Ambiente

Come salvare i pinguini africani

Un team di ricerca dell’Università di Torino è impegnato a proteggere la specie a rischio di estinzione, la cui popolazione è diminuita del 90% nell’arco di un secolo
Credit: Casey Allen 

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28 marzo 2024 Aggiornato alle 20:00

Da diversi anni il pinguino africano (spheniscus demersus) è considerato uno degli animali a rischio di estinzione e questa particolare specie è stata inserita nella Lista rossa della International Union for Conservation of Nature (Iucn) sotto la categoria endagered.

Nell’arco di un secolo, la popolazione è calata di circa il 90% rispetto alla quota originaria stimata in 1,5 milioni di esemplari nel 1910 e di quasi il 98% rispetto all’epoca pre-industriale.

Questi piccoli pinguini, non più alti di 60-70 cm, vivono principalmente nell’areale del Sudafrica e della Namibia, e sono conosciuti anche con il soprannome di “pinguino asino” (jackass penguin) per i loro particolari canti che regolano il funzionamento delle loro comunità. Le attività degli esseri umani hanno danneggiato profondamente il loro ecosistema, a causa della pesca intensiva e dello sfruttamento delle risorse naturali. Senza adeguate contromisure la specie potrebbe estinguersi entro il 2035.

Per far fronte a questo potenziale scenario negativo il team di biologia marina dell’Università di Torino, composto dai ricercatori Livio Favaro, Francesca Terranova e Anna Zanoli, ha deciso di intraprendere una serie di misure per salvaguardare i pinguini africani, che sono al centro delle loro ricerche da diversi anni: «Il pinguino africano è noto anche come pinguino asino per il suo vocalizzo molto particolare, che ricorda un raglio. Ma al di là dell’elemento di curiosità, proprio sullo studio e il monitoraggio del canto di questi animali si fonda il progetto di ricerca e tutela che da anni portiamo avanti in collaborazione con le autorità del Sudafrica», ha sottolineato Livio Favaro, mentre la sua collega Francesca Terranova ha affermato che «spesso la nostra squadra si reca a Stony Point, in Sudafrica, dove vive una colonia di circa 1.000 coppie di pinguini, con l’obiettivo di studiarli da vicino ma senza essere invadenti. Trovarsi nel territorio della colonia, alle quattro del mattino, è un’esperienza unica. La voce di ogni pinguino è unica e studiarla, insieme a quella di tutti gli altri componenti della colonia, ci permette di monitorare l’andamento demografico della colonia o ricercare la presenza di patologie».

Le misure per proteggere questa specie a rischio si baseranno sulla campagna di crowdfunding Salviamo il Pinguino Africano, che ha avuto lo scopo di raccogliere dei fondi economici per acquistare l’attrezzatura tecnica e finanziare per un anno lo stipendio di un ranger in Sudafrica.

L’Università di Torino ha deciso di fornire il suo supporto alla campagna, inserendola nell’iniziativa Funds TOgether sviluppata insieme alla realtà no profit Ginger Crowdfunding, in modo da raddoppiare i contributi fino a 10.000 euro: «L’iniziativa di crowdfunding costituisce un’opportunità per avvicinare la ricerca scientifica alla comunità territoriale e nazionale, illustrandone gli obiettivi, facendo conoscere le ricercatrici e i ricercatori coinvolti, stimolando la curiosità e soprattutto dimostrando che, spesso, i prodotti della ricerca hanno ricadute immediate sulla vita di tutti noi, quotidianamente. Salviamo il Pinguino Africano è un progetto importante che coniuga in maniera esemplare la ricerca, la collaborazione internazionale e l’innovazione», ha affermato Alessandro Zennaro, Vice-Rettore per la valorizzazione del patrimonio umano e culturale in Ateneo.

Secondo invece Elisa Rosso, Direttrice della Direzione Innovazione e Internazionalizzazione dell’Università di Torino «questa campagna è un’occasione anche per lo staff dell’Università di Torino di confrontarsi con le opportunità del fundraising e della finanza alternativa per la ricerca e l’innovazione».

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