Ambiente

Solo sette Paesi respirano aria pulita

Pochissimi, fra i 134 Stati analizzati da una ricerca IQAir, mostrano valori di Pm 2,5 entro i limiti indicati dall’Oms. Malissimo l’Asia, soffre il Canada a causa degli incendi e in Europa timidi segnali di miglioramento
Credit: Lison Zhao 

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20 marzo 2024 Aggiornato alle 14:00

In quanti Paesi nel mondo si può davvero respirare aria “pulita”? Soltanto 7 su 134. Una cifra che fa impressione, un dato che mostra la costante e impattante presenza delle polveri sottili in tutto il globo.

Va fatta però una premessa: il dato esce da una classifica-report stilata da IQAir, società svizzera che si occupa di purificatori d’aria e che, attraverso l’incrocio di dati pubblici ma anche di stazioni di privati, unisce le cifre sul monitoraggio della qualità dell’aria di 30.000 stazioni nel mondo.

Partendo da qui IQAir - la stessa che aveva decretato con non pochi dubbi Milano come “terza città più inquinata al mondo” nel periodo di forte esposizione al particolato - ha realizzato un report che tiene conto di quali Paesi come media annuale del 2023 di Pm 2,5 sono rimasti sotto oppure sopra alle linee guida dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità.

Negli anni lo stesso Oms ha abbassato più volte questi limiti: adesso si parla di un valore consigliato di 5 µg/m3, considerato “basso” soprattutto per le grandi metropoli.

Gli unici sette Paesi che riescono a restare entro questo livello sono Australia, Estonia, Finlandia, Grenada, Islanda, Mauritius e Nuova Zelanda.

La maggior parte degli altri, il 92,5%, ovvero 124 Stati, ha valori superiori come media annuale.

Anche in questo caso ci sono marcate differenze a seconda delle aree geografiche.

Il continente che dal report risulta con valori più preoccupanti è l’Asia, dove si trovano 10 fra le città più inquinate al mondo.

La peggiore è Begusarai in India, l’area metropolitana più inquinata di tutte. A livello di Paesi i cinque più inquinati risultano essere il Bangladesh (media annuale di Pm 2,5 di 79,9 µg/m3, quindici volte superiore alle linee guida), Pakistan (73,7 µg/m3) India (54,4 µg/m3) Tagikistan (49,0 µg/m3) e Burkina Faso (46,6 µg/m3).

Poi c’è il caso Cina, dove dopo un lungo periodo di miglioramento dei valori (5 anni) si è tornati a fare un passo indietro: nel 2023 c’è stato un aumento del 6,3% dell’inquinamento atmosferico rispetto all’anno precedente Solo Pechino ha registrato un aumento del 14% dell’inquinamento da Pm 2,5 e in totale undici città in Cina hanno segnalato lo scorso anno livelli di inquinamento atmosferico che hanno superato le linee guida 10 volte o più.

A Hotan, nello Xinjiang, la palma di “peggiore”. In due aree del mondo, l’Africa e il Sud America insieme ai Caraibi, i dati in generale sono poco attendibili. Nel primo caso perché mancano stazioni di monitoraggio, nel secondo perché quelle presenti - spesso con sensori a basso costo - non garantiscono un confronto preciso dei valori e il 70% delle rilevazioni in tempo reale sono giudicate come poco coerenti.

Discorso diverso invece per il Canada dove c’è stata una impennata dei valori inquinati: il motivo è dovuto ai terribili incendi che hanno devastato centinaia di ettari di foreste, con il 4% dei boschi di tutto il Paese andati in fumo.

Se poi si passa agli States, gli indicatori mostrano valori alti in diversi stati e a livello di città le più inquinate risultano Columbus (Ohio) e Beloit (Wisconsin), mentre Las Vegas (Nevada) quella con l’aria più pulita.

Se in Europa abbiamo Paesi come l’Islanda con ottimi livelli (inferiori ai limiti Oms) di particolato, ci sono poi differenze estreme fra le varie nazioni in base alle 2.000 città da cui sono stati prelevati i dati.

Per esempio una delle peggiori, la Bosnia Erzegovina, ha ora visto una diminuzione del 18% dei livelli di Pm 2,5, mentre la Croazia ha abbassato i valori negativi del 40%.

Il Montenegro invece ha registrato il maggiore aumento assoluto delle concentrazioni di Pm 2,5.

Da IQAir parlano in generale di una “tendenza verso livelli più bassi di Pm 2,5 nelle città europee nel 2023”: in totale il 7% delle realtà urbane europee soddisfa le indicazioni dell’Oms ( soprattutto nel Regno Unito, in Finlandia e Svezia).

Una tendenza incoraggiante se si pensa che l’inquinamento dell’aria, ogni anno, provoca nel mondo 7 milioni di morti.

Un inquinamento che potrebbe trovare un ostacolo importante in caso di forte decarbonizzazione, ricordano gli autori del report: «L’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico hanno entrambi lo stesso colpevole, ovvero i combustibili fossili», ha affermato per esempio Glory Dolphin Hammes, ceo della divisione nordamericana di IQAir.

Va anche ricordato però che le cause di determinati livelli di inquinamento sono differenti a seconda delle aree geografiche: nell’Asia regina di smog i ricercatori sottolineano il peso del traffico automobilistico, dell’uso del carbone e le emissioni industriali, comprese quelle da fornaci di mattoni. Ma anche dagli scarti dell’agricoltura, che passano attraverso le combustioni, così come dalle pratiche (sempre a combustione) per riscaldare o cucinare di molte famiglie.

Fattori che aumentando la presenza di Pm 2,5 aumentando così i rischi di vulnerabilità per le persone più fragili: secondo un recente studio globale pubblicato su The Lancet Planetary Health infatti circa 1 milione di morti premature all’anno possono essere attribuite all’esposizione a breve termine alle polveri sottili. Anche per questo, e nella speranza di ottenere dati sempre più affidabili in grado di aiutare i decisori politici a prendere decisioni più drastiche per diminuire i livelli di inquinanti, è importante prepararci al futuro: per Dolphin Hammes di IQAir infatti, senza le necessarie azioni, «il peggio potrebbe ancora venire in termini di ciò che stiamo misurando».

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