Economia

Cosa significa essere papà, in Italia?

Cresce l’esigenza dei padri italiani di partecipare attivamente alla vita dei propri figli. La legislazione, però, gli riconosce solo dieci giorni di congedo obbligatorio, ben al di sotto della media europea
Credit: Laura Ohlman  

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5 aprile 2024 Aggiornato alle 08:00

In Italia i neo papà hanno diritto a 10 giorni retribuiti al 100% di congedo obbligatorio che possono utilizzare nei due mesi antecedenti o successivi alla nascita del bambino. A questi si aggiungono ulteriori 10 mesi facoltativi, che possono essere richiesti dalla madre o dal padre, entro i primi 12 anni di vita.

Un numero di giorni sicuramente esiguo per poter rispondere in maniera adeguata a un evento potente come la nascita di un figlio, capace, letteralmente, di sconvolgerti la vita.

Proprio per questa ragione, le nuove generazioni sono sempre meno propense a sacrificare la propria vita personale e il tempo da dedicare ai propri figli per il lavoro.

Secondo l’indagine di ManageritaliaGenitorialità condivisal’85% dei manager uomini con meno di 45 anni ritiene fondamentale un congedo lavorativo che vada oltre i 10 giorni obbligatori per legge. Complice dello sviluppo di queste esigenze è stata anche la pandemia che, con il suo lockdown forzato, ha spinto le famiglie a riscoprire il tempo insieme e a trovare un nuovo equilibrio all’interno delle mura di casa.

Ciononostante, in Italia, siamo ancora ben lontani dalla presenza e dall’utilizzo di misure paritarie per garantire alle mamme e ai papà una corretta divisone delle attività di cura dei propri figli.

Difatti, seppur è vero che negli ultimi anni si sia registrato un aumento di coloro che hanno beneficiato dei 10 giorni di congedo di paternità, è altrettanto vero che lo stesso non viene utilizzato da parte di tutti gli aventi diritto. Secondo i dati Inps, nel 2022 è stato richiesto dall’11% di persone in più rispetto al 2021, ovvero da oltre 3 padri su 5 (circa il 64% del totale), anche se con importanti differenze tra il Nord e il Sud della Penisola. Mentre in molte città Settentrionali (come Bergamo e Treviso) la percentuale di padri che hanno usufruito del congedo ha superato l’80%, a Crotone si ferma al 24%, a Trapani al 27% e ad Agrigento e Vibo Valentia sfiora il 30%.

Al tempo stesso è più probabile che a richiederlo siano i padri con più di 30 anni di età e occupati in aziende di medio-grandi dimensioni, anche se è proprio tra le aziende con 15 o meno dipendenti che si è verificato nel corso del 2022 l’aumento maggiore di congedi richiesti.

Più flessibilità lavorativa e una condivisione della genitorialità è, dunque, ciò che chiedono oggi i padri.

Una necessità che si sposa perfettamente con il problema della natalità che nel nostro Paese continua a scendere vertiginosamente. Si parla spesso, difatti, di quanto sia importante agire per la creazione e il rafforzamento di norme a favore dell’occupazione femminile e della conciliazione tra vita privata e professionale per incentivare le famiglie ad avere figli.

Altrettanto rilevante è, però, sottolineare come il ruolo dei padri possa permettere il raggiungimento di questo obiettivo. Infatti un maggior coinvolgimento dei papà nella gestione della sfera familiare permette di alleggerire il peso di cura che grava, da sempre, sulle spalle delle donne.

Come fare? Un primo passo è quello di rivedere la struttura del congedo di paternità obbligatorio che al momento è ben al di sotto della media europea, pari a 2,2 settimane.

Nel 2022 è stato approvato il Family Act che, entro maggio 2024, dovrebbe portare a un incremento dei giorni di congedo riconosciuti ai neo papà.

Eppure per fare questo servono soldi e fondi che attualmente non sono presenti.

Secondo la deputata del Pd Lia Quartapelle, presentatrice di un Ddl per il congedo paritario, per assicurare ai padri un congedo retribuito al 100% dalla durata di tre mesi sarebbero necessari circa 1,5/2 miliardi di euro. Quello che serve dunque è, come afferma la stessa deputata, una legge, ma soprattutto i soldi.

Dal punto di vista salariale, invece, essere padri sembrerebbe giovare ai redditi delle famiglie.

Nel 2023 il reddito medio mensile di lavoratori padri con una laurea era di 1.936 euro, la stessa categoria di lavoratori senza figli, invece, percepiva il 4,7% in meno. Una situazione ben diversa da quella delle madri lavoratrici che, al contrario, si ritrovano spesso costrette a dimettersi o a ridurre il proprio orario di lavoro per adempiere alle attività di cura e, conseguentemente, a subire una riduzione del proprio stipendio.

Queste realtà apparentemente opposte sono, spesso, due facce della stessa medaglia: numerosi studi evidenziano come l’incremento reddituale dei padri sia legato a un aumento degli straordinari o delle trasferte sul territorio.

Questo sembrerebbe essere particolarmente vero nelle famiglie in cui la donna, in seguito alla maternità, riduce il proprio lavoro generando quindi uno spostamento dei flussi professionali, e di conseguenza reddituali, dalla madre verso il padre.

Una tendenza che va ben oltre i confini italiani, a esempio secondo l’indagine Who gets the daddy bonus? negli Stati Uniti il salario dei padri aumenta in relazione al proprio stato civile passando dal 6% all’11% nelle coppie legate da matrimonio.

Che essere padri significhi ricoprire un ruolo fondamentale nella vita dei propri figli lo dice anche la scienza, che evidenzia diversi benefici per tutta la famiglia. I padri grazie al rapporto con il proprio figlio riescono a incrementare il senso di accudimento, di cura ed empatia oltre a ottenere una migliore comunicazione con il proprio partner.

Al tempo stesso, i figli che godono di una presenza stabile dei propri genitori (anche se divorziati e non conviventi) registrano minori livelli di stress, una migliore gestione dell’ansia e minori probabilità di adottare durante l’adolescenza comportamenti dannosi come abusi di droghe e alcol o di avvicinarsi ad attività delinquenziali.

Cosa ci dice tutto questo? Che essere padri, e più in generale genitori, non è un qualcosa di innato, ma piuttosto un rapporto che si costruisce con i propri figli con costanza, tempo e attenzioni. I papà ricoprono un ruolo vitale per la crescita del bambino, ma anche per il nostro sistema sociale ed economico. Indispensabile è, dunque, imparare a dargli il giusto rilievo da un punto di vista sia legislativo che culturale.

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