Bambini

Sharenting: cosa prevede la proposta di legge?

I tre articoli del testo Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni, depositato alla Camera, puntano a regolamentare l’esposizione dei bambini online da parte dei genitori
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
25 marzo 2024 Aggiornato alle 16:00

A molti non è sfuggito: da alcuni giorno Fedez e Chiara Ferragni non pubblicano più su Instagram le foto dei figli Leone e Vittoria inquadrandoli in volto, ma sempre e solo di spalle. Dopo anni di condivisione pressoché totale della loro vita e di quella dei bambini, dei quali sappiamo tutto dalla prima ecografia in poi, la scelta è sembrata per lo meno bizzarra. Ovviamente però, come sempre quando si tratta dei Ferragnez, non sarebbe casuale.

C’è chi dice che si tratti di una ripicca a colpi di diffide reciproche tra genitori in fase di separazione (della serie “non li mostri senza il mio consenso”) e chi invece che sia l’estremo tentativo di salvarsi da un’onda, l’ennesima, che potrebbe travolgere l’ormai ex “Royal Family” italiana. E con lei molti altri influencer e content creator.

Nei giorni scorsi, infatti, è stata depositata alla Camera la prima proposta di legge italiana che punta a regolamentare lo sharenting, ovvero l’esposizione dei minori su internet da parte dei genitori, che, in caso venga approvata, potrebbe cambiare non poco le vite di chi sulla narrazione social della crescita della prole ha basato fino a oggi buona parte (per non dire tutta) della propria carriera e delle entrate economiche mensili.

Cosa prevede la proposta di legge

La proposta di legge intitolata Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni è stata presentato da Alleanza Verdi Sinistra a firma degli onorevoli Angelo Bonelli, Luana Zanella, Elisabetta Piccolotti e Nicola Fratoianni. Il testo si compone di tre articoli.

Il primo introduce alcune modifiche alla legge n. 112 del 2004 riguardante il sistema radiotelevisivo e della Rai, e punta a garantire maggiori tutele ai minori di 14 anni in caso di diffusione di propri video e/o foto su una piattaforma di condivisione. Se fino a oggi i genitori hanno potuto postare in totale di libertà, in futuro potrebbe essere obbligatoria una dichiarazione all’Agcom da parte di chi esercita la responsabilità genitoriale o dei rappresentanti legali.

A far tremare molte mum influencer e family creators è, però, soprattutto un’altra parte del primo articolo, quella che punta a una stretta sui guadagni derivati dallo sfruttamento online dell’immagine dei minori. In caso di introiti dovuti a soggetti di età inferiore ai 18 anni, infatti, la proposta di legge chiede che questi vengano versati da chi esercita la responsabilità genitoriale in un deposito bancario intestato al bambino o alla bambina, che rimane inutilizzabile fino alla sua maggiore età. Solo in caso di estrema necessità l’autorità giudiziaria potrà rendere possibili prelievi. Anche se l’autorità giudiziaria potrà anche decidere che una quota del deposito possa essere lasciata a chi esercita la responsabilità genitoriale, se la proposta diventasse legge a tutti gli effetti si tratterebbe di una rivoluzione non da poco.

Questo punto è stato fortemente voluto per arginare il business dietro lo sharenting. Non è un mistero che foto e video dei minori siano molto più apprezzati dal pubblico rispetto agli altri contenuti, come spiegato nel corso della presentazione alla Camera dalla giornalista e social media strategist Serena Mazzini. Esperta di fenomeni social, Mazzini studia da tempo il tema, del quale parla spesso sul proprio profilo Instagram ma non solo, e ha presentato un’indagine strutturata su oltre 100 profili di influencer italiani e portoghesi, citata nella proposta di legge, che ha confermato come il tasso di interazione di contenuti che hanno come protagonisti i bambini sia circa 3 volte maggiore rispetto ai contenuti con solo i genitori.

Un dato che non sfugge ai genitori stessi e men che meno alle aziende, sempre più invogliate a fare dei bambini i propri testimonial, e a offrire alle famiglie ingenti somme di denaro per pubblicizzare il nuovo passeggino, piuttosto che omogeneizzati, abiti, experience under 10 e molto altro. Arricchendo ovviamente le tasche degli adulti.

In queste trattative al limite, anche le aziende sono chiamate a fare la propria parte: se sceglieranno per le proprie campagne di influencer marketing soggetti minori di 14 anni dovranno chiedere esplicita autorizzazione a chi esercita la responsabilità genitoriale e informare l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Ma il problema di esporre i bambini sul web, senza la loro autorizzazione, viola prima di tutto l’autodeterminazione personale. E il secondo articolo interviene proprio su questo aspetto. È difficile sapere oggi che rapporto avranno con la propria identità digitale, da adulti, gli appartenenti alla generazione Alpha, nati dal 2012 e, quindi, in un’epoca in cui i social media sono parte integrante della quotidianità. Se secondo molti, proprio perché il confine tra reale e virtuale sarà ormai superato, non si porranno problemi. Ma non per tutti potrebbe essere così.

«Si tratta della prima generazione che dovrà confrontarsi una volta cresciuta con un archivio digitale della propria vita costruito su centinaia di contenuti che non hanno scelto di condividere e commenti da parte di sconosciuti che dovranno razionalizzare. L’eccessiva esposizione dei bambini al giudizio degli altri su internet, la corsa ai mi piace e altre valutazioni possono portare a problemi psicologici, in particolare per quanto riguarda l’accettazione e l’immagine di sé - spiega Serena Mazzini - I primi studi che si stanno facendo su questa materia mostrano come i ragazzi e le ragazze che adesso iniziano ad avere 14-15 anni testimoniano come si sentano profondamente a disagio dai contenuti pubblicati dai loro genitori perché questi non rispecchiano l’immagine che loro vorrebbero dare di sé».

Per questo si chiede l’introduzione del diritto all’oblio, che prevede che il minore, compiuti 14 anni, possa chiedere e ottenere la rimozione e cancellazione dal web e dai motori di ricerca di tutte le immagini, contenuti e dati personali diffusi e precedentemente.

L’articolo 3 dispone infine che venga aggiornato il Codice di autoregolamentazione Tv e minorenni, recepito dalla legge n.112 del 2004, secondo le disposizioni della nuova proposta di legge. Il testo prevede anche l’emanazione di un Dpcm con disposizioni e linee guida per i servizi di piattaforme di condivisione foto e/o video, volto a informare sui rischi della diffusione dell’immagine dei minorenni e a “incoraggiare gli utenti a segnalare contenuti audiovisivi con bambini di età inferiore ai quattordici anni che possano ledere la loro dignità o integrità morale o fisica”.

Non c’è da dimenticare, infatti, che a rendere ancora più terribile un quadro già di per sé piuttosto preoccupante, c’è quello che succede parallelamente ai profili colorati e divertenti dei baby influencer e delle loro famiglie: le reti di pedofili e predatori sessuali che di quegli account si nutrono, osservando e scaricando foto e video che poi alimentano chat di Telegram, gruppi segreti e mondi torbidi dove l’identità dei bambini viene violata nel modo più bieco ed estremo.

La Francia già da alcuni mesi si è dotata di una legge che tutela i minori sul web, capendo prima di altri come il non luogo della rete fosse diventato un far west, una terra di nessuno senza regole che, invece, aveva bisogno di averne molte e ben strutturate. Adesso anche l’Italia sembra pronta a fare un passo in avanti in questo senso, con buona pace dei Ferragnez e di chi cerca di emularne gesta e guadagni.

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