Diritti

Etiopia: quando la moneta è debole, la salute soffre

Nel Paese africano mancano i medicinali che, solitamente, vengono importati dall’India. Ma cosa succede quando uno Stato non può permettersi di pagare con le valute “forti” (euro e dollaro principalmente) perché il cambio locale è economicamente insostenibile?
Credit: Erik Hathaway 
Tempo di lettura 4 min lettura
5 aprile 2024 Aggiornato alle 06:30

In un’incisione di Pieter Bruegel il Vecchio è rappresentata, quasi come in una vignetta, una battaglia tra salvadanai e casseforti ricolme di denaro, probabilmente per indicare come le guerre (siano dichiarate per motivi dinastici o questioni di principio, siano questi principi laici o religiosi) alla fine sono sempre volte a soddisfare appetiti economici.

Nelle capacità visionarie di Bruegel forse però la battaglia rappresentava anche quanto la finanza (siamo nell’Europa del 1500 che già conosceva banchieri e finanzieri) possa mietere vittime come una guerra.

Tornando ai nostri giorni, l’invasione russa dell’Ucraina, unita a contrasti geopolitici di varia natura, ha creato tensioni inflazionistiche in quasi tutti i Paesi del mondo e, quando c’è un rischio di conflitti, si sa, chi se ne avvantaggia, almeno sotto il profilo del cambio, sono sempre le monete forti, principalmente il dollaro con buona pace di quanti intravedono da anni il declino di quello che definiscono l’impero americano, e a farne le spese sono sempre i più deboli.

Così se noi europei limitiamo i danni grazie a una valuta ancora forte qual è l’euro, altrettanto non possono dire i Paesi africani, almeno quelli fuori dall’area del franco Cfa (Comunità Finanziaria d’Africa, un tempo Colonie Francesi d’Africa), che lega la valuta indirettamente a un cambio fisso con l’euro, garantito dallo Stato francese, limitando le tensioni legate ai cambi per Paesi che non avrebbero una moneta forte.

Pensando alle singole Nazioni, la mancanza di valute forti sta causando vere e proprie emergenze, come in Nigeria, la cui moneta si svaluta a una velocità impressionante nonostante i tentativi di rafforzarla da parte della banca centrale (giunta perfino a ostacolare con tutti i mezzi anche le criptovalute, divenute una sorta di bene rifugio come il dollaro e l’oro) e dove ormai tutti i prezzi sono alle stelle.

La situazione è talmente grave da condizionare la possibilità di nutrirsi per ampie fasce della popolazione, al di là delle difficoltà del continente africano; a dare un segno della gravità sono le rivolte che scoppiano anche nelle prigioni a causa della scarsità del cibo nelle relative mense.

Altro Paese in grave difficoltà è l’Etiopia, con i suoi 123 milioni di abitanti. La Nazione sta soffrendo una penuria devastante di medicinali, praticamente assenti dalle farmacie e venduti a prezzi proibitivi per la maggioranza di una popolazione che vive di poco al di sopra della soglia di povertà.

Per capire cosa sta accadendo, bisogna avere presente che in molti Paesi africani non c’è una produzione nazionale di farmaci, che sono spesso importati dall’India, che è un grandissimo produttore di medicinali generici esportati in tutto il mondo.

E sebbene l’India, nei limiti degli scambi con i singoli Paesi consenta il pagamento con una sorta di rupia elettronica (con il sistema Vostro Account), di fatto i Paesi che non hanno molto da esportare continuano a pagare con valute forti (tipo dollaro e euro) se le hanno. Purtroppo però le riserve della banca centrale etiope non sono in grado di sostenere gli scambi e tanto meno un cambio che renda non esorbitanti i prezzi.

Gli scambi ufficiali del dollaro contro la moneta locale (il Birr) sono infatti penalizzanti e ancor peggiori sono quelli sul mercato nero delle valute cui si affida chi, essendone in possesso, vuole cambiare in dollari. Ciò sta portando a un vero e proprio mercato nero dei medicinali, sostenuto dal contrabbando con il confinante Kenya, con risultati facili da immaginare per i più poveri.

Fin qui i fatti, da cui si possono trarre almeno due considerazioni. La prima è che vari Paesi africani necessitano di un’industria propria per potere fare fronte ai bisogni primari e ciò richiede non solo investimenti in termini di capitale ma anche la formazione di personale qualificato.

L’altra è applicabile a tutti i continenti. Da quando l’essere umano ha superato l’economia del baratto, le monete la fanno da padrone e nessuno Stato, se non è autosufficiente, può permettersi una valuta debole: le unioni monetarie allora sono necessarie non perché arricchiscono le banche, ma perché difendono il potere d’acquisto dei più deboli che sono gli unici che non possono proteggersi.

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