Ambiente

Antartide: l’arrivo dell’influenza aviaria minaccia il futuro dei pinguini (e non solo)

Due uccelli trovati morti sono stati uccisi dal virus H5N1. Potrebbero esserci anche altri casi. L’allarme degli scienziati: “In caso di sviluppo dei contagi si teme il disastro ecologico”
Credit: Martin Wettstein  

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28 febbraio 2024 Aggiornato alle 07:00

Nell’Antartide, territorio composto da ghiacci del sud del mondo che negli ultimi anni continua a pagare l’impatto delle attività umane - dal surriscaldamento globale sino all’inquinamento da plastica o dalle navi da crociera - nei giorni scorsi è accaduto un fatto che potrebbe potenzialmente aprire le porte a un disastro ecologico per gli ecosistemi.

Venerdì scorso sono stati infatti individuati due Stercorari, uccelli che si nutrono di pesci, rifiuti e carogne, uccisi dal virus H5N1, l’influenza aviaria.

Si tratta del primo caso indi influenza aviaria per gli uccelli della terraferma in Antartide: dai polli ai tacchini, passando per altre decine di specie, il virus finora ha già ucciso nel mondo milioni di uccelli e la presenza registrata al polo sud potrebbe rivelarsi catastrofica per numerosi animali.

Gli uccelli morti sono stati ritrovati vicino alla Base Primavera, la stazione di ricerca scientifica argentina nella penisola antartica, da alcuni scienziati del Centro di Biologia Molecolare Severo Ochoa di Madrid, che lavoravano presso la base antartica spagnola sull’isola Deception.

Secondo il Comitato scientifico per la ricerca antartica potrebbero esserci però come detto molti altri casi.

Sono stati infatti segnalati episodi sospetti anche in esemplari di stercorario bruno, così come in alcuni gabbiani.

“Questa scoperta dimostra per la prima volta che il virus dell’influenza aviaria altamente patogeno ha raggiunto l’Antartide, nonostante la distanza e le barriere naturali che lo separano dagli altri continenti”, hanno affermato i ricercatori i quali temono che il virus possa diffondersi attraverso gli uccelli migratori.

Alcuni casi di influenza aviaria erano stati segnalati nelle isole sub antartiche e nelle Falkland (o Malvinas). Il problema di una potenziale diffusione su larga scala, è che potrebbero ripetersi casi come quelli già osservati in Artico, per esempio con il contagio di un orso polare, ma anche di diversi mammiferi e animali che vanno dagli elefanti marini alle foche. Attualmente i casi di segnalazione che aumentano al polo sud fanno pensare a una possibile escalation.

«Ci sono molte segnalazioni di influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai) che colpisce diverse specie nelle regioni antartiche in questa stagione», ha affermato Matthew Dryden della Uk Health Security Agency, sostenendo che a causa delle difficoltà di accesso e campionamento della fauna selvatica non sarà semplice fare chiarezza sulle proporzioni di possibili contagi.

«Il problema è quanto tempo ci vorrà prima che si trasmetta ad altre specie come i pinguini. Dobbiamo monitorarlo. Temo che probabilmente si trasmetterà ai pinguini. Gli stercorari vivono abbastanza vicini e quindi ci sono molte opportunità di trasmissione, ma vedremo», ha detto per esempio, preoccupato, Antonio Alcamí, ricercatore del Consiglio nazionale delle ricerche spagnolo.

Pinguini che in passato, dal Sile al Sudafrica, sono già stati contagiati da l’H5N1, con casi di grandi morie fra le colonie. Proprio la sorte di questi animali, concludono i ricercatori, potrebbero essere un campanello d’allarme molto indicativo: “Se il virus iniziasse a causare eventi di mortalità di massa nelle colonie di pinguini, potrebbe segnalare uno dei più grandi disastri ecologici dei tempi moderni”, fanno sapere gli esperti.

In caso di diffusione, purtroppo, oltretutto si potrebbe fare ben poco: al di là delle poche misure necessarie a limitare i contatti fra specie, ma attuabili più che altro in territori controllati, “non si può fare altro per limitare la trasmissione nella fauna selvatica e l’epidemia dovrà risolversi naturalmente”, precisano alcuni scienziati.

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