Diritti

Che cos’è - letteralmente - uno stupro? Oggi il Consiglio Europeo analizzerà il testo della direttiva contro la violenza di genere

Un rapporto sessuale senza consenso. Questo è quanto Pina Picierno (insieme ad associazioni come Differenza Donna), intervistata da La Svolta, afferma debba essere assolutamente discusso oggi, quando verrà analizzato il documento europeo contro i reati sessuali
Pina Picierno, relatrice italiana al Parlamento Ue 
Pina Picierno, relatrice italiana al Parlamento Ue 
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6 febbraio 2024 Aggiornato alle 12:00

“Senza consenso è sempre stupro”. La petizione lanciata da Differenza Donna continua a raccogliere centinaia, migliaia di firme ogni ora. L’associazione che in Italia gestisce il numero nazionale antiviolenza 1522 e numerosi centri antiviolenza fa il punto sulla direttiva europea che, da tempo, divide l’Ue: “Il Consiglio Europeo ha stralciato dal testo della direttiva la definizione di stupro come rapporto sessuale senza consenso. Una decisione che potrebbe essere confermata oggi. Sarebbe una presa di posizione inaccettabile contro il quale tutte e tutti noi dobbiamo far sentire la nostra indignazione”.

La petizione fa riferimento alla direttiva volta a contestare la violenza di genere, e in particolare all’articolo 5 sulla criminalizzazione dello stupro. «È da anni che il Parlamento europeo lavora su questo testo», spiega a La Svolta Pina Picierno, relatrice italiana al Parlamento Ue sulla direttiva contro la violenza nei confronti delle donne.

Da dove viene questa direttiva europea contro la violenza di genere?

In occasione della Giornata internazionale della donna, l’8 marzo 2022, la Commissaria europea Helena Dalli presentò un testo, una direttiva per prevenire e contrastare la violenza contro le donne. Successivamente, il Parlamento europeo l’ha migliorato e reso più ambizioso, grazie a una serie di misure fondamentali come il discussissimo articolo 5 di cui parlano tutti. Riguarda la definizione di stupro come “sesso senza consenso”, che ne favorirebbe la penalizzazione negli ordinamenti di tutti gli Stati membri. Ci eviterebbe, per esempio, quello scempio a cui abbiamo assistito nel corso del processo al figlio di Beppe Grillo, quando la ragazza che ha denunciato la violenza sessuale si è sentita rivolgere 1.400 domande, alcune sulle mutande che indossava e altre di gran lunga peggiori. Sono domande che una vittima di stupro è costretta a subire nei tribunali italiani ed europei, perché non tutti hanno una legislazione sullo stupro in assenza di consenso.

Che cos’altro prevedeva la direttiva?

Per quanto riguarda la sfera penale, il testo includeva le molestie sessuali nel mondo del lavoro, la sterilizzazione forzata, le mutilazioni genitali intersessuali, la definizione di crimini di violenza informatici piena. In quest’ultimo caso, noi avevamo riconosciuto la diffusione di immagini intime come una forma di violenza di per sé, mentre nella modifica rimane soltanto nell’ipotesi in cui la vittima debba dimostrare il danno grave, ed è una beffa: quando ti rubano il portafoglio devi dimostrare il danno che ti ha causato il furto del tuo portafoglio? Per quanti riguarda invece la sfera della prevenzione, avevamo lavorato, tra le altre cose, alla necessità di formazione per i magistrati e per le forze dell’ordine. Si trattava, insomma, di una piena applicazione della Convenzione di Istanbul, il più importante trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. La direttiva europea nasce per esserne il vettore normativo. E se un Paese membro non rispetta una direttiva europea, scatta l’infrazione: perciò è importante. Si passerebbe finalmente dal livello della dichiarazione delle buone intenzioni a un patto esigibile, quindi a una questione che riguarda gli ordinamenti nazionali.

Il Parlamento, però, non basta.

Non ha capacità di iniziativa legislativa piena, quindi si passa ai cosiddetti negoziati inter-istituzionali. In quella fase i Governi nazionali hanno preso il testo del Parlamento e sostanzialmente hanno stralciato tutte le parti più significative con delle ragioni tecniche, ma erano solo dei pretesti. Perché - io credo - non vogliono legiferare alla vigilia di una campagna elettorale. È evidente che i Governi non vogliono intervenire su temi che sono divisivi nelle opinioni pubbliche, e tutto quello che riguarda la violenza sulle donne, i reati connessi allo stupro e alla violenza sono temi, purtroppo ancora molto divisivi. Preferiscono accontentarsi del “minimo”. Il problema è che questo minimo, che si ottiene nel testo proposto dal Consiglio europeo, non ci basta. Perché costituisce un avanzamento per quei Paesi che non hanno ratificato la Convenzione di Istanbul, ma per tutti gli altri, inclusa l’Italia, è un arretramento.

Il motivo di questo “arretramento”, quindi, sarebbero le elezioni europee che si terranno tra pochi mesi?

Ci sono due ordini di ragione. La prima è questa, la più evidente: l’avvento di un appuntamento elettorale, di qualunque natura esso sia. Legiferare su temi come questo è scomodo per i Governi. Poi c’è una ragione molto più profonda, perché il tema del consenso riguarda la sfera dei rapporti tra donne e uomini, e non tutti sono pronti ad approfondire questo aspetto.

Lei è una sostenitrice della petizione lanciata da Differenza Donna.

Sì, è stata lanciata il 3 febbraio e ha già superato le 67.000 firme. Dobbiamo mobilitarci tutti e tutte. Martedì pomeriggio (oggi pomeriggio, ndr) noi europarlamentari avremo il trilogo, cioè il negoziato inter-istituzionale, e capiremo se è cambiata la posizione dei Governi che fino a oggi erano favorevoli, come noi. La Polonia, che intanto ha eletto un nuovo Governo, ha cambiato la propria posizione iniziale. Ma tra i Paesi che si sono opposti colpiscono la Germania e la Francia, per esempio. La prima questione è convincerli che stanno facendo una cosa ignobile: su tutto ciò che viene considerato prioritario un accordo lo trovano sempre, anche quando partono da posizioni molto distanti. Ma tutto ciò che riguarda le donne non ha la stessa rilevanza, ed è qualcosa di ignobile. In Europa le vittime di violenza di genere sono 1 donna su 3 e ogni 6 ore muore una donna di femminicidio. Se questi fossero i numeri di un’alluvione, di un terremoto, di una catastrofe naturale, occuperebbero le prime pagine dei giornali. Siccome tutto quello che riguarda la vita delle donne viene ridotto a un fatto di cronaca locale di cui non parla nessuno, questo tema passa per una questione secondaria. Ma non lo è: i numeri ci parlano di una tragedia quotidiana.

A che ora sapremo qualcosa di più?

Il trilogo comincia alle 16 e lì capiremo se i Governi hanno cambiato la propria posizione. Io sono contraria, come tutte le associazioni femministe italiane, ad approvare il testo così com’è. In base al testo finale che avremo, capiremo che cosa votare.

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