimane.

Che gli esseri umani possano contrarre l’influenza aviaria e che questa sia per loro letale, è un caso estremamente raro, ma possibile: potrebbe bastare entrare in stretto contatto con uccelli o altri animali infetti – siano essi vivi o morti – o con superfici che potrebbero essere state contaminate dalla saliva o dalle feci di un animale infetto per essere contagiati.

È per questo motivo che, ora più che mai, le autorità raccomandano l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale a tutti coloro che lavorano a stretto contatto con gli animali.

In caso di sviluppo dell’infezione, i sintomi nell’uomo sono piuttosto lievi, come una congiuntivite – un’infezione agli occhi che potrebbe verificarsi dopo aver maneggiato materiale contaminato e poi aver toccato gli occhi - o sintomi simil-influenzali: febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari, mal di testa, affaticamento.

In generale, il virus nell’uomo non intacca il tratto respiratorio umano, perché gli esseri umani non hanno i recettori nella gola, nel naso o nel tratto respiratorio superiore che sono sensibili all’attuale ceppo di influenza aviaria.

Come ha dichiarato il professor William Schaffner, professore di malattie infettive e prevenzione medica alla Vanderbilt University, una persona avrebbe bisogno di inalare una grande quantità di virus – per esempio raccogliendo e inalando materiale fecale infetto nei polmoni – per sviluppare un’infezione respiratoria dovuta al virus.

Dopo la prima sintomatologia, il soggetto colpito viene sottoposto a tampone e isolato in maniera preventiva. In caso di conferma della malattia, viene poi curato con comuni farmaci antivirali e antinfluenzali approvati dalla Food and Drug Administration.

Al momento, nonostante i piccoli focolai di aviaria in Europa e negli Usa e nonostante i casi di contagio di esseri umani, non serve generare allarmismi: dall’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare (Efsa), infatti, arrivano rassicurazioni sul basso rischio di epidemia attuale, dal momento che il ceppo attualmente in circolazione è già noto ai ricercatori, non ha subito mutazioni e non è pericoloso per l’uomo.

Resta comunque ancora valida la richiesta inviata alle autorità di tutto il mondo affinché si monitori l’evoluzione del virus, per tracciare nuovi casi negli animali o nell’uomo al fine di contenere il contagio a garantire una pronta e rapida risposta efficiente.

Leggi anche