Ambiente

In Italia si respira meglio: meno particolati atmosferici ma attenzione all’ozono

Secondo il Rapporto Qualità dell’aria in Italia 2023, realizzato da Snpa, rispetto alla media del decennio 2013-2022 sono diminuiti i livelli di inquinanti di polveri sottili e biossido d’azoto
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18 marzo 2024 Aggiornato alle 16:00

È stato presentato a Torino, probabilmente una delle città che più subisce gli effetti della conformazione geografica della Pianura Padana, per tanti motivi una delle zone più inquinate d’Europa, il nuovo report prodotto dalla Snpa (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente).

Il rapporto ha portato delle buone notizie: nel 2023 in Italia abbiamo cominciato a respirare un po’ meglio. Beninteso, c’è ancora tanto lavoro da fare, ma stando alle analisi dell’istituto che mette insieme Ispra e le Arpa regionali, i valori di Pm 10 e Pm 2.5, ma anche di biossido d’azoto, sono diminuiti rispetto al decennio precedente. A preoccupare, però, è l’ozono.

Andiamo con ordine. Il Rapporto Qualità dell’aria in Italia 2023 ha rilevato che, lo scorso anno, i valori limite del Pm 10 (su base annuale) sono stati rispettati nell’89% dei casi.

Le eccezioni, ça va sans dire, si sono verificate nel bacino padano (47 superamenti su 53 totali), ma hanno sforato anche le zone nella conca a nord del Vesuvio e in provincia di Frosinone.

Il Pm 2.5 cala del 13% rispetto alla media del decennio 2013-2022, con i superamenti che continuano a essere rilevati in corrispondenza delle città più trafficate: Torino, Milano, Brescia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Catania e Palermo.

Sono comunque buone notizie: Snpa scrive che «il 2023 è stato l’anno migliore da quando sono disponibili dati di Pm10 e Pm2.5 (metà anni ’90, dal 2007 come rete completa)». Il biossido di azoto è nei limiti nel 98% delle stazioni di rilevamento disseminate lungo la Penisola.

L’osservato speciale, precisa Snpa, è però l’ozono. Si tratta di un inquinante la cui presenza aumenta con l’aumentare delle temperature, ma l’obiettivo a lungo termine di concentrazione per salvaguardare la salute umana è stato rispettato solo in 49 stazioni su 344. Quindi il 14% dei casi in Italia.

È un diretto effetto del cambiamento climatico, perché il caldo estremo e la scarsità di precipitazioni lo fanno crescere. L’ozono può compromettere le funzioni respiratorie e cardiovascolari.

All’orizzonte ci sono anche dei cambiamenti nelle misurazioni. «È importante proseguire sulla strada delle misure per la riduzione degli inquinanti anche alla luce delle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – ha anticipato Secondo Barbero, direttore generale di Arpa Piemonte – che tengono conto anche della composizione chimica delle polveri sottili. Quindi le ricerche stanno identificando quali fonti e caratteristiche fisico-chimiche del particolato contribuiscano maggiormente alla tossicità». Molto dovrebbe cambiare per via della nuova direttiva sulla qualità dell’aria, in discussione al Parlamento europeo.

Se si può essere più sereni per gli inquinanti presenti nell’aria, non bisogna abbassare la guarda.

Come emerge dai dati di Snpa, al di là della questione ozono, ci sono ancora diverse zone in Italia con livelli troppo elevati. Inoltre, fa pensare il caso del Piemonte, dove l’aria nel 2023 è migliorata anche grazie agli episodi di föhn, quasi raddoppiati rispetto alla abituale media annuale. Il vento caldo e forte che scende dalle montagne, che quest’anno ha fatto passare una viglia di Natale con 20 °C in numerose città piemontese, ha spazzato via il particolato dall’aria.

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