Ambiente

Abiti di pelle? No grazie. Oggi ci vestiamo con i funghi

Sempre più aziende investono in materiali vegetali hi-tech che simulano l’effetto cuoio o nappa, senza impattare sull’ambiente. Bbc ne ha scoperte 7 (che piacciono anche a brand e celeb)
Credit: mylo-unleather.com  

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14 febbraio 2024 Aggiornato alle 15:00

Che ci sia ormai bisogno di una moda sostenibile è un dato di fatto: lo denunciano da anni le associazioni ambientaliste e lo ha appena ribadito la trasmissione Report nell’inchiesta Seconda mano”, un reportage che mostra come il Ghana sia diventato la discarica più grande al mondo di vestiti usati (ne arrivano 15 milioni alla settimana producendo una catastrofe ecologica).

Ridurre l’impatto sul Pianeta e spostarsi verso consumi più responsabili è quindi il nuovo imperativo sia dei brand sia degli acquirenti, anche se «c’è una tendenza nella moda a confondere materiali sostenibili e sostenibilità» ha spiegato Monica Buchan-Ng del Centre for Sustainable fashion del London college of fashion.

L’esperta è stata intervista da Bbc per un approfondimento sui nuovi tessuti che potrebbero presto sostituire i capi di pelle ricavabili da funghi, frutti e piante.

La produzione tradizionale, derivata perlopiù dalle mucche, è infatti un processo intensivo che produce grandi quantità di gas serra e utilizza sostanze chimiche pericolose. Come riporta il World economic forum, l’industria del bestiame rilascia circa il 14,5% delle emissioni mondiali.

Per Kimberly Nicholas, scienziata dello svedese Lund University Centre for Sustainability Studies (Lucsus) «le mucche sono la più grande fonte di inquinamento climatico e di distruzione dell’habitat in agricoltura. Ovunque si possano sostituire con piante o funghi, nel cibo o nei tessuti, è una grande vittoria per il clima e la biodiversità». Resta valido, però, che anche i consumatori debbano fare la loro parte «usando i vestiti più a lungo».

Le alternative di ecopelle da una parte sono sì cruelty-free, dall’altra spesso sono realizzate con materiali sintetici. Ecco perché molte aziende stanno spostando i loro investimenti nella ricerca di tessuti vegetali che simulino l’effetto leather, siano davvero privi di plastica e non richiedano una produzioni con sostanze chimiche, metalli o solventi pericolosi.

Nella sua inchiesta, Bbc ne ha individuati sette, tra i quali la siciliana Orange Fiber, che ha creato un tessuto dai sottoprodotti dellindustria del succo di agrumi, in collaborazione con il Politecnico di Milano, e la newyorkese Kintra Fibers, che utilizza il glucosio del mais per produrre un simil poliestere biodegradabile nel quale ha investito anche il colosso H&M.

Dalla natura derivano anche due brevetti che sfruttano le enormi potenzialità dei funghi. Mylo è un materiale creato da scienziati e ingegneri della californiana Bolt Threads con un sistema di agricoltura verticale che simula la crescita dei funghi sotto terra: migliaia di spore vengono coltivate su grandi fogli di schiuma soffice e alimentate poi con segatura di scarto. Il risultato sembra indistinguibile dalla pelle tradizionale. Tra i partner del marchio la stilista Stella McCartney, che ha creato la prima borsa di lusso al mondo in micelio (la Frayme Mylo), e Adidas, che ha lanciato le sneakers Stan Smith Mylo.

Si deve invece a due artisti, lo scultore Phil Ross e la ballerina a Sophia Wang, il brevetto di Reishi, un biomateriale realizzato con la tecnologia “Fine Mycelium”.

La sua storia è stata raccontata su Forbes: Ross, ossessionato dalla specie Ganoderma lucida, ha trascorso decenni nel suo laboratorio-studio lavorando su blocchi di questo materiale fungico per realizzare opere d’arte viventi uniche esposte anche al Moma di New York. Dopo aver provato a lanciarlo come materiale isolante, l’incontro con la moda: prima il designer franco-americano Nick Fouquet ne fa una collezione di capelli di lusso, poi diventa parte di una linea di borse da viaggio Hermés, la Victoria Voyage.

La start-up VitroLabs, con sede a San Francisco e il sostegno del divo Leonardo DiCaprio, è al lavoro per realizzare la prima pelle coltivata al mondo dalle cellule di una mucca “felice e sana”, per poi coltivarle in un ambiente ricco di sostanze nutritive. Lo scopo è avere un tessuto con le stesse proprietà durevoli e lussuose delle pelli animali.

Secondo Bbc, la società ha già raccolto 46 milioni di dollari di finanziamenti, anche del colosso della moda Kering.

In Europa, la svedese Renewcell ha invece già perfezionato una tecnologia per distruggere e scomporre i vestiti usati in una polpa chiamata “Circulose”, che viene utilizzata per produrre fibre tessili biodegradabili di viscosa o lyocell di qualità vergine. Il suo impianto a Sundsvall può ridare vita fino a 60.000 tonnellate di fibre all’anno. E se vi dicessimo che anche il metano può essere riciclato? È quello che ha fatto l’azienda Newlight Technologies con il brevetto AirCarbon, creando una plastica biodegradabile che afferma di essere home-compostable e ocean-friendly. Tra i suoi partner, anche Nike.

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