Storie

“Mai annoiata” racconta la vita di Marcella di Folco e le sue battaglie per la comunità transgender

Attraverso le voci e le testimonianze «di chi c’era», il podcast ricostruisce le lotte per la liberazione sessuale dell’attivista, attrice e politica nella seconda metà del ‘900. La Svolta ne ha parlato con Francesca Sciacca, una delle autrici
Francesca Sciacca, autrice e host del podcast "Mai annoiata"
Francesca Sciacca, autrice e host del podcast "Mai annoiata"
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9 febbraio 2024 Aggiornato alle 08:00

Un viaggio spazio-temporale, tra Roma e Bologna, ma non solo. Un percorso per l’affermazione dei propri diritti e di quelli delle persone intorno a lei. Tra cinema, attivismo e impegno politico, dalle prime battaglie di liberazione sessuale fino ai Pride dei giorni nostri.

Marcella di Folco è questo e tanto altro. Lo raccontano nel podcast Mai annoiata - La vita e le lotte di Marcella di Folco Federico Fabiani e Francesca Sciacca. Una storia che intreccia e lega tante storie diverse oltre a rivelare moltissimo dell’Italia del secondo dopoguerra, dei muri che piano piano negli anni sono stati abbattuti e di quelli che rimangono ancora in piedi.

Fabiani e Sciacca hanno cucito insieme la voce di Marcella di Folco con quelle delle persone che l’hanno conosciuta. Attraverso questo puzzle di impressioni, ricordi e traguardi i due autori si interrogano e cercano di capire cosa significasse essere una persona trans nell’Italia del secondo ‘900 e di come tante individualità emarginate si sono fatte comunità e hanno lottato per i propri diritti.

La Svolta ha parlato con Francesca Sciacca, autrice e host del podcast, della genesi di questo progetto, del lavoro di ricerca e degli intrecci tra la vita di Marcella di Folco, le rivendicazioni e le lotte della comunità Lgbtq+ e la Storia dell’Italia di quegli anni.

Il podcast Mai annoiata - La vita e le lotte di Marcella di Folco racconta la storia di Marcella di Folco. Come vi siete imbattuti in questa storia e perché avete deciso di raccontarla?

Tutto è nato dall’idea di voler creare un podcast; infatti abbiamo realizzato il primo progetto audio, Dammi il tiro, nel 2021. In quel caso avevamo deciso di raccontare una storia legata al territorio. Poi, anche stavolta, la casualità ha voluto che scoprissimo il piazzale intitolato a Marcella Di Folco nel luglio del 2021 e da lì ci siamo fatti diverse domande e abbiamo deciso di raccontare la sua storia proprio perché il piazzale, secondo noi, rappresenta anche il simbolo del suo legame con la nostra città, nel mio caso città di nascita nel caso di Federico di adozione.

La vita privata di Marcella di Folco si intreccia alle vicende storiche, alle lotte e ai traguardi del movimento Lgbtq+ italiano: quali sono le tappe fondamentali che avete ripercorso e qual è il quadro storico e culturale delle vicende che raccontate?

Durante la realizzazione del podcast abbiamo creato una timeline, una cronologia divisa in 3 macrostrutture: la vita di Marcella, gli avvenimenti storico-politici dell’Italia e gli avvenimenti culturali di tutto il mondo. Nel nostro racconto abbiamo evidenziato la storia di Marcella, però abbiamo notato come certi anni corrispondessero anche ad avvenimenti politici molto importanti. In primis i moti di Stonewall del 1969 fino ad arrivare alla manifestazione degli attivisti del F.U.O.R.I. (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) nel 1972 a Sanremo e diverse manifestazioni anche più tardi negli anni ‘80. Ne sono esempi la piscina del Lido di Milano o il matrimonio di Simona Viola con Pina Bonanno, quindi tutte quelle manifestazioni che andavano a evidenziare l’assurdità della legge dell’epoca. Era in vigore il Codice Rocco che ha sottoposto Romina Cecconi (un’altra attivista trans molto importante che è presente all’interno della nostra storia) a discriminazioni e al confino per diversi anni. All’interno della narrazione abbiamo voluto evidenziare e dare luce proprio a questi cambiamenti e punti di vista storico-politici.

Avete ridotto al minimo il vostro ruolo di narratori per lasciare spazio alle voci di chi c’era. Perché questa scelta? Chi sono le persone che avete coinvolto in questa narrazione e che ruolo hanno avuto nella vita di Marcella di Folco e nella ricostruzione delle vicende?

Ci siamo chiesti se fossimo noi le persone giuste per raccontare questa storia, la storia di una comunità a cui né io né Federico apparteniamo. Di solito si pensa che serva il coinvolgimento della persona protagonista per raccontare una storia ma, secondo noi, la cosa fondamentale era coinvolgere e rispettare tutte le soggettività che giravano intorno a questa storia. Abbiamo deciso soprattutto di lasciare spazio alle testimonianze, alle voci di chi c’era riducendo il nostro ruolo di narratori, perché, secondo noi, solo così si può raccontare una storia molto ricca e intricata senza andarla a distorcere. Abbiamo avuto modo di raccogliere le testimonianze di Romina Cecconi e Pina Bonanno, attiviste trans. È stato molto bello poterle intervistare: io sono andata a Catania e Federico ha intervistato Romina Cecconi a Bologna. Pensavamo di trovare tristi storie e racconti di emarginazione e discriminazioni, sicuramente ci siamo trovati di fronte a racconti di solitudine, ma abbiamo anche notato una forte autoironia, una maniera astuta per sconfiggere il bullismo e l’emarginazione. Nella narrazione ci sono anche tutte le altre attiviste storiche come Porpora Marcasciano, Vladimir Luxuria, Lalla Golfarelli e tante altre persone.

Il podcast è diviso in 8 episodi: che tipo di struttura narrativa seguono? Come si è svolta la fase di ricerca e documentazione? Avete consultato degli archivi?

Mai annoiata è una serie audio in cui tutti gli episodi sono collegati tra di loro: c’è un fil rouge che è la storia di Marcella di Folco. A mancare era il materiale sull’infanzia di Marcella quindi è stato più complicato costruire i primi episodi con quella parte della sua vita. Abbiamo principalmente utilizzato i documentari di Simone Cangelosi: una Nobile rivoluzione e Felliniana che rappresentano il materiale principale su cui abbiamo basato gli episodi, l’unica voce che avevamo di Marcella. Poi Princeless Princess, un film di Stefano carnevale, ci ha permesso di trovare un titolo per il podcast. Nell’intervista conclusiva Marcella afferma: “Vorrei scrivere un’autobiografia e vorrei chiamarla così…”, ma qui si interrompe il film. Allora abbiamo sentito direttamente il regista che ci ha svelato il titolo che Marcella di Folco avrebbe dato alla sua storia: “Non mi sono mai annoiata”. Da qui abbiamo deciso di chiamarlo Mai annoiata.

Altro materiale a cui abbiamo attinto proviene dagli archivi Rai, da quelli di Radio Radicale e dalle testimonianze storiche raccolte negli archivi del Mit - Movimento Identità Trans. Ad aiutarci nella ricostruzione storica è stata Debora Sannia, una storica e femminista che conosce molto bene questi avvenimenti storico-politici e che ha collaborato nella stesura delle puntate.

È il 5 aprile del 1972 e a Sanremo, durante l’inaugurazione del congresso internazionale sulle devianze sessuali, organizzato dal centro italiano di sessuologia, partecipano una quarantina di attivisti del F.U.O.R.I (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano). Questa protesta viene definita la Stonewall italiana: cosa significa e a cosa si dà avvio?

La protesta del F.U.O.R.I. viene definita la Stonewall italiana perché è la prima volta che il movimento italiano si presenta al mondo, va a rivendicare i propri diritti inizia quindi a far sentire la propria voce, solleva un polverone utile per far parlare delle proprie istanze e per portare avanti un cambiamento. Inoltre, l’evento pubblico organizzato durante quel congresso voleva evidenziarne l’assurdità. Dal ‘72 in poi ci sono state altre proteste e prese di posizione molto forti.

Nasce il Mit (a quel tempo Movimento italiano transessuali) e tra l’80 e l’82 si svolgono le prime riunioni a Roma. Quali erano gli argomenti trattati e gli obiettivi?

Gli argomenti del Mit tra l’80 e l’82 sono quelli legati al mutuo soccorso, alla tutela delle persone trans nei confronti della repressione dello Stato e sono gli stessi temi che poi avrà a cuore la stessa Marcella quando si trasferisce a Bologna.

Il 14 aprile 1982 viene approvata la legge 164, cosa prevede e cosa cambia in Italia?

Nonostante sia necessario aspettare il 2018 affinché la transessualità non venga più considerata una malattia mentale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le attiviste del Mit continuano in quegli anni a battersi con caparbietà e spirito di intraprendenza per ottenere l’approvazione di quella che sarà la legge 194 del 1982. Così il 14 aprile 1982 viene approvata la legge che contiene le norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, relative cioè alla possibilità per una persona trans di modificare il proprio sesso anagrafico sulla base della propria identità di genere. Il riconoscimento del sesso anagrafico solo per le persone operate ha lasciato ambiguità per oltre 30 anni. Soltanto recentemente la Corte Costituzionale, con la sentenza 221/2015, ha autorizzato la rettifica dei dati anagrafici senza la necessità per la persona di sottoporsi a un trattamento chirurgico sui caratteri sessuali secondari. Questo passaggio è stato molto importante nell’affermazione del diritto alla salute per le persone trans.

Marcella di Folco si trasferisce a Bologna ed è lì che inizia il suo percorso di coscienza politica e attivismo dal basso. Eletta consigliera comunale su quali temi si focalizza il suo lavoro e il suo impegno politico?

L’impegno politico di Marcella di Folco si focalizza soprattutto sul lavoro e la salute. Le sue lotte gireranno attorno alla creazione di un consultorio, uno spazio molto importante per lei perché rappresenta anche un sostegno dal punto di vista psicologico. Altro progetto fondamentale è lo sportello del lavoro, a cui si aggiunge il suo impegno nei confronti della riduzione del danno per le sex workers. Ci hanno raccontato che spesso durante la notte riceveva delle telefonate dalla polizia e doveva andare ad aiutare le prostitute anche andando a riprenderle dal carcere.

Dal consultorio autogestito, allo sportello per il lavoro, fino a Casa Marcella: cosa prevede quest’ultimo progetto in corso di realizzazione e prova tangibile dell’impegno e dei valori di Marcella di Folco?

Marcella di Folco ha rifondato il Mit contribuendo a formare una generazione di attiviste e attivisti che si è impegnata a portare avanti la battaglia per i diritti delle persone trans. Per chiudere questo cerchio è importante ricordare Casa Marcella, una casa rifugio dedicata a di Folco e aperta a persone trans e non binarie, costruita in Toscana grazie a un crowdfunding e a dei fondi pubblici. Mentre scrivevamo l’episodio Casa Marcella era in fase di costruzione, ma per noi è significativo che si trovi in conclusione della serie audio perché lascia un punto interrogativo, un’apertura al futuro e verso nuove possibilità.

C’è un aneddoto della vita di Marcella di Folco a cui è più legata?

Aneddoti particolari non ne ho direttamente perché me li hanno raccontati le persone che l’hanno conosciuta; quindi, non vorrei appropriarmi di un ricordo di altre persone. Una cosa che mi ha colpita (e che rappresenta un capitolo nella vita di molte persone trans, soprattutto durante il ‘900) è legata al tema della prostituzione. Marcella dice: “Io non ho mai avuto problemi a prostituirmi, ma non voglio che le altre persone siano obbligate a farlo”. È qui che racconta l’episodio del paraplegico (presente in una delle puntate, ndr) dicendo che l’aveva fatta sentire quasi vicino a Dio perché in questo modo aveva dato una gioia a questa persona che nessun altro avrebbe voluto. Questo ricordo di Marcella mi ha fatto riflettere su come lei riuscisse a vedere l’altra faccia della medaglia su una cosa che è sempre vista in maniera negativa.

Mi ha colpito il suo spirito di intraprendenza e la caparbietà, quando si metteva qualcosa in testa la faceva, come nel caso della partenza immediata verso Casablanca per sottoporsi all’operazione. Inoltre, ricordo una frase di Lalla Golfarelli che nel sesto episodio dice: “Lei riusciva a tenere fermo il registro della provocazione e sotto era una formica della trasformazione”. L’ho sempre immaginata come una persona grande e grossa anche fisicamente (come l’ha sempre definita anche Porpora Marcasciano) che riusciva sempre a trovare dei modi per raggiungere il suo obiettivo ed è questo che emerge dalle parole delle persone che ho intervistato. Era contro l’individualismo, ci teneva alla persona che aveva davanti e anche all’obiettivo che voleva raggiungere per far sì che tutti stessero bene.

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